Dopo lo sguardo sulla ripartizione delle presenze per tipologia d’esercizio segue quello per mese e periodo (invernale ed estivo). La prima tabella riporta la distribuzione delle presenze per mese con le variazioni mensili riferite allo stesso mese dell’anno precedente.
Nella seconda tabella i dati sono aggregati per periodo invernale ed estivo (per la definizione di “periodo” vedi nota in calce alla tabella). Tenuto conto che, in soldoni, le presenze estive pesano per l’80% e quelle invernali per il 20% del totale annuale (la media degli anni 2017-2016-2015 è del 78,7% per il periodo estivo e del 21,3 per quello invernale), il contributo all’aumento delle presenze nel 2017 è da attribuirsi al 36% al periodo invernale e al 64% a quello estivo.
Dicevamo della bella addormentata che s’è finalmente risvegliata. Vediamo il risveglio dal lato dei tipi d’esercizio: alberghieri e complementari. Le 19.781 presenze totali in più registrate nel 2017 sul 2016 (+7,1%) sono da imputare per 10.014 unità agli alberghi (+5,7% rispetto ad alberghi 2016) e per 9.767 ai complementari (+9,4% rispetto ai complementari 2016), praticamente una quota – riferita al dato totale del 2017 – del 50% per ognuno.
Nel settore alberghiero si nota la flessione di 3.198 presenze degli stranieri (-5,5%), compensata in parte dalle 2.494 presenze straniere in più nel settore complementare (+18,2%) che porta la loro flessione totale a -1,0%. Nel 2016 (sul 2015) la flessione c’era stata per gli italiani, mentre gli stranieri avevano avuto una “impennata”.
Va detto infine che nei tre anni considerati (2017-2016-2015) la quota media delle presenze alberghiere rispetto al totale è stata del 62% mentre quella dei complementari del 38% (con variazioni minime da un anno all’altro: per esempio nel settore alberghiero: 61,9% 62,7%, 61,6% rispettivamente).
Aggiornamento 18-04-2018: ho sostituito la tabella (qui quella precedente) che riportava un dato errato relativo alle presenze ita nel settore complementare (99.742 invece di 97.742); i dati cui si fa riferimento nell’articolo non hanno subito variazioni.
Uno, tale Giuliano Vantaggi, ha ricevuto l’incarico di “direttore del turismo bellunese” (il primo). Il piùbellismo d’ordinanza, quello sciorinato dagli incalliti cantori di questa landa dolomitica, solitamente si limita alle montagne più belle del mondo. Il nostro, invece, per dare l’impronta, s’è allargato a tout le monde. Dall’intervista al neo manager (grassetto nostro):
«Viviamo nel posto più bello del mondo, in molti ce lo invidiano. Dobbiamo riscoprire l’orgoglio di essere bellunesi, solo in questo modo potremo rappresentare al meglio le nostre montagne ai turisti che arriveranno»
E, badate, che “in molti ce lo invidiano“.
Be’, quelli del Donbass di sicuro, e più recentemente anche quelli di Douma: per gli altri, non perdiamo le speranze (essendo il posto più bello del mondo, tutti, ma proprio tutti, dovrebbero invidiarcelo… eccheccazzo!). Qualcuno un giorno dovrà poi spiegare al neo manager che la parola “posto” si usa per le galline in batteria: la parola giusta, in questi casi, quella che antropologicamente brilla come mille soli, è “luogo“.
Domanda per il Mosè de noantri: come mai l’Italia – notoriamente un insieme di postidemmerda – nel 2017 è cresciuta in presenze turistiche del 5,4% mentre la Provincia di Belluno – unica tra le sette province venete a registrare un calo – ne ha perse il 4,2%? Ancora, andando questa volta al STL Dolomiti: come mai è cresciuto “solo” del 2,8%?
(spoiler: siamo il posto più bello del mondo, ma gli altri sette miliardi di stronzi non lo sanno ancora)
Sto diventando sempre più “Razzista”. Qui la mappa a schermo intero con la distribuzione dei vari pincionote (dalla mappa è eventualmente possibile scaricare il file kml per Google Earth). Ovviamente, per goderne pienamente, anche le sferiche andrebbero viste a schermo intero. Un giorno arriveranno anche le foto delle altre mete “Razziste”.
L’ape va di fiore in fiore, io di altopiano in altopiano. Il primo amore non si scorda mai, e questa è una certezza. Ma va anche detto che quello per l’altopiano di Pian de Buoi, di amore, è ormai un tantino logoro. Sicché, cercando nuove soddisfazioni, mi sono rivolto altrove. Ci vogliono 30 minuti per arrivare a Monte (45 se si mira a Collo Vidal), 35 per arrivare a Sella Ciampigotto sull’altopiano di Razzo, con una strada 100 volte più meglio e 100 volte più bella.
(del resto, parlando di tempo, in 45 minuti puoi essere, come dicevamo, a Col Vidal (canyon stradali d’altura permettendo), ma puoi essere anche a Misurina, sulle rive del lago a succhiarti un calippo. E se ci metti un po’ d’impegno aggiuntivo puoi trovarti, per esempio, qui, tra le “zurle” del Popena)
Inoltre il ristorante Baita Ciampigotto e/o il rifugio Fabbro sono aperti praticamente tutto l’anno. E, paradossalmente, vista la comoda raggiungibilità del luogo, v’è in offerta un ampio ventaglio di percorsi di grande selvatichezza o, se preferite, selvaggità. E spazi più ampi – molto più ampi di quelli cui siamo abituati nella Monte di Sovergna – sui quali vagabondare.
Questa storia con Razzo va avanti da un pezzo: era partita come una scappatella, ma via via ha assunto i contorni di un pazzo innamoramento. Insomma, l’idea che sembra stia prendendo forma è una guida escursionistica e birrogastronomica (anche cartacea, sembra) per ultra 57enni che hanno ancora nelle gambe un po’ di voglia di camminare.
Intanto mi sto portando avanti con la realizzazione di brevi video della durata di due minuti e poco più (18-22 foto), che dovrebbero offrire ai potenziali gitanti un’idea del tipo di percorso. Percorsi che tali gitanti, pare, forse, chissà, troveranno descritti, eventualmente, se ne sentiranno il bisogno, in questa prefigurata guida.
Quello del Monte Lagna è il 19° video della serie; gli altri si possono eventualmente vedere a questo indirizzo o direttamente sul canale youtube.
Laggiù, a 14 km dalle Cianpedele, Auronzo brulica di vita. Ma niente, anche da qui il piccolo agglomerato di case appare più sulla sinistra orografica del fiume Ansiei che sulla destra. Chissà, magari dal Tudaio…
(essendo Auronzo lungo, molto lungo, come dicevamo, più un lungomerato che un agglomerato come invece fantasiosamente scritto dalla tour-reporter nel reportage, la distanza di 14 km sopra riportata si riferisce più o meno al ponte del Juventus, ché quello di Reane dista 11 km e quello che porta in Val da Rin ne dista 9, mentre le case di Giralba sono già a 7, la metà della distanza dal primo ponte; diteglielo, alla reporter, chissà che ne tenga conto nella seconda parte del riporto)
(le immagini a maggior risoluzione qui o cliccando direttamente sulle foto dell’album)