In rete la faccenda dell’Ici che la Chiesa non paga è stata stradiscussa. Faccio qui riferimento a quella parte di immobili che vengono usati prevalentemente a scopi commerciali escludendo quindi quelli usati a solo scopo di culto. Di far pagare l’Ici alla Chiesa se ne è scordato anche Monti. Da un catto-bocconiano non è che ci si poteva aspettare che strozzasse subito la pretaglia. Ci vorrà del tempo. Ma arriverà, arriverà anche per la Chiesa il tempo di pagare le tasse.
La Casta politica ha tirato così lungamente le corde dei privilegi che ora, se non mette mano ad una drastica riforma di tali privilegi, rischia il linciaggio popolare. Non sarà proprio così per la Casta sacerdotale ma la cosa sta girando fra la gente e prima o poi anche i porporati se ne faranno una ragione.
L’esenzione dall’Ici sta diventando socialmente sempre più insostenibile. Il problema, va chiarito subito prima che i baciapile patentati se ne abbiano a male, non va posto sul piano della laicità, ma su quello della concorrenza e della equità fiscale. Va chiarito inoltre che l’esenzione è relativa ad enti ecclesiastici e se qui parlo di Chiesa cattolica è perché sul suolo italiano essa rappresenta la “totalità” dei casi. Va chiarito inoltre che la norma non esenta dall’imposta solo i luoghi di culto di proprietà di enti ecclesiastici, ma tutti i fabbricati destinati allo svolgimento di pratiche culturali che non siano contrarie al buon costume e a condizione che la destinazione d’uso abbia carattere esclusivo.
Lo stesso discorso vale per gli immobili degli enti ecclesiastici destinati “allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, nonché inerenti all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi e all’educazione cristiana”.
Anche qui l’esenzione non si applica esclusivamente ai fabbricati di proprietà degli enti ecclesiastici, ma a tutti gli edifici utilizzati da enti pubblici e privati, diversi dalle società e residenti nel territorio dello Stato, quando in essi vengano svolte le attività precedentemente descritte. I corpi morali che beneficiano della norma non sono pertanto solo enti ecclesiastici ma anche Onlus, sindacati, patronati e associazioni culturali varie. Le motivazioni che stanno alla base di questa “esenzione” sono evidentemente quelle di sostenere l’esercizio di attività altruistiche ritenute di particolare importanza per la società civile.
Ma allora dove sta il problema?
Il problema è che non è più accettabile che questo tipo di esenzione, e quindi vantaggio, sia di beneficio anche ad attività puramente commerciali della Chiesa, come per esempio alberghi e resort, che con le attività altruistiche non hanno niente a che fare. Ovviamente lo stesso discorso deve valere per gli immobili di quei fetenti di sindacati che già usano il cetriolone sui propri assistiti (che peraltro continuano a sottoporsi alla sodomizzazione: cazzi loro, ma questa è un’altra storia).
Ah, come ultima notazione: la cappellettuccia o la mini cripta ricavate nel mega albergo di proprietà della Chiesa cattolica, non ne fa un luogo di culto. Altrimenti me ne faccio una anch’io in casa e pretendo di godere dell’esenzione.