il fratello d’Italia e l’antipatia
Il fratello d’Italia Luca De Carlo, sindaco calaltino in procinto di rimontare su quella sella, ci ammalia con un appello di una raffinatezza logica che quasi ci costringe a riesumare dalla biblioteca i libri su Gödel. Afferma dunque: “Meglio un sindaco che un freddo burocrate: andate tutti a votare”.
(e qui ci scappa subito Catalano: “È meglio innamorarsi di una donna bella, intelligente e ricca anziché di un mostro, cretino e senza una lira”)
Noi ce lo ricordiamo il cupo medioevo a cui è andato incontro Pieve di Cadore nel periodo del commissariamento; e anche di Cortina, seppur commissariata per altre motivazioni, ci portiamo dentro le dolorose immagini degli ampezzani con le vesti stracciate che ciondolavano senza meta per le strade alla ricerca dell’identità perduta. Degli altri comuni colpiti da quella piaga, per carità di patria, neanche facciamo cenno.
Ma la logica raffinata del nostro fa un ulteriore balzo:
dobbiamo tutti superare le antipatie personali e garantire un sindaco ai nostri comuni.
E ancora:
Se un candidato non ci piace, lasciamo scheda bianca, ma andiamo a votare: non può vincere il partito del “non ti voto perché non mi piaci”, perché in questo caso l’unica risposta giusta sarebbe la candidatura, non l’astensione.
Il fratello d’Italia, pertanto, riconduce il voto comunale alla mera espressione di una antipatia personale e, quindi, specularmente, di una simpatia personale. Quindi lui, finora, ha fatto il sindaco perché è risultato simpatico ai più. La seconda lista “gufa” calaltina alle imminenti votazioni è quindi un semplice vezzo per assicurarsi la simpatia… purchessia.
Capite ora quanto consolante possa essere per le minoranze sapere che possono aspirare alla conquista del potere lavorando non tanto sulle idee e i programmi quanto sui fondamentali della simpatia? E’ sulle spalle di questi giganti del pensiero che dobbiamo salire per vedere più in là.
(personalmente ho sempre rifiutato le risultanze della teoria della relatività, sia quella speciale che quella generale, perché Einstein, con quella sua aria da saputello, mi è sempre stato antipatico; allo stesso modo non so che cippa farmene della funzione d’onda di Dirac, altro fisicaccio antipatico; provo invece una naturale simpatia per i pastafariani e, soprattutto, per i terrapiattisti)
Se il candidato è uno solo riponete dunque le asce dell’antipatia e andate a votare bianco. Che importanza volete che abbia, per esempio, lo scenario nel quale una lista col 20% dei consensi possa amministrare 5 anni per effetto del 30% +1 dei “bianchini”. Certo, sarebbe deludente anche avere il 45% dei consensi ma non poter amministrare perché la spinta dei bianchini si è fermata sotto al 50% di un niente. Così è la vita!
Se invece i candidati sono due (tizio e caio), tiratele fuori, le asce dell’antipatia, e quindi anche quelle della simpatia, e datevele di santa ragione. Perché se chi prova antipatia per tizio dovesse votare bianco anche in quest’ultima circostanza, dovremmo aspettarci la stessa cosa da chi prova antipatia per caio. Ma, posto che l’antipatia per tizio equivale alla simpatia per caio, e viceversa, capite bene a quale destino andremmo incontro.
(non so se avete afferrato, ma il fratello d’Italia ha appena introdotto una nuova categoria dello spirito: l’elettore ad assetto variabile)
Per quanto mi riguarda, se andrò a votare (sto ancora ruminando se partecipare alle europoidi o meno) rifiuterò la scheda per le comunali. Dettaglio tecnico per i pochi che, volendo votare per le europee ma non per le comunali, esprimeranno questo coraggio civico (visto che il loro voto non potrà essere mantenuto segreto; ed è per questo motivo che, salvo improbabilissime defezioni di massa dalle europee, i quorum saranno raggiunti senza patemi): la scheda va semplicemente rifiutata, evitando di ritirarla (se la si prende in mano, pur con l’idea di non votare, la scheda diventa nulla e quindi contribuisce al quorum).
Tutto ciò per una mera questione di antipatia? Non parlerei di antipatia: direi, piuttosto, che sto cercando una lista leggera ma decisamente invitante, che possa coniugare la mia voglia di leggerezza e golosità, una lista che sappia fare sistema, rete e squadra. Ma, visto che ci siamo, diciamola tutta: mi stanno proprio sul cazzo, tutti, indistintamente. E poi non c’è in lista nessun gay o lesbica dichiarati (a quanto ne so). E sapete quanto ci tenga alla loro particolare sensibilità.
Fatti non foste per votar alla cazzo di cane ad mentula canis, ma per seguir virtute e canoscenza.
(saltiamo a piè pari, invece, la formulazione logica secondo la quale l’unica risposta giusta al “non ti voto perché non mi piaci” sarebbe la candidatura e non l’astensione, perché sostanzialmente imperscrutabile e quindi fuori dalla nostra capacità inferente;
altro postulato granitico che avrà bisogno di un novello Gödel per tentarne la confutazione è “dobbiamo premiare chi ha scelto di metterci la faccia”;
temiamo invece che il teorema secondo il quale “Fratelli d’Italia porta avanti da sempre la battaglia per l’autonomia comunale e per maggiori risorse ai municipi, ma questo non si può fare se al posto di sindaci e consiglieri c’è solo un commissario, un freddo burocrate nominato dallo Stato” resisterebbe ad ogni attacco, anche se a Gödel si affiancasse Turing)