Salvini, segretario della Lega Nord, ieri a Belluno:
«Siamo in una provincia che è vicina all’autonomia e più di altre soffre la concorrenza» continua Salvini, «noi come Lega ci siamo, Belluno merita più indipendenza degli altri quindi mi farò portavoce dei suoi problemi con il governatore Luca Zaia».
Meglio chiarirlo subito per sedare facili entusiasmi. Che la nostra provincia sia “vicina all’autonomia“, come detto da Salvini, è ovviamente in virtù dei confini – che da Belluno lambiscono il Trentino e l’Alto Adige -, non certo per l’approssimarsi del fatidico momento in cui i vincoli nazionalistici e centralistici che oggi ci soffocano verranno meno.
Inoltre c’è un altro punto poco chiaro che suscita un certo prurito semantico.
E’ quel confondersi, nel parlare, tra “autonomia” e “indipendenza”. Perché tu puoi avere “più autonomia”, ma non puoi essere “più indipendente“: insomma, indipendente o lo sei o non lo sei. E allora, quando Salvini dice “Belluno merita più indipendenza degli altri” mi torna in mente l’indimenticabile Enzo Biagi allorquando, parlando di una giovane ragazza rimasta incinta anzitempo, ricordava che la madre della figliola, in un affannoso quanto vano tentativo di “difenderla”, sosteneva che “Sì, è incinta, ma solo un pochino“.
La vitalità di un ente non si misura dalla vitalità del relativo sito internet. Ci sono siti porno, per esempio, che hanno un successo inspiegabile anche senza alcun aggiornamento: basta ampiamente quello che c’è. Nell’Unione Sovietica i piani quinquennali erano nuovi appena partoriti ma poi restavano così, per l’appunto, per cinque anni (almeno). E si è visto a quali vette di organico sviluppo sia giunta la Russia a forza di piani quinquennali.
Del resto, un conto è un sito di informazioni sputate nella piazza con frequenza quotidiana, un conto è un sito che deve scrutare orizzonti di crescita che si spingono da qui al 2020. Tuttavia, sempre che l’orsetto aggiornatore sia semplicemente in letargo e non ad abbronzarsi a Rio de Janeiro, sarebbe meglio mettere in cronoprogramma – cioè cronoprogrammare – un aggiornamento della home page del sito del GAL Alto Bellunese che è rimasto un tantino indietro – no, non al liberty – sfoggiando una greeting card risalente all’epoca natalizia che ci siamo lasciati alle spalle.
Mi verrebbe di consigliare un’alternativa frizzante e coloratissima con soggetto carnevalesco tipo “Arlechin batocio”: per pochi giorni ma saremmo ancora in tempo. Ma se si vuol fare un salto di qualità immediato, direi che una bella colomba e qualche uovo pasquale sarebbe la scelta più opportuna (a meno che non si voglia piegare sulla celebrazione dell’equinozio, festa grande da ‘ste parti come tutti sanno). Come che sia, la cosa determinante sarà stabilire se l’orsetto aggiornatore dorme o meno nei paraggi (raggiungerlo a Rio sarebbe alquanto drammatico, immagino). Ma questo dubbio, vedrete, non durerà in eterno (tic-tac, tic-tac, tic-tac …).
(dai, che se fate i bravi poi vi faccio fare un po’ di analisi SWOT: promesso!)
Non nutro alcuna simpatia per Enel e Terna, non foss’altro per il fatto che questi “giganti” operano ancora in un sostanziale regime di monopolio e, soprattutto Enel, hanno ricevuto tanti di quei sussidi statali da far impallidire di vergogna i gerarchi dei politburo sovietici. Se questi enti prendessero una bella legnata, quindi, godrei profondamente, pur avendo coscienza che ogni euro elargito a mo’ di risarcimento verrebbe tranquillamente ripescato – prima o poi – in ombrosi aumenti tariffari.
Sono anche fra quanti, da subito, hanno rilevato che il black out di Natale è attribuibile in massima parte alla eccezionalità dell’evento meteorico verificatosi; il secondo black out non ha fatto altro che confermare – se mai ve ne fosse stato il bisogno – l’eccezionalità dell’evento, ancorché l’uno e l’altro si siano presentati in tempi diversi. La straordinarietà sta nel fatto che attorno ad una fascia altimetrica ben definibile, alla neve caduta ed appiccicatasi alle fronde degli alberi è seguita altrettanta pioggia che, imbevutasi nella neve-spugna preesistente, ha costituito un carico di rottura che è stato fatale per tantissime piante che non hanno potuto che schiantarsi a terra coinvolgendo nella caduta le linee di trasmissione della corrente elettrica.
Ricordavo tempo addietro che, per quanto ne so, non mi pare che una seria class action sia intentabile a fronte di eventi meteorici di conclamata eccezionalità come quelli in parola. Detto altrimenti, credo che ad Enel e Terna non servano “prìncipi del foro” per dimostrare l’inconsistenza di una class action promossa nei loro confronti, ma bastino le argomentazioni sinteticamente esposte anche se sostenute da un avvocato del buco.
Detto questo, siccome avevo promesso di ricordare – ogni tanto – come stesse procedendo l’ambaradan della class action tanto sbandierata dai sindaci …
Anche la class action è una bella cosa, ideale per problemi sì vastamente coinvolgenti come gli accadimenti legati alla ormai celeberrima “tempesta di Natale”, ottima anche per tutti gli struzzi che così possono tirar fuori la testa e battersi forte il petto manifestando inaspettato coraggio. Ma è davvero una bella cosa: sarebbe stupendo se i sindaci ne confezionassero una propria. Inizia da oggi, qui, in questo istante, il solenne conteggio del tempo necessario a veder varata la minacciata class action dei sindaci cadorini: ad ora, un giorno trascorso.
rivolgo questo accorato promemoria a tutti i sindaci del Cadore:
ad oggi sono passati 60 giorni!
a che punto è la class action “black out di Natale” da voi promessa e sbandierata?
Pur credendo per quanto già anticipato che alla fine tutto si risolverebbe in un niente di fatto, possiamo in qualche modo contare sul fatto che, perlomeno, sia promossa?
Intanto devo ricredermi perché il presidente dell’unione montana Centro Cadore, Svaluto Ferro, ha dimostrato che può andare oltre la caccia alle farfalle (ricordate la vispa Teresa che tra l’erbetta rincorrea le farfalletta?). La dimostrazione tangibile che potrebbe addirittura, un domani non più lontanissimo, vestire i panni del capo rivoluzionario, viene da una breve intervista ad Antenna3. Messosi temporaneamente i panni del fine sociologo e antropologo, il nostro fruga nelle pieghe nascoste del corpo molle della società civile cadorina e bellunese e ci dà conferma che il popolo cadorino e l’intera provincia di Belluno starebbero guardando a forme di autodeterminazione politica.
Egli calca l’accento sulla parola “politica” per escludere che stia pensando ad altre forme di autodeterminazione quali quella linguistica, etnica, anti-ogm, anti-nuclearista, no-tav, civica e così via. L’autoderminazione cui fa riferimento, senza alcun dubbio, ha carattere eminentemente politico.
Però avverte, il presidente, che si dispiacerebbe se questa forma di autodeterminazione cui pensa – che sarebbe comunque nelle mani del popolo cadorino e bellunese – eventualmente sfociasse in “altre forme di autodeterminazione“. E qui accenna a quali potrebbero essere queste forme: “quelle già viste in passato” nel sudtitrolo dove con la loro autodeterminazione sono riusciti ad ottenere ciò che noi bellunesi con il dialogo non siamo mai riusciti ad avere.
E badate bene che quando dice “con la loro“, forse è proprio “a quella” che fa riferimento (quella lì, sapete no? quella … insomma, avete presente quella ad effetto, come dire?, ecco, pirotecnico!). Più chiaro di così!! A me pare, se non altro. Insomma è come se il mitico Colonnello Buonasera a Radio Londra avesse diffuso un messaggio speciale: “la minestra è cotta – ripeto – la minestra è cotta“.
Io credo che il popolo cadorino e l’intera provincia di Belluno stia guardando anche a forme di autodeterminazione politica che, mi dispiacerebbe eventualmente sfociassero in altre forme di autodeterminazione. Le abbiamo già viste in passato magari in territori contermini ai nostri, ad esempio quello sudtirolese, dove con la loro autodeterminazione sono riusciti ad ottenere quello che noi bellunesi con il dialogo non siamo mai riusciti, stati capaci di ottenere in questi anni.
Il nostro stempera poi l’ambientazione rivoluzionaria con un’affermazione a carattere pastorale che anche il vescovo avrebbe avuto qualche difficoltà a pronunciare.
Oggi, noi sindaci siamo gli elementi che ancora mantengono la coesione sociale, siamo gli unici che mantengono la coesione sociale, ma di fronte al continuo abbandono e insensibili a quelle che sono le nostre istanze, eh be’ … sicuramente … qualcuno dovrebbe farsi un attimino l’esame di coscienza e iniziare a pensare anche che forse il territorio montano avrebbe bisogno di un occhio di riguardo in ogni settore.
Sorvolo, cioè salto a pié pari (per ora), il concetto secondo il quele sarebbero i sindaci a mantenere la coesione sociale (‘sti qua si sono già dimenticati il Bim-Gsp, tanto per fare un esempio, invero il più demenziale …). Mi chiedo se veramente uno di loro potrà mai diventare il capo di una rivoluzione ruggente sulle ali della quale il popolo cadorino possa finalmente conquistare ‘sta benedetta autodeterminazione (a proposito: autodeterminazione de ché?). Poi guardo il video e vedo là in fondo, in secondo piano dietro la scrivania, quello che mi sembra essere il profilo di un retino per la caccia alle farfalle. Così mi convinco che il nostro è già pronto per un’altra caccia grossa ai lepidotteri.
Radio Cadore: “la farfalla volteggia leggiadra” — “la vispa teresa è caduta nell’erba” — “il grillo canterà alle sei” — “le cicale sono andate a dormire“.
W la revoluzion!!
(p.s. sorvolo anche sul commento secondo il quale i sindaci sarebbero andati “su tutte le furie”; l’unica furia che mi viene in mente se penso ai sindaci è Furia cavallo del West)
La giunta comunale di Calalzo di Cadore nel dicembre scorso con propria delibera ha espresso parere favorevole in relazione “alla proposta formulata dalle Guide Alpine Tre Cime di Lavaredo di poter svolgere sul territorio comunale e nelle zone suindicate la pratica dell’eliski”.
Non intendo affrontare il solito problema, già affrontato per gli elipranzi al rif. Ciareido al top della stagione estiva, legato – questa volta – alla pratica dell’eliski. In realtà mi ha incuriosito – in particolare – un passo della delibera della giunta calaltina che ho trovato riportata nell’articolo “Un motivo per impedire l’eliski sull’Antelao” e che qui propongo:
7) dovranno essere utilizzati elicotteri che riducano il più possibile il rumore e le emissioni inquinanti;
Talentuosa formulazione che lascia presagire che “in giro” vi siano elicotteri sia più rumorosi che più inquinanti di altri. Cosa peraltro verosimile. E’ davvero encomiabile – lo converrete – lo sforzo di chi ha redatto questo passo della delibera. Parimenti encomiabile lo sforzo che ha fatto poi sindaco e giunta a farla propria e a “proporla” al volgo (che è come fare un carico di lavatrice con o senza ammorbidente).
E’ come dire a uno, uno qualsiasi, cerca di essere il più possibile intelligente, il più possibile bravo, il più possibile … Buttati nudo in piscina ma, mi raccomando, non bagnarti troppo. Sparati al ginocchio ma cerca di non farti troppo male. Ubriacati responsabilmente. Che poi non è solo una questione di forma, ma anche di contenuto. In termini contenutistici sarebbe come imporre con delibera la fabbricazione di mine anti-uomo … con materiali ecocompatibili (c’è un certo divario e scarto, no, tra fine e mezzo).
Capite che cotanta formulazione legislativa introduce anche qualche dubbio di natura sia operativa che interpretativa. Per esempio, ci sarebbe il bisogno di formulare anche il metodo per verificare se gli elicotteri eventualmente utilizzati soddisfino o meno l’introdotta prescrizione. Che facciamo? Basta un’autocertificazione? Basta il bollino blu di un’officina qualsiasi appiccicato sulla punta dell’elica? Chiamiamo quelli della RAF? Facciamo fare la verifica direttamente al sindaco?
E’ bello sapere che in giro ci sono sindaci che, mentre le caprette ti fanno ciao, sono impegnati a tutelare in modo così appassionato l’ambiente senza tuttavia rinunciare al progresso ed ai benefici che questo comporta. Insomma, noi con questi amministratori ci sentiamo davvero nell’ormai classica “botte di ferro“. Ed è un piacere, come in questo lampante caso, registrarne le gesta.
Si parla della chiusura della linea ferroviaria tra Ponte nelle Alpi e Calalzo di Cadore che, operante dai tempi delle Grandi Nevicate, è stata ora garantita – la chiusura – fino al 31 luglio, giorno più giorno meno (sempre che non intervengano altre piaghe bibbliche). Interviene in chiusura d’articolo il sindaco di Perarolo:
Il sindaco di Perarolo, Pierluigi Svaluto Ferro, si augura che i lavori terminino prima del 31 luglio: «E’ fattibile se li iniziano subito. E’ auspicabile riavere la ferrovia aperta per l’estate perché è la stagione in cui viene utilizzata di più dai turisti».
Intanto va rilevato che l’uomo è sicuro di sé: “E’ fattibile se li iniziano subito“. Che sia, questa certezza di carattere tecnico-programmatico, retaggio di quando giocava con le macchinine e faceva brum brum? Va rilevato poi che l’uomo ha uno splendido senso della realtà: “E’ auspicabile riavere la ferrovia aperta per l’estate perché è la stagione in cui viene utilizzata di più dai turisti“. E qui, nell’avere amministratori così perspicaci, uno si sente davvero in una botte di ferro.
Vi ricordate Catalano? Diceva che è “meglio innamorarsi di una donna bella, intelligente e ricca che di un mostro, cretina e senza una lira”.