Da qualche giorno i nudi tabelloni in legno che erano stati installati per le vie del paese durante le calde giornate agostane, sono stati vestiti con dei pannelli informativi. In essi sono illustrati, sinteticamente, alcuni degli aspetti su cui si fonda la civiltà rurale dei nostri luoghi.
Il nome dato al progetto, un po’ pomposo, “Al museo Ladin de Loze”, è però di sicura efficacia in termini di attrattività turistica. L’idea di base è balenata a Francesca Larese Filon, che essendo anche presidente dell’Union Ladina del Cadore de Medo è adusa a questo genere di cose. L’Amministrazione comunale, di cui faceva parte, ha sposato il progetto che ora è sotto i nostri occhi.
Il finanziamento ha pescato nei fondi annuali messi a disposizione dalle legge n. 482 del 15 dicembre 1999 dal titolo “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche” di cui si può leggere il testo a questo indirizzo ed eventualmente un minimo di approfondimento in questo articolo sul blog del Ladino Cadorino.
La realizzazione dei 16 pannelli è stata curata dall’Union Ladina, per non dire che li ha realizzati Francesca Larese Filon, ricorrendo all’aiuto di Giovanni De Diana e Carla Laguna per la preparazione di quelli relativi, rispettivamente, ai fabbricati rurali ed alle lavorazioni nei campi. L’autrice si è poi avvalsa di lavori preesistenti di Corinna De Meio sull’utilizzo delle erbe e di Antonietta Baldovin sulle tecniche legate all’utilizzo della canapa e della lana. Lucio Eicher Clere ha infine corretto la grafia con la quale è stata espressa la nostra “parlata ladina”.
I testi esplicativi sono bilingui essendo scritti sia in italiano che in ladino cadorino (sottovarietà lozzese con venature di auronzano). La grafia utilizzata per il ladino è quella adottata dall’Istituto Ladin de la Dolomites a valere su tutto il territorio delle Comunità dei Ladini Storici della provincia di Belluno (per una trattazione esaustiva delle regole si può consultare un mio contributo sull’argomento dal titolo “Grafia ladina unitaria“).
Tralascio alcune considerazioni di carattere prettamente linguistico che non mi vedono d’accordo (ma che non interessano nessuno), per sottolineare che almeno su un pannello mi sarei aspettato una breve trattazione “politica” della questione ladina. Io avrei gridato con forza che questa è terra ladina e dolomitica, con particolarità e peculiarità che ne richiedono l’immediata autonomia, con lo sganciamento federativo da uno Stato italiano che ha soffocato e sta soffocando tutta la montagna italiana. E tutto ciò avvalorato dalla forza che dovrebbe dare ciò che resta di questa nostra identità linguistica che, purtroppo, ben poco ha trasfuso in identità di popolo e di territorio.
A questo proposito riporto un commento del Capitano delle Cernide relativo ad una discussione sul blog del Ladino Cadorino:
Qualche anno fa nel municipio di una cittadina della pianura veneta è stata affissa una targa sulla quale era scritto:
El segreto de ‘a feissità ze ‘a libertà e de ‘a libertà ze el corajo !
Pa’ fare servo e s-ciavo on popolo prima se compra i so poitici e dopo se scancea ‘a so cultura, se ghe toe ‘e so feste, i so costumi, ‘e so tradission.
Se ghe ciava co’ creanza i schei, se ghe sconde o se ghe imbroja ‘a so storia nasionae.
Se ‘riva anca a farghe fare ‘na guera contro i so fradei vissini e i fioi pi’ bei i more.
Se ghe rompe el fil de ‘a schena a forsa de farli lavorare e dopo se ghe cassa ‘na invasion de foresti che tuto inturbia smissia e ‘sassina.
Cussì ghe more anca ‘a dote più granda: ‘a so lengoa.
Pian pianeo el popolo perde ‘a so anima, no’ ‘l voe pì fare fioi e el scuminsia a desmentegarse queo che ‘el ze e queo ch’el ze stà.
Pesei Paghei Pichei
E’ forse una fotografia (triste ahimè!) del nostro Cadore odierno?
Sane!
Il Capitano delle Cernide
Non mi resta infine che ricordare a questa amministrazione che il 30 aprile 2009 è scaduto il termine per la presentazione di progetti per la tutela delle minoranze linguistiche legge 482, 15 dicembre 1999 (come questo che sto illustrando), senza che qualcuno si preoccupasse di elaborare una richiesta. C’era un po’ di confusione, è vero, in vista delle imminenti elezioni amministrative, e molti erano gli indaffarati a convincere e promettere. E’ andata così, senza nulla di fatto. Ma il prossimo 30 aprile ci sarà un’altra scadenza, e per allora sarebbe onorevole avere un buon progetto da presentare. Sempre che il nostro assessore alla cultura sia interessata alla “questione ladina”.
Sul programma elettorale della lista Lozzo Viva non c’e un accenno che sia uno, non dico al “popolo ladino” (che potrebbe avere in sé un ché di sovversivo), ma alla tutela della cultura ladina. Speron ben.
P.S. Se per il prossimo 30 aprile non avete idee, potete sempre sentire cosa dicono all’Union Ladina del Cadore de Medo, buttandola sul collaborativo …
Da qualche giorno i nudi pannelli in legno che erano stati installati per le vie del paese durante le calde giornate agostane, sono stati vestiti con dei pannelli informativi. In essi sono illustrati, sinteticamente, alcuni degli aspetti su cui si fonda la civiltà rurale dei nostri luoghi.
Il nome dato al progetto, un po’ pomposo, “Al museo Ladin de Loze”, è però di sicura efficacia in termini di attrattività turistica. L’idea di base è balenata a Francesca Larese Filon, che essendo anche presidente dell’Union Ladina del Cadore de Medo è un po’ adusa a questo genere di cose. L’Amministrazione comunale, di cui faceva parte, ha sposato il progetto che ora è sotto i nostri occhi. Il finanziamento ha pescato nei fondi annuali messi a disposizione dalle legge n. 482 del 15 dicembre 1999 dal titolo “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche” di cui si può leggere il testo a questo indirizzo ed eventualmente un minimo di approfondimento in questo articolo sul blog del Ladino Cadorino. La realizzazione dei pannelli è stata curata dall’Union Ladina del Cadore de Medo, eufemismo per dire che li ha realizzati Francesca Larese Filon, ricorrendo all’aiuto di Giovanni De Diana e Carla Laguna per la preparazione di quelli relativi, rispettivamente, ai fabbricati rurali ed alle lavorazioni nei campi. L’autrice si è poi avvalsa di lavori preesistenti di Corinna De Meio sull’utilizzo delle erbe e di Antonietta Baldovin sulle tecniche legate all’utilizzo della canapa e della lana. I testi esplicativi sono bilingui essendo scritti sia in italiano che in ladino cadorino (sottovarietà lozzese con venature di auronzano). La grafia utilizzata per il ladino è quella adottata dall’Istituto Ladin de la Dolomites a valere su tutto il territorio delle Comunità dei Ladini Storici della provincia di Belluno (per una trattazione esaustiva delle regole si può consultare un mio contributo sull’argomento dal titolo “Grafia ladina unitaria“). Tralascio alcune considerazioni di carattere prettamente linguistico che non mi vedono d’accordo (ma che non interessano nessuno), per sottolineare che almeno su un pannello mi sarei aspettato una breve trattazione “politica” della questione ladina. Io avrei gridato con forza che questa è terra ladina e dolomitica, con particolarità e peculiarità che ne richiedono l’immediata autonomia, lo sganciamento federativo da uno Stato italiano che ha soffocato e sta soffocando tutta la montagna italiana. E tutto ciò avvalorato dalla forza che dovrebbe dare ciò che resta di questa nostra identità linguistica che, purtroppo, ben poco ha trasfuso in identità di popolo e di territorio.
A questo proposito riporto un commento del Capitano delle Cernide relativo ad una discussione sul blog del Ladino Cadorino:
Qualche anno fa nel municipio di una cittadina della pianura veneta è stata affissa una targa sulla quale era scritto:
El segreto de ‘a feissità ze ‘a libertà e de ‘a libertà ze el corajo !
Pa’ fare servo e s-ciavo on popolo prima se compra i so poitici e dopo se scancea ‘a so cultura, se ghe toe ‘e so feste, i so costumi, ‘e so tradission.
Se ghe ciava co’ creanza i schei, se ghe sconde o se ghe imbroja ‘a so storia nasionae.
Se ‘riva anca a farghe fare ‘na guera contro i so fradei vissini e i fioi pi’ bei i more.
Se ghe rompe el fil de ‘a schena a forsa de farli lavorare e dopo se ghe cassa ‘na invasion de foresti che tuto inturbia smissia e ‘sassina.
Cussì ghe more anca ‘a dote più granda: ‘a so lengoa.
Pian pianeo el popolo perde ‘a so anima, no’ ‘l voe pì fare fioi e el scuminsia a desmentegarse queo che ‘el ze e queo ch’el ze stà.
Pesei Paghei Pichei
E’ forse una fotografia (triste ahimè!) del nostro Cadore odierno?
Sane!
Il Capitano delle Cernide
Non mi resta che ricordare a questa amministrazione che il 30 aprile 2009 è scaduto il termine per la presentazione di progetti per la tutela delle minoranza linguistiche legge 482, 15 dicembre 1999 (come questo che sto illustrando), senza che qualcuno si preoccupasse di elaborare una richiesta. C’era un po’ di confusione, è vero, in vista delle imminenti elezioni amministrative, e molti erano gli indaffarati a convincere e promettere. E’ andata così, senza nulla di fatto. Ma il prossimo 30 aprile ci sarà un’altra scadenza, e per allora sarebbe onorevole avere un buon progetto da presentare. Sempre che il nostro assessore alla cultura sia interessata alla “questione ladina”.
Sul programma elettorale della lista Lozzo Viva non c’e un accenno che sia uno non dico al “popolo ladino” (che ha un ché di sovversivo), ma alla cultura ladina. Speron ben. (se non avete idee potete sempre sentire cosa dicono all’Union Ladina del Cadore de Medo, buttandola sul collaborativo …)