l’Alto Adige (quotidiano) e quello stupido (sic) «o mio Dio» di @AstroSamantha
Quelli del Pompiere della Sera ne hanno combinato una più grossa, tale da far drizzare tutte le antenne a disposizione di Paolo Attivissimo – il Disinformatico per antonomasia – che erutta:
[…] Quindi piantatela, ufologi e giornalisti da quattro soldi, di scrivere che forse Sam ha visto un’astronave aliena. Non l’ha vista. Ha visto di meglio: s’è trovata davanti agli occhi una testimonianza spettacolare dell’ingegno umano. Ha visto una casa che sta nello spazio. […]
Sto parlando a te, Flavio Vanetti, e alla redazione del Corriere della Sera che è responsabile di ospitare queste tue parole: “a me suona tanto di bugia confezionata ad hoc”. Sto parlando a voi, Angelo Carannante ed Ennio Piccaluga, che esternate i vostri “dubbi sulla frettolosa spiegazione che ha dato del suo avvistamento ufo”. Che menti minuscole che avete: così ristrette che dovete sminuire tutti e misurarli col vostro metro. È colpa vostra, e soltanto vostra, se un argomento così bello e profondo come la vita extraterrestre è diventato una barzelletta.
Con la storiella degli “ufo” ci prova, con più garbo, anche l’Alto Adige (introducendo l’argomento con il caffè della Peppina che è fatto con l’urina: stile “del porco non si butta via niente”) che però ha il torto marcio di refusare (noi tutti crediamo al refuso, no?) scrivendo che @AstroSamantha “urla uno stupido «o mio Dio»”.
Anche se poi continua commentando “come se avesse visto qualcosa che l’ha stupita“. Per l’appunto, stupita. Quindi quell’urlo era “stupito”.
O no?
Suvvia dunque, correzione immediata, che sennò Sam ci soffre.
[…] E sulla missione c’è anche l’«ombra» degli ufo. In un filmato si sente Cristoforetti che urla uno stupido «o mio Dio» in inglese all’avvicinarsi della sua capsula Soyuz all’Iss, come se avesse visto qualcosa che l’ha stupita. Oppure spaventata. Tanto che il collega russo Anton Shkaplero le dice «tiho, tiho, tiho» («calma, calma, calma», in italiano). Ha poi spiegato che «gli enormi pannelli solari della Iss, erano inondati da una fiammata di luce arancione, vivida, calda» e «non ho potuto fare a meno di esclamare qualcosa ad alta voce».