Commento a: ‘Si può criticare chi ci governa?’
(Commento all’articolo “Si può criticare chi ci governa?” apparso sul bollettino parrocchiale Pasqua 2011 di Lozzo di Cadore nella rubrica “Informazioni civiche – Dal Comune”)
di Cagliostro
Sull’argomento ha ampiamente disquisito il redattore con considerazioni, a mio modo di vedere, corrette e puntuali e, pertanto, condivisibili.
Voglio comunque portare anch’io un modesto contributo di idee rispondendo alla domanda provocatoria e, ad un tempo, pleonastica ma per niente peregrina, posta dall’ignoto autore (presumibilmente, lo stesso sindaco, visto che, nello stesso contesto, formula gli auguri, anche a nome del Consiglio Comunale, di Buona Pasqua alla cittadinanza).
Prima però di addentrarmi nel commento richiamato nel titolo, desidero esprimere una mia sensazione in riferimento a quanto già detto di recente (vedi ultimo mio articolo “A proposito di esternazioni scritte al limite della bestemmia” e quanto precedentemente detto sull’uso – che considero strumentale – della rubrica ‘Informazioni civiche” e di quell’altra analoga “Dal Comune”). Nel Bollettino odierno la nota del Parroco, con i ricordati rilievi su esternazioni simil-bestemmia, appare fisicamente collocata nella medesima pagina inneggiante alla benefica attività promozionale per il nostro paese svolta e da svolgere tra le antiche mura dell’Auditorium. Per di più, l’intervento di Don Belli (la richiamata nota) appare sulla pagina accanto a quella scritta dall’autorità civile, ora oggetto delle mie considerazioni.
Tutto questo per dire che, aprendo il Bol-Par alle pagine dirimpettaie 10 e 11, si ha la plastica visione e sensazione della vicinanza delle due sponde del Tevere, metafora spadoliniana da me recentemente citata in uno dei miei numerosi interventi su questo Bloz (3/4/2011). Sembra quasi che potere religioso e potere civile si vogliano vicendevolmente sostenere mettendo in campo medesime tesi giustificatorie in fatto di possibili critiche provenienti da una parte dei cittadini. Insomma, qualche cosa che appare perfino concordato… E qui mi fermo per poter entrare in tema.
La domanda posta come esordio del probabile pensiero manfrediano, pur apparendo – lo ripeto – provocatoria e, paradossalmente, pleonastica, attiene e sottende un dilemma di grande rilievo ed attualità nella vita politica locale e non solo… L’autore si pone e ci pone infatti un quesito inerente elevati concetti di ‘filosofia della politica’, i quali richiederebbero però disquisizione di ben altra caratura rispetto a quello che si può cogliere leggendo le striminzite enunciazioni, tra l’altro con un periodare molto scorrelato, insite nel trattaterello.
Il filosofo della politica (o il politico della filosofia?) par di capire voglia rispondere affermativamente alla esiziale domanda; secondo lui, infatti, la critica è possibile a patto che sia COSTRUTTIVA, aggettivazione intesa come contributo, come segnalazione su temi e problematiche di pubblico interesse, che gli amministratori, evidentemente, non riescono a cogliere.
La critica costruttiva viene insomma considerata alla stregua di ausilio all’opera meritoria e riformatrice di Lor signori e non si capisce bene se l’aiuto atteso, auspicato e prestato sia soltanto funzionale allo sviluppo del bene comune o non sia piuttosto un modo strumentale al fine di perpetuare un potere che fin qui ha fatto poco e male (e su quanto di quel poco fin qui fatto e sul modo come è stato fatto la critica su questo Bloz è stata sempre stringente e puntuale).
Dice poi l’autore, quale novello Kant proveniente dalla Magna Grecia, che ove la critica fosse invece DISTRUTTIVA, essa mancherebbe di liceità e sarebbe cosa da condannare. Il moloch filosofico apparso sul Bol-Par a sostegno delle tesi sulla dicotomia della Critica (costruttiva? distruttiva?) impasta questa concezione con frasi alquanto melliflue e sibilline, quali, ad esempio, questa:
“Un giudizio concreto è indispensabile, a differenza del giudizio prevenuto che allontana dalla realtà creando solo confusione e offuscando la verità”, oppure quest’altra:
“La conoscenza delle molteplici procedure burocratiche, alquanto volubili (?) in questi ultimi tempi, non è cosa facilmente acquisibile, salvo per chi, per prerogativa (?), è convinto di conoscerle (le procedure?) in tutte le sue complessità. Tale arroganza (?) può essere generata da una critica distruttiva, nemica degli interessi comuni”.
Lascio ai lettori il giudizio su queste ‘sentenze’ inquisitorie, su chi creerebbe ‘confusione’ e ‘offuscherebbe la verità solo perché, magari con giuste motivazioni, si permette di dissentire dall’operato del filosofo della Magna Grecia e dei suoi sodali. Enfatica e davvero eclatante appare poi l’affermazione che chi pratica la critica (distruttiva, ndr) avrebbe la prerogativa di essere convinto di padroneggiare “procedure alquanto volubili (sic)” e dimostrerebbe di essere ‘arrogante e nemico dell’interesse comune’.
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Tutto quanto fin qui esposto merita comunque una confutazione radicale le cui basi sono probabilmente sfuggite all’ineffabile autore della dotta disquisizione politico-filosofica. La patente di critica, costruttiva o distruttiva che sia, chi la dovrebbe dare? Di sicuro dovrebbe essere un soggetto terzo, imparziale. Non di certo chi, come nel nostro caso, è l’oggetto di “attenzionamento” (brutto termine invalso solo fra magistrati). Non può quindi essere il sindaco e la sua maggioranza a valutare la qualità della critica. Si tratterebbe di un palese conflitto di interessi, di un controllato che assume anche la veste di controllore… Suvvia, un pò di modestia non guasta mai, ma soprattutto non guasta fare uso di buon senso (merce rara di questi tempi!).
Ma questo ragionamento sulla legittimità o meno del giudizio sulla critica ed a chi eventualmente compete, è un ragionamento puramente teorico giacché io sono fautore del prevalente pensiero che la critica non ha e non deve avere aggettivazioni, è cosa che denota passione, interesse e coinvolgimento verso la cosa o verso chi è oggetto di possibili rilievi. Dirò di più: la critica è oggettivamente sempre costruttiva.
Parafrasando Don Milani che affermava: “Chi ama la Chiesa, critica la Chiesa”, io dico: “Chi ama il proprio Comune (la propria terra) critica i suoi amministratori perché ciò vuol significare che si ricerca, attraverso il controllo ed una azione di pungolo, che venga veramente fatto il BENE collettivo“.