Riflessione di carattere generale. Non è mica obbligatorio, ma si può usare anche “la sindaca“, se del caso. Attenzione invece alla dottora o alla professora, ché le forma in -essa (ma anche altre forme di uso comune) sono conservate (e suonano anche meglio no?: dottoressa, professoressa, sacerdotessa).
Peggio va con la “r” dimenticata in “esterefatta“, ché la versione corretta vuole, appunto, le erre “gemelle”: esterrefatta.
(l’errore è comune, dice la Treccani, sicché ci si può consolare: io, del resto, nel titolo di questo post mi sono dimenticato la seconda erre di Corriera delle Alpi.)
Peggissimo va allorquando “sindaco” lo si mette a braccetto con “esterefatta”. Andrebbe un filino meglio con esterrefatta, l’abbiamo già detto, ma i due generi, sessuale e grammaticale, continuerebbero a fare a pugni (si veda per questo: “La ministro è priva di grammatica. «Intervistata da Maria Latella su SkyTg24, il ministro ribadisce…» …”
Insomma, lì sulla Coriera delle Alpi, datevi una regolata, ché i nostri figli crescono abbeverandosi alla vostra fonte. Raccontatele pure, le balle, semmai, ma fatelo con un minimo di rigore grammaticale (e chiudiamo pure un occhio sulle derive “semantiche” di certi titoli: “Sei ore di lavoro per guarire il tubo rotto“) .