Lozzo di Cadore: hanno arrestato Checo Livingston
Mi hanno raccontato che Checo, una cornacchia grigia, è stato arrestato dalla Polizia Provinciale. Lo hanno preso e, immagino, messo in un sacco per trasportarlo lontano da qui. Raccolto circa tre mesi fa caduto da un nido, Checo è stato curato e allevato fino al momento in cui se l’è sentita di librarsi nuovamente in volo. E’ per questo che il volatile ha una grande confidenza con il consorzio umano.
Ne parlo perché, frequentemente, la mattina presto, mentre salivo delle scale poste all’esterno, sentivo il rumore di un lieve fruscio che si materializzava con il suo sopraggiungere sulla ringhiera. Mentre raccoglieva le ali mi guardava con gli occhi lucidi e vispi e con il becco aperto mi faceva cra. Io lo salutavo e mi fermavo una decina di secondi a guardarlo, poi entravo in ufficio chiudendogli “la porta in faccia”. Talvolta Checo se la prendeva, per la poca attenzione riservatagli, ed allora si aggrappava alla maniglia della porta ed iniziava a telegrafarmi picchiettando con il becco sul vetro: voleva giocare, socializzare!
Un pomeriggio mi sono intrattenuto col pennuto per più di mezz’ora giocando con dei gusci di noci. Checo non ha fatto altro che confermare la spiccata curiosità e la pronta intelligenza che caratterizza questi uccelli. Sono convinto che, addestrato a dovere, avremmo potuto fare qualche bella e impegnativa partita a scacchi. Ho poi assistito ad un siparietto di eccezionale comicità allorquando Checo si è messo in testa di catturare tre lucertole che, a turno, alla Usain Bolt, uscivano dagli anfratti di una catasta di legna per rientrare nella medesima poco più in là. Se c’era la BBC nei dintorni ci avrebbe fatto un documentario straordinario.
Ieri è passata un’anziana signora che, entrata in argomento, si è detta dispiaciuta dell’arresto del pennuto. «Mi dispiace davvero, a me ha portato via le chiavi di casa, ma non ha fatto altro che il suo mestiere. Per fortuna che i miei nipoti l’hanno rincorso ed alla fine le ha lasciate cadere sul prato dove le hanno poi raccolte. Però era simpatico ed ero lieta di vederlo svolazzare nei dintorni. Se avete idea di tirare su qualche firma per liberarlo, contate sulla mia».
Intratteneva rapporti di curiosa amicizia con chiunque si trovasse nelle sue vicinanze e talvolta, spinto dal desiderio di un nuovo contatto sociale, planava nel suo ancora incerto volo vicinissimo alle persone in passeggio lungo la strada de Costa, incutendo ai medesimi, soprattutto al primo approccio, un certo timore, dovuto essenzialmente alla novità. Anche mia suocera, albeggiante passeggiatrice, inizialmente preoccupata, si è dovuta arrendere alla cordiale simpatia del Checo.
Non disdegnava, prese le necessarie confidenze con ciò che offriva il territorio, di spiccare il volo in direzione della piazza principale del paese presso i cui bar, così mi raccontano, si guadagnava il suo bel biscotto, prima di riguadagnare la periferia boscata.
Per quanto ho potuto personalmente osservare, Checo stava diventando la mascotte dei ragazzini che scorazzano ai Campetti, entusiasti di mettersi in relazione con questa realtà a metà strada fra il selvatico ed il domestico. Le mamme, devo dire, non sembravano poi così entusiaste, ma si sa, studi a iosa lo dimostrano, che le donne hanno sempre un rapporto conflittuale con gli uccelli (fa parte della loro natura).
Ma ogni buon pane ha la sua crosta. Cagava, Checo, come facciamo noi, solo che lo faceva en plain air, quando gli capitava, senza preavviso. Forse, quando ingaggiava qualche battaglia con i portapacchi delle auto (mica tutti), avrà magari procurato qualche striscio alla carrozzeria. Ho sentito che aveva un discreto pollice verde e che talvolta si cimentava in spavalde incursioni negli orti. Altro non so, ma se qualcuno vuole può lasciare fra i commenti nuove testimonianze, nuovi indizi, nuove prove di colpevolezza o di redenzione.
Ho telefonato alla Polizia Provinciale che mi ha riferito che – a seguito di più segnalazioni pervenute – hanno ritenuto di intervenire per arrestare l’uccello, per evitare che potesse arrecare danni, anche seri, alle persone che approcciava. Ho chiesto di sapere dove fosse finito, dove l’avessero portato. L’agente al momento non sapeva con esattezza il destino del nostro Checo, ma mi ha assicurato che mi ritelefonerà per dirmelo. Magari a qualcuno viene voglia di portargli “le arance”.
Ho comunque chiara l’idea che Checo Livingston sappia volare ben al di sopra della nostra – talvolta misera – condizione umana.