Bim-Gsp: quelli del PDL bellunese, ossia quelli dell’aumento del 30% delle tariffe dell’acqua
L’assemblea dei soci della spa Bim-Gsp è composta dai sindakos (tutti i sindaci bellunesi tranne due, graziati sulla via di Damasco). L’assemblea è per forza di cose “eterogenea”, non per niente alla fine si comporta in modo gregario, ossia come farebbe un gregge (ovviamente di pecore, senza offesa alcuna per i quadrupedi).
Il consiglio di amministrazione (Cda) è invece espressione “della politica”, ed è sempre stato monocolorato dell’azzurro del PDL, sempre. Al Cda sono affidati i compiti di governo dell’ente Bim-Gsp. Quindi in tutti questi anni è stato il PDL a governare in assoluto “regime di monopolio”. Sappiamo che Bim-Gsp versa in una situazione gravissima, se non compromessa, proprio a causa del malgoverno del PDL. Malgoverno? Osservare a cadenza quotidiana che il buco (esposizione verso banche e fornitori) aumenta di 27.000 euri, non è semplicemente malgoverno, è da girone dantesco.
Meglio ripeterlo: ogni giorno che il Cda del PDL è stato in sella (dal 2004 ad oggi) si sono accumulati 27.000 euri di buco.
Lasciamo da parte il collegio sindacale che era forse impegnato in attività letargiche. Lasciamo da parte il gregge assembleare dei sindakos (che ha disatteso ai suoi compiti di controllo dell’operato del Cda), di loro abbiamo già parlato. Non ci resta che capire una sola cosa: quelli del PDL bellunese, quelli che hanno inculato tutti i bellunesi, la gente bellunese, la loro gente, assassinando con il loro voto di sfiducia la Provincia, in questi tempi che definire burrascosi è un gentile eufemismo, sono quindi anche i diretti responsabili dell’aumento del 30% delle tariffe dell’acqua (1-aumento da mettersi in conto a meno di ricorsi dagli esiti non certi; 2-a cui vanno aggiunti i già approvati aumenti del 5% annuali per 20 anni di fila).
Sapevatelo.
A una congrega partitocratica di tal fatta (che già è data livello italico in crollo al 20%), bisognerebbe dare una sonora legnata elettorale. Tra poco, alle amministrative, e nel 2013, ammesso che il Financial Times non costringa Monti a trascinarsi oltre la scadenza naturale della legislatura (cosa non certo da escludere a priori).