Futuro del Cadore: patto o conferenza?
19 novembre 2009 Nell’articolo la crisi occupazionale in Cadore “risolta” mettendo in mostra le professioni ad un certo punto il sottoscritto scriveva:
Che cosa bisognerebbe fare allora? Io ritengo che se si vogliono affrontare i problemi seri dell’occupazione in Cadore, tutti i Comuni dovranno allearsi in un Patto per il Cadore, in cui concentrare tutti gli sforzi con queste direttrici principali (in sintesi):
- un coordinamento di alto livello con le associazioni di categoria;
- lo sviluppo di soluzioni che abbiano come fine il rilancio dell’agricoltura di montagna (agro-stalle: di esempi cui attingere ce ne sono fin che amen);
- la predisposizione e l’armonizzazione di energiche azioni di marketing turistico e del territorio che oggi sono pressoché inesistenti;
- una forte spinta e sostegno allo sviluppo dell’accoglienza (conversioni ad affittacamere, b&b, albergo diffuso);
- l’avvio di progetti pilota nella filiera del legno.
11 febbraio 2010 All’indomani della decisione della Marcolin di chiudere lo stabilimento di Vallesella e spostare tutto a Longarone il sindaco di Domegge scriveva (il link originale all’articolo sul Gazzettino sembra non funzionare, ma traggo dalla mia copia locale):
[…] Si chiama “patto per il Cadore” ciò a cui sta pensando il sindaco di Domegge, Lino Paolo Fedon, per dare nuovo slancio vitale del territorio. Per l´elaborazione convocherà, a stretto giro di posta, tutti i colleghi, i presidenti di Comunità montane, i sindacati, gli imprenditori della zona, «tutti coloro che possono offrire un contributo alla rinascita economico-produttiva del comprensorio». Il patto, una volta sottoscritto, sarà consegnato al nuovo presidente della Regione. […]
20 gennaio 2011 Un nuovo impeto di unitarietà dal Gazzettino di ieri:
[…] Una conferenza programmatica in nome dell’unità del Cadore, da Cortina a Sappada. A proporla è il sindaco di Lozzo, Mario Manfreda, che vuole discutere assieme ai colleghi del territorio le molteplici difficoltà che sta attraversando la montagna cadorina, a prescindere dall’idea di una sola Comunità montana. […]
Il sindaco distilla una perla di saggezza: “Anche un bambino capirebbe che è indispensabile mettersi insieme, se vogliamo mantenere i servizi e promuovere il territorio“. E’ con gradevole sorpresa che prendo atto che finalmente i nostri sindaci, che bambini più non sono, riconoscono l’ignavia che finora li ha costretti a razzolare nel cortile di casa (salvo, per qualcuno, razzolare in territori un po’ più vasti, ma solo per avere una seconda carica “sovracomunale”).
Conclusioni: se, oltre ai sindaci, come si evince dalla citazioni sopra riportate, anche un “povero falegname” come me si è reso conto dell’importanza di un “Patto per il Cadore” (o conferenza che sia), beh, forse è il caso di muoversi. Discutere non fa mai male, se si addiviene a qualcosa di concreto. Mi raccomando solo di cercare di attenersi alla regola “fatti, non pugnette“.
Riguardo al “Comune unico”, vera sfida da affrontare, la risposta è già stata data: «Al Cadore basta una sola Comunità montana che gestisca servizi collettivi importanti con efficienza. I Comuni, invece, devono continuare ad esistere autonomamente con una struttura snella e vicina ai cittadini. […]». Non avevo dubbi: per fare un “Comune unico” ci vogliono “le palle” e qui di sindaci “segaioli” ne vedo tanti, ma con le palle ancora nessuno. Tuttavia, a tutela della capacità visiva dei nostri primi cittadini, raccomando ancora “fatti, non pugnette“.