Nel settembre 2007, alla presentazione del libro “Sentieri nelle Dolomiti del Centro Cadore“, scritto insieme a Roberto Tabacchi, l’istrionico Bepi Casagrande mi pose questa domanda: “qual è secondo te il più bel sentiero in queste Dolomiti?”. Risposi senza alcun dubbio “la strada Sanmarchi“. Il percorso così nominato, in onore di “Toni Sanmarchi” ideatore del medesimo e conoscitore attentissimo delle Marmarole, percorre il cuore di questa catena dolomitica dal biv. Tiziano fino all’innesto nell’Alta Val di S. Vito, toccando i biv. Musatti e Voltolina (quest’ultimo con una breve deviazione dal percorso).
A pag. 11 del libro “Panorami da Pian dei Buoi” scrivevo invece: “Della vasta regione dolomitica le Marmarole costituiscono, da un punto di vista geomorfologico, l’unica vera catena montuosa, intesa come successione pressoché continua di monti costituenti una unità geografica ben definita. La si può immaginare, in prospettiva, come una muraglia che, partendo da Forc. Grande alla base della C. Bel Pra, corre ininterrotta per 13 km, da O ad E, per terminare proprio qui sul Ciarìdo, digradando lungo il Coston de Pomadóna in Val de Poórse.”
La cosa singolare, siamo solo in 3 o 4 al mondo a saperlo, ed io solo lo sto rendendo pubblico, è che di tutta la catena delle Marmarole che si snoda per la bellezza di 13 km, quelle che appartengono a Lozzo coincidono con ciò che vediamo una volta giunti all’altopiano di Pian dei Buoi. Proprio e solo con ciò che vediamo, nel senso che le Marmarole di Lozzo, le Lozzarole, sono tutte lì.
Se ci immaginiamo la catena da esse costituita come un parallelepipedo (di 13 km di lato), le Lozzarole coincidono con la facciata terminale (e solo con essa) di questo parallelepipedo. In altre parole, dei 13 km di Marmarole, sul suolo lozzese ne straripano solo, limitandoci alle crode vere e proprie, 300 m (sì e no). Un ultimo esempio: se le Marmarole fossero un’automobile, le Lozzarole sarebbero rappresentate da poco più della targa. Il confine amministrativo con l’ingordo comune di Auronzo (poco più del doppio degli abitanti di Lozzo, 7 volte il suo territorio) corre infatti sulla cresta del Ciarìdo.
Ma nel corso della storia Dio, guardando ai miserabili lozzesi, concesse loro non tanto la facciata terminale delle Marmarole, che non interessavano a nessuno dei nostri avi, ma il fertile altopiano sul quale queste vanno a morire, l’altopiano di Pian dei Buoi, la Monte de Loze. E disse loro: “avete un territorio miserrimo oltreché minuscolo, non potevo soffocare oltremodo la vostra già derelitta esistenza regalandovi altri sassi: ecco dunque a voi Sovergna, che sia patrimonio di tutti voi, di tutti i Regolieri che compongono la vostra comunità”.
La singolarità, tornando ai nostri giorni, è che le Lozzarole, questa facciata di crode, quel “niente” di Marmarole, si è tramutato nel diadema che valorizza inconfondibilmente l’altopiano di Pian dei Buoi. Un’altra singolarità è che il SIC-ZPS “Marmarole, Antelao, Sorapiss”, che comprende tutte le Marmarole includendovi il Rif. Ciareido, lambisce appena l’erba dell’altopiano. Così che esso può essere pensato, anche se non lo è, come una delle principali “porte” del Sito di Importanza Comunitaria.
Se poi si pensa che la perimetratura del SIC citato coincide con i limiti del leggendario Parco del Cadore, ecco che l’altopiano può essere venduto come “porta del Parco del Cadore“. Ribadisco il concetto: sappiamo che non è “porta” di un bel niente (in virtù della saggia conformazione che Dio ha voluto dare alle Marmarole in tutta la loro lunghezza), ma se trentini e altoatesini riescono a vendere senza vergogna ai turisti quelle prurigginose torture che sono i bagni di fieno, anche noi qui potremmo lanciarci in questo tipo di valorizzazione, o valo-mistificazione a fin di bene (loro l’avrebbero già fatto). Facciamolo.
Chi?
Le Lozzarole, ossia la porzione di Marmarole che Dio ha concesso ai lozzesi. Sono tutte qui, e solo ciò che vedete, il confine con Auronzo corre in cresta.