Zaia, il vento e il metodo LIFO
Intanto, sapevatelo, in Cadore (in ogni angolo del granducato?) si lavora senza sosta (anche senza filtro?) per bla bla bla. Non essendo alcuno, da mesi, in pericolo di vita, l’affermazione è da ritenersi del tipo PMDD, per modo di dire: ho infatti visto con i miei occhi lunghe file di boscaioli incamminarsi curvi e torvi verso le allestite cucine da campo, dove solide massaie al soldo della Regione del Veneto mescevano loro minestroni a pezzettoni neanche scongelati del tutto.
Anche in Cadore, dunque, si sosta.
Dice il nostro che il vento dei giorni scorsi (un po’ di Favonio) ha abbattuto altri alberi (ma va? non s’era mai visto prima!). Aggiunge, orgogliosamente, che si stanno rimuovendo da terra anche quelli!
Be’, sì, a partire da quelli che hanno avuto l’ardire di cadere sulle strade di collegamento e lavoro (che faccia tosta!): si chiama metodo LIFO (last in – first out) e se non lo metti in atto nella situazione data, puoi giocare a briscola per il resto della tua vita (a meno di non elitrasportare i tronchi). Del resto erano ormai settimane che gli oracoli stavano ripetendo che il primo vento un po’ teso avrebbe abbattuto, darwinianamente, le piante pericolanti.
Quindi, dovremmo ringraziare questo Föhn (il fratello tedesco del Favonio) per aver abbattuto queste inutili e anzi pericolose piante. Meglio un colpo netto in fronte di una lenta agonia.
E se il nostro sapesse che, ben prima dell’ultimo vento, la neve caduta copiosamente ai primi di febbraio aveva già fatto schiattare (e/o schiantare) un sacco di altre piante, se ne farebbe un cruccio? Meglio non dirglielo, lasciamo che si trastulli beatamente! Noi non ci fermiamo: seghe a tutte le ore (mentali, primariamente).