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CGIA: le imprese delocalizzano inseguendo la certezza del diritto
La CGIA ha recentemente pubblicato due righe sul fenomeno della delocalizzazione. Credevo – sinceramente – che questo fenomeno fosse dovuto principalmente alla necessità di abbattere i costi del lavoro, motivo per il quale uno si aspetta che la delocalizzazione abbia come destinazione Paesi … “in via di sviluppo”, dove i salari sono bassi e le regole del mercato del lavoro hanno maglie molto larghe. Invece no: si delocalizza in Francia, Stati Uniti, Germania, Spagna. Al massimo si va in Romania, ben poche in Cina.
Viene quindi a crollare – ed è un bene assoluto – il “mito” secondo il quale le aziende delocalizzano abbagliate dai lauti guadagni conseguibili sulle spalle dei contenuti salari corrisposti. No, si delocalizza soprattutto per avere la certezza del diritto: vedi Francia … (un altro motivo per cui andare fieri di quest’itaglia):
[…] Il Paese più attrattivo per i nostri imprenditori è la Francia: sono 2.562 le aziende italiane che hanno trasferito una parte della propria filiera produttiva nel paese Transalpino.
“Un elemento di forte richiamo – prosegue Giuseppe Bortolussi – è la certezza del diritto. In Francia, ad esempio, i tempi di pagamento sono più puntuali e più rapidi di quanto avviene da noi. La giustizia francese funziona e chi non paga viene perseguito e sanzionato. Senza contare che i tempi di risposta delle autorità locali sono strettissimi, al contrario di quanto succede in Italia dove l’unica certezza sono i ritardi che accompagnano quasi ogni pratica pubblica”.
Dopo la Francia, tra i Paesi che hanno attratto gli interessi delle nostre imprese troviamo gli Stati Uniti (2.408 aziende), la Germania (2.099 imprese), la Romania (1.992 unità produttive) e la Spagna (1.925 aziende). La Cina è al settimo posto, con 1.103 imprese italiane che hanno scelto di proseguire la propria attività produttiva in estremo oriente.
Le Regioni più investite dalla “fuga” delle proprie aziende verso l’estero sono quelle del Nord. In Lombardia se ne contano 9.647, in Veneto 3.679 in Emilia Romagna 3.554 e in Piemonte 2.806. Messe tutte assieme costituiscono oltre il 72% del totale delle imprese che hanno lasciato il nostro Paese.
p.s. si veda anche, per alcuni risvolti similari, l’articolo efficienza della giustizia civile: Belluno quasi peggiore del profondo sud
Napolitano, che simpatico vecchietto
Nota quirinalizia (Il riconoscimento delle autonomie e la tutela delle minoranze principi fondamentali della Costituzione insieme con l’unità e indivisibilità della Repubblica):
[…] Naturalmente in uno Stato democratico a struttura federale o a forte vocazione autonomistica come l’Italia, è sempre viva e complessa la dialettica che si sviluppa nelle relazioni tra governo e amministrazione centrale e autonomie regionali e locali.
Alto Adige-Südtirol: è ora di prendere congedo dall’Italia?
Lo ho già detto altre volte: per fortuna che esistono le autonomie del Trentino e dell’Alto Adige a dimostrare come dovrebbe essere l’Italia del futuro. Altrimenti dovremmo ricorrere alle forme di stato federale a noi più vicine, ma sempre tanto tanto distanti, come la Germania, l’Austria, la Svizzera, gli Stati Uniti.
Questi territori sono la dimostrazione “vivente” di come dovrebbe funzionare il federalismo: si tengono il 90% del gettito fiscale che viene generato sul proprio territorio e con questo gestiscono “quasi tutto”, con risultati eccellenti che sono sotto gli occhi di tutti. Ma c’è sempre qualcuno che crede che questi siano privilegi: NO!! Questo è sostanziale federalismo, mentre “autonomia” è da riferirsi alla capacità, disgiunta dallo Stato centrale, di produrre leggi tagliate apposta sulle esigenze dei territori e della gente che li abita.
Capita che se ti attaccano questa tua conquistata “autonomia”, che dimostra quotidianamente quanto lo Stato italiano sia, al loro confronto, puro letame (e ribadisco che è un bene divino che il TAA funga da benchmark per quella parte d’Italia che vuole affrancarsi dal peso di uno Stato ladrone), ed ecco allora che ogni tanto bisogna ricordare agli italici menestrelli (coglioni) che il Südtirol, dall’Italia, se ne potrebbe anche andare via.
Da Linkiesta:
In Alto Adige tornano a chiedersi: «Via da Roma?»
Lo fa, con una copertina che non mancherà di far discutere, il principale settimanale altoatesino, FF. «Autonomia sotto attacco. È ora di prendere congedo dall’Italia?»
quelli del PD: ‘anonimi compagni, amici che restate …’
Non certo per par condicio – considerato l’articolo di ieri quelli del PDL: via, vanno mandati via e basta! – ma capita di doversi interessare anche di quella melma che è il PD. La discussione – sempre coagulata attorno alla presentazione della nuova proposta politica “Fermare il Declino” – lo ammetto, può apparire più accademica che pratica, ma agli interessati non mancherà di offrire ottimi spunti sui quali riflettere.
Sandro Brusco e Michele Boldrin, firmatari del manifesto Fermare il Declino, “dialogano” lungamente con il “Compagno che resta nel PD”:
No, non vi chiediamo di propagar le verità sociali. Vi chiediamo di riflettere. È veramente il PD lo strumento migliore per fermare il declino italiano?
Caro Compagno Che Resta nel PD,
abbiamo discusso parecchio, con te e altri come te, durante il mese che ha preceduto la pubblicazione del manifesto su ”fermare il declino”. La discussione si è svolta sempre su due piani. Il primo piano era quello della discussione concreta sulle cose da fare. Pochi contrasti in questa area: ci dicevi che l’insieme di proposte era, per usare le parole della canzone, ”se non del tutto giusto quasi niente sbagliato”. Le discussioni su aspetti marginali ci sono sempre, ma era chiara la condivisione di fondo sia dell’impianto analitico sia del grosso delle proposte.
[…] Il paese non può aspettare dieci o venti anni che il PD ”maturi”. È urgente fare di tutto perché la prossima legislatura non venga buttata al vento, come è avvenuto con questa (e quella precedente, e quella precedente ancora…). Basterebbe questo in verità a sconsigliare la permanenza nel PD. Dopotutto gli esseri umani che ora reggono le sorti del PD hanno governato dal 2006 al 2008 e dal 1996 al 2001 (alcuni di loro anche in tempi precedenti, ma transeat). Dicci, fratello, quali fra costoro sarebbero, a tuo avviso, capaci anche solo di comprendere ciò di cui il paese ha bisogno?
[…] Il problema di promuovere l’efficienza nella fornitura pubblica di sanità ed educazione venne in buona misura ignorato, o per scarsa comprensione o per ossequio alle forze sindacali alleate.
[…] Al contrario, praticamente sempre, l’apparato dello Stato – quello concreto, compagno/amico, quello fatto di alti funzionari, direttori generali, boiardi delle imprese pubbliche, magistrati prestati all’amministrazione, eccetera: quelli che guadagnano tutt’ora cifre non viste in ogni altro paese occidentale – lottò per mantenere la sua influenza nelle imprese che stava vendendo, cercando di mantenerne il controllo mediante partecipazioni azionarie e golden shares. Pensa, tanto per dire, alle fondazioni bancarie …
[…] Quale speranza esiste che nei prossimi mesi la deriva manifestata dal centrosinistra negli ultimi 15 anni possa essere rovesciata? Nessuna. Questi 15 anni dovevano e potevano essere usati per riflettere sul ruolo dell’economia di mercato per promuovere l’innovazione, per ridisegnare gli incentivi nel settore sanitario e nell’educazione, per ripensare l’opportunità della attuale, soffocante, tassazione di lavoro e impresa. Per riflettere, insomma, sullo stato vero, quello materiale fatto di ministeri e regioni, non quello astratto e sapiente dell’antico leninismo. Nulla di ciò è avvenuto. È avvenuto qualcos’altro. È avvenuto il Prodi bis, un governo che ha aumentato le tasse sui precari per finanziare un abbassamento dell’età pensionabile riservato ai fortunati appartenenti alla generazione giusta e ai settori giusti.
[…] Infine: qual è il livello di coinvolgimento dei suoi dirigenti nel sistema della casta che, dalle fondazioni bancarie alle municipalizzate, tanto danno crea al paese? Quanto consenso ha il partito nelle zone e nei ceti più produttivi del paese? Quali sforzi ha fatto per recuperare il consenso in quelle zone e di quei ceti? Sforzi veri, correlati da riflessioni su come abbassare in modo credibile e realistico la pressione fiscale e su come aumentare l’efficienza dello Stato, non battute propagandistiche.
Facci sapere. Noi attendiamo pazienti. La cosa che andiamo creando è aperta, è un movimento reale che vuole cambiare lo stato di cose presenti …
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quelli del PDL: via, vanno mandati via e basta!
Per quel poco che conto ho dato nei giorni scorsi spazio alle proposte di “Fermare il Declino”, una nuova seria speranza di portare almeno la luce in questo mondo di tenebre ed obnubilamento culturale, sociale ed economico.
Quelli del PDL, fra cui emergono i volponi Alfano e Brunetta, in questa sfortunata (per loro) circostanza, si sono affrettati a scopiazzare alcuni punti programmatici che poi hanno offerto al pubblico languore. Si tratta di quattro dati, i soliti, legati però da una logica che non lascia spazio ai noti e favolistici deliri di finanza creativa cui ci ha abituati Voltremont (Tremonti): se tiri la coperta da una parte, diventa corta dall’altra.
Comunque, quelli del PDL ci hanno provato ancora, e non sarà l’ultima, ad intorbidire le acque. I redattori del sito noisefromamerika se ne sono accorti e hanno preparato una gustosa disamina che, per essere gustata fino in fondo, va naturalmente letta per intero. Qui l’inizio del “dileggio”:
Avete presente quegli studenti un po’ zucconi che proprio non ci arrivano e allora cercano di copiare? Ma che sono così zucconi che, siccome appunto proprio non ci arrivano, perfino quando copiano riescono a infilarci degli errori? Bene, la politica italiana ci ha offerto un altro illustre esempio di questa variegata umanità.
Il PdL, ci viene detto, ha elaborato una proposta di abbattimento del debito pubblico. La proposta è stata illustrata da tal Angelino Alfano, gestore pro tempore del partito in attesa del ritorno del padrone, di cui conoscevamo le doti di leguleio ma di cui ignoravamo la lucidità di pensiero su temi economici. Il PdL, dicevamo, ha messo insieme un po’ di gente e ha ”elaborato una proposta”.
Qui la fine:
Insomma, un disastro. Un altro esempio, se mai ce ne era bisogno, di una classe politica fallimentare e allo sbando. Via, vanno mandati via e basta.