il piddino e la propensione europeista
(via @KappaRar)
Solo perché ogni tanto giova ricordare come siamo messi, quanto l’euro – cioè la “prepotenza” industriale tedesca senza la possibilità del riallineamento valutario delle economie – abbia finora soffocato l’economia italiana e stia ora stritolando la “ripresa” dell’Italia. E anche per ricordare che prima ce ne andiamo dall’Italia e meglio è.
Il Mortadella ci ha trascinato nell’euro raccontando, insieme a Ciampi, un sacco di balle ai tedeschi (che le conoscevano tutte, che hanno fatto finta di crederci lasciandoci entrare ed incatenandoci alla moneta, ottenendo il risultato di addomesticare il più grande competitor che avevano tra le balle in termini di industria manifatturiera).
Anche tra i padri fondatori dell’euro, quelli che hanno sparato cazzate fotoniche per anni, sta iniziando ad insinuarsi il dubbio che così le cose non possono andare avanti. Sentir parlare il Mortadella, ora, fa perfino tenerezza. La parte nella quale parla dei 240 miliardi di surplus della bilancia tedesca è penosissima, perlomeno per chi tutto ciò l’aveva previsto prima che tutto avesse inizio. Guardatelo, sembra un barboncino spaesato preso a pedate dalla storia: dategli un osso e che se ne vada in un angolo in ombra a rosicchiarselo.
Se non ce la fate a sentir parlare il prodino, poco male, dovreste sentire cosa ha da dire l’economista Emiliano Brancaccio (de sinistra) sull’insostenibilità delle divergenze che l’euro ha creato ed è destinato a mantenere (dal minuto 3:10). Alla fine dall’euro usciremo, è matematica (come si usa dire, il problema non è se usciremo ma quando e soprattutto a quali condizioni). Dice Brancaccio: “Alla fine, proseguendo di questo passo resterà una sola scelta ai decisori politici: scegliere tra modalità alternative di uscita dall’euro”.
Prima ti catapultano nell’euro raccontandoti che sarebbe stato il nostro trampolino di lancio per un avvenire radioso. Poi le ombre si addensano fino a diventare una tetra e vischiosa realtà quotidiana. Allora, di fronte alle piaghe di oggi (e quelle che verranno), ne prendono atto. Oltre alle panteane euriste ed europeiste monti e prodi c’è anche quella di amato che, se non altro – ma non è un’attenuante, è solo la solita furbizia – lo riconosce con velata sofferenza.
[…] Era davvero difficile che funzionasse e ne abbiamo visto, tutti, i problemi.
No caro amato: non tutti, solo alcuni (ma, naturalmente, eravamo in ottima compagnia).
Letta, l’ochetta giuliva europeista ad oltranza, già si era scagliato contro il populismo anti UE: “Siamo pronti anche in Europa ad affrontare e combattere i movimenti populisti antieuropei, i Tea Party di casa nostra”. Da qui alle prossime elezioni europee c’è da scommettere che la burocratura comunitaria di stanza a Bruxelles ed i capibanda dei partiti italioti si daranno da fare per criminalizzare gli antieuro ed antieuropeisti (da segnalare sempre che l’antieuropeismo che sta emergendo è da porsi in relazione al tipo di Europa costruita finora, un baraccone la cui legittimità non è stata suggellata da nessun popolo europeo) rinfocolando la retorica cara al PUDE, partito unico dell’euro.
Bene. Benissimo.
L’euro-ochetta giuliva dà prova di tutto ciò in un’intervista dove dice di:
“essere un grande tifoso di Van Rompuy e di Barroso, due personalità che stanno facendo bene, che hanno dimostrato una grande conoscenza delle istituzioni europee”
E’ anche per questo che ti abbiamo riservato e ti riserveremo lo stesso trattamento di favore concesso a monti, il ragioniere che “ha capito subito che l’euro era un successo“. Gonfiandosi il petto, barzel-Letta … “conclude che urge una grande battaglia europeista: l’Europa dei popoli contro l’Europa dei populismi“.
Ma che cavolo vuol battagliare che gli si allunga sempre il naso: sull’IMU, sulla ripresa che c’è, non c’è ancora, ci sarà (vedi le dichiarazioni di Saccodanni). Sulle tasse che dichiara in calo e che invece la CGIA denuncia in aumento di 1,1 mld di euro per il 2014. Perfino sul porcellum-mattarellum si è dato un’autocazzuolata di letame da se medesimo (che bisogno c’era di fare quella figura del pirla: qui e quo). E poi si vede che in testa c’ha le “pezze al culo“.
Lezioni sull’euro del prodino: 1998. E questo pagliaccetto è stato anche in corsa per il Quirinale (post scaramantico dell’epoca uno e due), prima di venir affondato dai 101 pidioti. Comunque è vero: del maiale non si butta via niente (magari torna utile alla prossima tornata; se poi il Napo accelera, tanto meglio).