A PROPOSITO DI FASE 2 E DI MANCATA APERTURA DEI LUOGHI DI CULTO
di Giuseppe Zanella
Premetto di essere un modestissimo cattolico che frequenta normalmente la S. Messa domenicale e che la materia (disputa) trattata nel titolo appare cosa da usare con la necessaria oggettività, senza acredine e rinfocolamento di polemiche di natura politico-ideologica, come invece, purtroppo, fatto da molti in queste ore. In ogni caso, ritengo opportuno dire la mia su di un argomento così scottante e controverso, che vede molti ambienti cattolici esprimersi, a mio modo di vedere, senza la necessaria ponderatezza e rigore su decisioni prese o da prendere in un contesto di inaudita gravità quale è quello in cui ci è dato vivere. Ho dato una scorsa alle notizie di stampa sul dpcm illustrato dal presidente Conte nella sua ultima conferenza stampa; ritengo che un tale provvedimento di molto timida apertura presenti un panorama composto da molti chiaroscuri.
La complessità e la delicatezza della materia e le sue implicite conseguenze non possono non farci comprendere che la responsabilità delle decisioni in itinere farebbe tremare le vene ai polsi di chiunque, anche nella considerazione che la fase 1 non è ancora del tutto conclusa in certe regioni e zone del paese, mentre le conseguenze della stasi produttiva si fanno ormai prepotentemente sentire. Di qui le possibili critiche a taluni aspetti del dpcm, ad esempio circa l’anacronismo del concetto insito nel termine “congiunti” e nella sua “decifrazione” (congiunti solo di sangue? di affinità? di vincoli genericamente affettivi o amicali? di unioni di fatto?). Ha poi suscitato clamore la mancata apertura al culto delle chiese (anche delle sinagoghe e delle moschee ecc.).
Di particolare durezza è stata la presa di posizione di taluni ambienti della Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Cito soltanto alcune di queste prese di posizione. Il cardinale Bagnasco (ex presidente CEI ed ora presidente dei vescovi europei) afferma che è inaccettabile che si prospetti l’apertura dei musei e non delle chiese… C’è poi la dichiarazione del vescovo Giovanni d’Ercole (ex volto tv) che afferma testualmente: “E’ dittatura impedire il culto perché trattasi di un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione. Su questo non possiamo fare sconti. La chiesa non è luogo di contagi (?). I funerali ce li avete fatti fare come dei cani. La gente ha sofferto”. Più soft quanto scrive Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, che accenna ad “errori che si possono fare e si possono riparare”.
Meritano, a questo punto, solo una semplice annotazione le prese di posizione di politici dello stampo dei Salvini e dei Renzi, che usano linguaggi di un certo scomposto radicalismo, nonostante la vulgata li faccia rispettivamente esperti in misticismo e in ascetismo. Qui, però, entrano in gioco valutazioni ed argomentazioni di bassa lega politica nella spasmodica ricerca di visibilità e di consenso, ora in una fase di un certo declino (almeno secondo i più recenti sondaggi).
CONSIDERAZIONI
L’accostamento fra (ipotizzata) apertura dei musei e quella (denegata) delle chiese, a mio modesto parere, non regge tecnicamente. Nei musei, infatti, “il distanziamento sociale”, pur se difficoltoso, è possibile. In chiesa, la cosa non sarebbe proprio attuabile non potendo immaginare il contingentamento degli ingressi ed il conseguente distanziamento; sarebbe infatti inimmaginabile e assurdo limitare gli afflussi con immissioni od estromissioni discriminanti fra i fedeli (in base alla età? In base al momento dell’arrivo?), a meno che non si voglia proprio stabilire un ‘quantum’ per ogni celebrazione… Esiste poi il problema delle mascherine: si entrerà nel luogo di culto indossandole? E le preghiere ed i canti?! Mons. Giovanni d’Ercole afferma che la sua esperienza gli consente di dire che le chiese non sarebbero luogo dove di propaga l’infezione; il Comitato tecnico scientifico è di diverso avviso… Con tutto il rispetto, il vescovo è un esperto teologo, i membri del Comitato sono invece virologi ed epidemiologi…
Che cosa avverrebbe poi se l’epidemia dovesse riprendere (e non solo per l’apertura dei luoghi di culto, ma anche delle scuole e di altri siti dove gli assembramenti risultassero evidenti e non ovviabili?). La conseguenza sarebbe un chiudere e sigillare di nuovo tutto, con una pandemia di ritorno dagli esiti gravissimi ed inimmaginabili. Notizie di stampa odierne rivelano che il Comitato Scientifico sarebbe giunto alla conclusione che, in caso si fosse operata una apertura generalizzata, il ritorno della infezione in grande stile richiederebbe 151.000 posti in terapia intensiva per altrettanti colpiti, ed a fine anno i colpiti risulterebbero, sempre in terapia intensiva, in numero di ben 430.000. Perché allora questa presa di posizione senza contemplare un voler attendere qualche settimana per…”vedere che effetto che fa” la prudente apertura ora in itinere?
Per inciso, sembra che proprio oggi, in Germania, la già effettuata apertura, abbia provocato un subitaneo innalzamento dei contagi. Concludo queste mie considerazioni mettendo in risalto quanto costituisce compendio a tutto quanto sopra esposto, ossia le brevi dichiarazioni di papa Francesco fatte nel corso della S. Messa celebrata a S. Marta in data di ieri: “In questo tempo, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena, preghiamo il Signore perché dia al Suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni perché la pandemia non torni”.
Più che una dichiarazione, si tratta di una preghiera ispirata, fatta con una esortazione formulata al Signore con poche, sagge implorazioni. Una posizione ben diversa dalle dichiarazione di alcuni esponenti della gerarchia. Con questo, non voglio mettere in risalto una contrapposizione fra il Sommo Pontefice e parte dell’alto Clero (del resto, difficile da sostenere), e ciò appare tanto evidente dalla pacatezza della preghiera pontificale, che mette però opportunamente in risalto la posizione ufficiale della Chiesa, impostata e finalizzata al bene collettivo sia dei fedeli che dell’intera cittadinanza.