La Morandini no, ché la immaginiamo impegnatissima ad organizzare la prossima puntata del Labfest – #facce da letame – logica oltreché naturale continuazione di #facce da sfalci appena archiviata. Ma qualcuno – ora che anche il deserto di Liwa e la relativa oasi sono mappati su Street View – quelle riprese le dovrà pur fare (vedi l’Affondazione Sodomiti Unesco scopre Google Trekker).
(al netto del fatto che quelli di Google non sanno distinguere un cammello da un dromedario: “Immaginate di essere seduti tra le gobbe di un cammello… “. A noi pare un dromedario, che ha sempre due gobbe, ma una si è evolutivamente ridotta al punto che quella che emerge è, appunto, una gobba. Inoltre, di stanza negli Emirati Arabi Uniti, solitamente, c’è il dromedario. Se proprio dobbiamo immaginare di essere tra le gobbe, be’, quelle del cammello non sono tra le prime…)
Alla fine ci sono arrivati. Anche le belle statuine talvolta si sciolgono dal torpore. Dunque l’Affondazione Dolomiti Unesco si è accorta di Google Trekker. Un po’ tardino ma meglio tardi che mai. Ma non sarà un vantaggio competitivo: pensate che “gli altri” nel frattempo abbiano dormito come le nostre talpe sodomitiche?
(ANSA) – TRENTO, 29 AGO – La Fondazione Dolomiti Unesco inizierà una collaborazione con Google per rilevare alcuni sentieri e rifugi delle Dolomiti con tecnologia Street View. E’ tra le novità messe in campo dal Consiglio d’amministrazione della Fondazione Dolomiti Dolomiten Dolomites Dolomitis Unesco, che si è riunito ieri a Cortina d’Ampezzo, al lavoro per la definire la strategia di gestione, obiettivo per il 2016. Tra gli argomenti trattati le Linee guida con raccomandazioni operative e il turismo sostenibile.
Quando ne ho parlato – di Google Trekker – ho fatto riferimento anche ai sindaci: “Vieni avanti, cretino!“. Naturalmente scherzavo: era sui pompinatori (e in second’ordine sui panchinari) che bisognava puntare davvero. E alla fine proprio questi – i pompinatori dell’Affondazione – si son fatti avanti.
[…] E chissà perché volsi il pensiero ai nostri enti amministrativi ed in particolare ai sindaci: mi dissi che ne basterebbe uno, anche uno dei mefitici della Magnifica Banda, da scuotere dal torpore: “Vieni avanti, cretino!“.
Poi volsi il medesimo pensiero alle nostre associazioni di categoria, ai lustrascarpe, ma anche agli operatori del commercio e del turismo e, ancora, mi salì alla testa quella perentoria esclamazione “Vieni avanti, cretino!”.
E quindi pensai alla cosiddetta società civile, agli alpini, ai fanti, ai pompinatori, ai pompieri, ai caisti, ai soccorritorialpini, ai referendari, ai monarchici, ai panchinari, ai mipiacisti, ai cooperativisti sociali… Insomma, pensai ai fermenti vivi che danno luogo alla nostra composita comunità. E anche in questa occasione, insopprimibile, … “Vieni avanti, cretino!”.
Era più o meno un anno fa quando Google lanciava anche in Italia il programma Trekker di Street View. E a quel tempo mi venne quasi la voglia di partecipare. Mi dissi che in fondo uno zaino di 18 chili non era (ancora) un problema e che i sentieri delle Dolomiti che avrei potuto documentare, almeno quelli del Centro Cadore, li conoscevoabbastanzabene!
Insomma, avrei potuto essere un primo cretino. Ma poi feci calcolo che avevo ancora diverse cosette serie da portare (o perlomeno cercare di portare) a termine ed altre meno serie, come pettinar bambole e smacchiare giaguari, che comunque mi attendevano. E lasciai perdere, all’ultimo minuto, l’invio di quella richiesta.
E chissà perché volsi il pensiero ai nostri enti amministrativi ed in particolare ai sindaci: mi dissi che ne basterebbe uno, anche uno dei mefitici della Magnifica Banda, da scuotere dal torpore: “Vieni avanti, cretino!“.
Poi volsi il medesimo pensiero alle nostre associazioni di categoria, ai lustrascarpe, ma anche agli operatori del commercio e del turismo e, ancora, mi salì alla testa quella perentoria esclamazione “Vieni avanti, cretino!”.
E quindi pensai alla cosiddetta società civile, agli alpini, ai fanti, ai pompinatori, ai pompieri, ai caisti, ai soccorritorialpini, ai referendari, ai monarchici, ai panchinari, ai mipiacisti, ai cooperativisti sociali… Insomma, pensai ai fermenti vivi che danno luogo alla nostra composita comunità. E anche in questa occasione, insopprimibile, … “Vieni avanti, cretino!”.
(non che mi piaccia proprio al 100% questo approccio invadente ma il mondo è fatto anche di teste di birillo che bisogna assecondare. Vara, vara: ghe se anca Venessssia))
Tutto ciò per chiedere a chi è in ascolto: ma ‘sto cretino, si è poi fatto avanti?
(sommessamente: avevo poi pensato di mappare anche l’altopiano di Pian dei Buoi, con tutte le emergenze storiche che orbitano attorno al villaggio militare di Col Vidal; e poi avrei voluto mappare il paese di Lozzo burela par burela, bancia par bancia; e poi ciò che di meglio possiamo offrire … le zoccole di montagna e poi e poi … e nelle Four Seasons, naturalmente!)
Vieni avanti, cretino!
p.s. @Jim, ti prego, prima di gettarti nell’arena, fai un bel respiro (anche allora c’era di mezzo Google Street)
Gli ingredienti ci sono tutti: giornalista, articolista, pezzista, fate voi. E poi titolista. E poi ancora didascalista. E’ nell’accorta fusione di ogni contributo che nasce e viene consegnata ai posteri la cronaca che, quotidianamente, racconta il dinoccolamento delle nostre genti.
Un’immagine vale più di mille parole, si è sempre detto. E calibrare le immagini sul pezzo non è propriamente un’arte ma richiede ugualmente una qual certa… riflessione interiore. Tanto più se all’immagine ci appiccichi una didascalia (e qui c’è il doppio inganno: nelle foto e nelle didascalie).
E allora, che c’azzecca il Cai di Lozzo di Cadore con le foto poste a corredo dell’articolo: il Cai di Lozzo è al lavoro sui sentieri apparso sul Corriere delle Alpi del 24 luglio 2014?
Perché la prima, “Gli uomini del Cai di Lozzo liberano i sentieri dagli alberi caduti“, è luogo extraterritoriale riferentesi ad una galleria lungo la ciclabile delle Dolomiti nei dintorni di Valle, mentre la seconda, “Un altro intervento sui sentieri“, ritrae maestranze agricoloidi lozzesi presso il parco solare di Loreto intente a dar vita ad una piantagione di cotone (non ne sapevo niente: sono mesi che non passo da quelle parti ma mi è stato detto che, finalmente, dopo ben 5 anni di promesse del sindaco, le famose piante del papa sono state messe a dimora).
(la nostra è terra di genti di fervida fantasia dove esempi di giornalismo creativo incastonano una realtà sempre più nera allietandone i contorni)
Er Comune segnala che “i sentieri e gli anelli di Lozzo di Cadore potrebbero non essere percorribili in totale sicurezza“. Precisazione tecnofilosofica d’inizio estate: in totale sicurezza – tante altre cose al mondo ma in particolare “i sentieri” – non sarebbero percorribili neanche se fossero asfaltati.
Date retta: “percorribili in totale sicurezza” è frase neologistica, priva di qualunque fondamento, che è meglio non si faccia strada tra le tante dicerie con le quali ci riempiamo la bocca al punto da assumere, col tempo, i contorni di una leggenda metropolitana che risulta poi doppiamente faticoso estirpare.
Anche il CAi ci mette del suo: “[i seguenti sentieri] sono stati controllati e risultano percorribili senza pericolo…“. Vivere pericolosamente è il supremo dono che il fato ci regala all’atto del nostro primo vagito e che ci accompagna fino all’ultimo respiro.
Nessun sentiero è percorribile senza pericolo.
Semmai i sentieri possono risultare “normalmente percorribili” (o meno) e, comunque, sempre in funzione e relazione al grado di difficoltà loro assegnato. Sforzo questo, quello di dare un grado di difficoltà al sentiero, che non risolve in nessun modo i pericoli legati alla sua percorrenza, ma codifica grossolanamente le sue caratteristiche di percorribilità … ad usum populi.
Pericolosità e percorribilità: le nuove frontiere della sentieristica (fra poco al cinema).
Nel 2006 a Flaminio Da Deppo, allora presidente della Comunità Montana “Centro Cadore”, venne l’idea di realizzare una guida escursionistica che prendesse in considerazione tutti i sentieri alpini presenti sul territorio comunitario.
Mi fece contattare e mi propose l’iniziativa. Io non esitai un attimo e, per garantire una sua celere realizzazione, proposi all’amico Roberto Tabacchi di collaborare: ci saremmo divisi a metà le descrizioni dei 101 sentieri che fanno capo alla nostra comunità montana.
Roberto, coautore insieme a Camillo Berti di varie guide escursionistiche, fra cui “Dolomiti del Cadore”, mi garantì subito il proprio appoggio e così iniziammo l’allestimento della pubblicazione che venne poi resa disponibile nell’estate del 2007, con il titolo “Sentieri nelle Dolomiti del Centro Cadore“: sentieri alpini, sentieri attrezzati e vie ferrate nel territorio della Comunità Montana Centro Cadore.
Dopo la presentazione del libro (stampato in circa 5000 copie), mi ero ripromesso di farne una versione da mettere online per garantirne la maggior diffusione possibile, ad uso e consumo degli ormai numerosi frequentatori delle nostre Dolomiti. Un modo per valorizzare ulteriormente i 500 e più chilometri di sentieri che si dipanano fra i dodici gruppi montuosi che coronano il territorio della nostra comunità.
Non che fosse un vero e proprio sforzo titanico, visto che avevo già provveduto personalmente alla fotocomposizione della guida mandata in stampa ma, come sempre, ogni progetto viene alla luce quando si verificano le condizioni propizie, che talvolta coincidono con la semplice voglia di farlo. Così è stato.