La Corte di Cassazione ha dato il via libera al comune di Comelico Superiore all’indizione del referendum per il passaggio alla regione Trentino Alto Adige (data ancora da destinarsi). Ora, non dovrebbe essere azzardato prevedere che il risultato finale sarà migliore di quello avutosi per Pieve, pari argomento, allorquando i pantofolai pievesi (con tale epiteto ricomprendo per comodità anche i frazionisti di Sottocastello, Pozzale, Nebbiù e Tai) non riuscirono a mobilitarsi e garantire, perlomeno, il quorum; la corsa finì infatti con una Caporetto condensata nel 20% di partecipazione degli aventi diritto.
Primo perché l’identità è ancora sentimento profondamente sentito dalle parti del Comelico, mentre a Pieve quando parli di identità pensano principalmente alla carta, quella d’identità, per l’appunto (qui si fa riferimento al pievese medio). Perché in Comelico hanno (ancora) conservato il senso dell’identità linguistica, che amplifica e impreziosisce la più generale identità culturale, mentre i pievesi (con l’eccezione di Pozzale) si trovano a blaterare una parlata più corrotta, in termini linguistici, di un funzionario del Punjab. Perché il passaggio richiesto è verso l’Alto Adige e non verso il Friuli, entità geografico-amministrativa che nonostante i proclami del sindaco di Pieve riguardanti i secolari legami e rapporti intrattenuti dal Cadore con quelle terre è sentita più lontana della Luna.
Perché non ci sarà in Comelico, è un augurio questo, un sindaco che i giorni pari inneggia all’unità del Cadore e i giorni dispari appoggia il (sacrosanto) referendum secessionista. La gente che va di corsa non ti capisce e viene disorientata: ma la sindachessa ci teneva più a dimostrare di non voler “spaccare” il Cadore piuttosto che a spiegare le ragioni di quel referendum che pur ha appoggiato; bastava dire con chiarezza che col Friuli alla fine non ci saremmo andati, ma che quello era l’unico modo per dare dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, tanto a Venezia quanto a Roma, dei profondi disagi che il bellunese sta attraversando e della necessità improcastinabile del conferimento di qualche forma di autonomia per aiutare la sopravvivenza della gente che abita queste terre.
Perché Pieve di Cadore è sicuramente un comune in declino: in quale altro modo si può definire un comune con più di 4000 abitanti che non riesce a produrre un’offerta politica tale da garantire una seconda lista alla comunali (necessità che ha spinto l’attuale maggioranza alla creazione di una lista civetta per evitare di vedersi bocciati dal quorum, che infatti non è andato oltre il 46%; per onor di cronaca, in quel 46% i voti espressi per la maggioranza furono l’81%, a dire che il sindaco odierno governa con il 37% dei voti espressi).
Speriamo quindi che il referendum di Comelico Superiore cancelli l’onta della Caporetto di Pieve (il cilicio e la vaselina del 20%) andando anche ben oltre il 54% di Taibon (con i sì al 97%) che pur è stato un risultato formidabile.