La differenza tra lo Stato (del cazzo) e Booking.com
L’Italia è uno Stato del cazzo; ciò è già sufficiente a garantire che se ci sono risorse disponibili per lo sviluppo, o per l’uscita da alcuni aspetti da terzomondismo – con il dovuto rispetto per i paesi del terzo mondo che ormai ci tallonano da presso – come sono quelli legati alla visibilità delle piccole strutture turistiche, lo stato (del cazzo) tenderà ad avvolgere tutto con la sua ragnatela soffocante.
Ecco un esempio di ingerenza dello stato (del cazzo) in campo turistico tratto da un articolo che può essere letto per intero sul sito leoniblog.it (gli ultimi due paragrafi sono, diciamo, eloquenti):
La differenza tra lo Stato e Booking.com
In Italia, il 35% delle prenotazioni alberghiere viene ormai effettuato online, ed è una percentuale in continua crescita. Il che, d’altronde, non può sorprendere: i siti di comparazione tra alberghi, oggi, non solo offrono in modo accessibile cataloghi vastissimi di strutture ricettive di ogni genere, ma spesso garantiscono agli utenti il miglior prezzo disponibile. Ciò comporta enormi vantaggi per i consumatori, […]. Ma non solo: a guadagnarci sono state quelle strutture ricettive che, per le loro dimensioni ridotte, prima dell’avvento di internet avevano molte difficoltà a guadagnare visibilità, specie a livello internazionale, tramite i canali “tradizionali” (pubblicità, agenzie di viaggi).
Alcune associazioni di categoria, tuttavia, sostengono che i colossi del web abusino della loro posizione dominante per imporre condizioni insostenibili agli alberghi: tra queste, spicca l’ammontare delle commissioni, che arriva al 30% di ogni prenotazione, e la cosiddetta “Parity Rate”, cioè la garanzia che, per ogni struttura che compaia sul proprio catalogo, il prezzo di prenotazione sia sempre il più basso che si possa trovare sul web. […].
A quanto pare, un emendamento al Ddl Concorrenza in discussione alla Camera potrebbe impedire l’utilizzo delle clausole di Parity Rate, […].
Non fa una piega. Peccato che Booking ed Expedia non obblighino nessuno a usufruire dei loro servizi: chi decide di farlo deve accettare delle condizioni, com’è normale che sia. Se è tanto ricattatorio, basta non usufruirne. Un albergo che decida di farne a meno è già libero offrire la sua camera a 90 Euro, come ventilato da Federalberghi. Così come chiunque è libero di aprire il proprio sito di prenotazione alberghi, mettendosi in concorrenza con Booking ed Expedia, proponendo condizioni più favorevoli e così convincendo gli operatori a utilizzare solo quel portale.
Il fatto che una limitazione del genere, poi, sia contenuta nel Ddl concorrenza è a dir poco paradossale: mentre lo Stato stava a guardare, sono stati proprio siti web come Booking ed Expedia ad aumentare la concorrenzialità del settore, facendo diminuire i prezzi e aumentando la qualità e l’accountability delle strutture ricettive di tutto il mondo.
Booking ed Expedia hanno guadagnato negli anni la fiducia di milioni di clienti e albergatori, che usufruiscono spontaneamente di quel servizio e che, da un momento all’altro, possono decidere di non usarlo più. Lo Stato, d’altra parte, vuole intervenire coattivamente per limitarne la portata, così sconfessando la volontà di tutti gli operatori che oggi ne usufruiscono (Booking, Expedia, albergatori e consumatori), senza che i diretti interessati possano sottrarsi a quanto deciso. Da che parte sta la democrazia?