il-disinformatico
e ora boicottiamo il formaggio coi buchi e gli orologi a cucù
Ieri sera mi sono letto questo articolo di Seminerio riguardante l’adozione da parte di un piccolo comune svizzero di un logo che indica la percentuale di residenti tra i dipendenti delle aziende locali. L’autore aveva questa preoccupazione:
Prima che qualcuno, da questo lato del confine, inizi a gridare al razzismo (troppo tardi, già accaduto), è opportuno chiarire alcune dinamiche.
Finiva l’articolo, Seminerio, con queste parole:
Non si inventa nulla, dopo tutto. Dal Buy American al Hire Swiss, non c’è differenza sostanziale. Ma non chiamatelo razzismo. E’ l’economia.
Ecco. Questa mattina da mia madre, intorno alle otto, ho sentito a Unomattina tale Franco Di Mare dire con sguardo bieco rivolto al pubblico (più o meno): “Ci penserò un po’ prima di comprare formaggio coi buchi o orologi a cucù”. L’affermazione era legata alla vicenda cui ho accennato precedentemente. Di Mare è uno di quelli, da questo lato del confine, che di dinamiche economiche non capisce un cazzo.
Allora ho chiesto a mia madre che cosa avesse inteso seguendo la trasmissione (con l’uncinetto in mano, naturalmente): “Che gli svizzeri sarebbero razzisti”. Le ho detto: “Ok, mettiti comoda che ti spiego come funziona l’orologio a cucù”.
(informazioni dallo stato italiano, detta TV pubblica: sono circa 20 anni che non la guardo, ma ovviamente mi capita di seguire spezzoni informativi talvolta in diretta, più spesso in rete; non è cambiato niente, è sempre merda che cola)
edizione straordinaria del corrierone della sera: ‘disoccupazione come nel ’77’ (la mi nonna me ddiceva…)
E mmo’ bbasta co ‘sta storia dei disoccupati del ’77. L’ultima volta che ci hanno frantumato i coglioni co ‘sta storia è stata la pubblicazione da parte dell’Istat nell’ottobre scorso dei dati sulla disoccupazione (12% dato nazionale), occasione nella quale la gran parte dei quotidianos nazziunali si son messi a piangere il morto con la tiritera della “disoccupazione ai livelli del ’77” ecc..
E in quella occasione furono in pochi a far notare che, semmai, la disoccupazione non risultava esser così alta dal 1977: è solo il cambio di una preposizione “del-dal”, ma il significato cambia enormemente. Sì, perché la disoccupazione nel ’77 era al 6,4% (basta leggersi le serie storiche dell’Istat: cliccare su Tasso di disoccupazione serie ricostruite dal I 1977), ma i titoloni dei giornaloni (e spesso anche il relativo testo) portavano il lettore a credere che quel livello così alto – quello dell’ottobre 2013 – fosse uguale a quello del 1977 mentre, semplicemente, la verità è che se si prendono i dati Istat e si torna indietro fino al 1977 (la ricostruzione della serie storica parte da questo anno) non si trova mai un dato così negativo.
Ma l’Istat fa il suo mestiere e con regolarità rilascia le “ultime notizie” (ieri) che, sul versante occupazionale, non sono per niente confortanti: disoccupazione al 13% (quella giovanile al 42,3%). Ma niente, il Corrierone della Sera è compulsivo e titola” (e mente):
“Tanti disoccupati come nel ’77”
“Sono al 13%, i giovani al 42. Renzi sconvolgente.”
Che se fosse stato ieri, il primo d’aprile, glie la avremmo anche lasciata passare …
le SSRL, scatole vuote: come volevasi dimostrare
Vi ricordate delle SSRL, le SRL da 1€? Quelle proposte da monti in love (mario, il ragioniere)? Ne scrissi qui e qua:
Vedremo quante start up partiranno con un euro. Insomma, se non è fumus, è perlomeno pia illusione. Ma se è una illusioni creata da Monti … tutti a leccare. Ad ogni buon conto credo che gli startupisti da 1 € si renderanno conto ben presto che costituire una ssrl è comunque il meno. Poi viene il bello.
E’ giunto il momento di fare un primo conteggio delle nespole. Tutto come ampiamente previsto:
Il 60% delle 12.973 nuove società, tra srl semplificate e a capitale ridotto iscritte nel registro delle imprese al 31 maggio 2013, è inattivo. Al 31 marzo 2013 il 90% delle società costituite ha dichiarato di non avere personale. I dati sono emersi da un’indagine condotta dalla Federnotai Lombardia. […]
I dati dell’inattività (rilevati da Infocamere al 31 maggio 2013) raccontano che sei imprese su 10 non operano ancora sul mercato, un dato che alimenta il ragionevole dubbio che in molti casi siamo al cospetto di società simili a scatole vuote che stentano a partire anche a causa della bassa capitalizzazione delle stesse e della conseguente difficoltà a trovare finanziamenti sul mercato del credito.
i rimorsi (letali) della vipera
Continua la serie zoo-noir su Nuovo Cadore. Dopo le zecche killer, con quelle morti sospette da morbo di Lyme, il filone fa un passo avanti con “Un morso letale: la Vipera“. L’autore, però, passa agilmente dal titolo terrificante ad un testo più riflessivo in cui riconosce che: “Il morso di Vipera, è meno mortale di quanto comunemente si crede ma non va assolutamente sottovalutato.”
Nel testo il fraseggio assume talvolta tratti naif: “Mediamente il veleno iniettato non dovrebbe essere molto pericoloso per un uomo adulto …“. Si può osservare anche un salto quantico nell’esposizione lì dove si passa dallo stile friendly, per esempio “Non è un’attaccabrighe; un minimo di rumore la fa allontanare e fuggire…“, allo stile professional “la fasciatura deve iniziare dalla zona del morso, procedere distalmente lungo l’arto interessato e quindi risalire verso la regione prossimale dell’arto stesso” (detto altrimenti, da pan e sopresa a caviale e champagne).
Succede, quando si fanno selvagge incursioni sui testi in rete copincollando senza poi armonizzare il patchwork.
Ma torniamo al noir, al morso letale (ma non troppo). E’ vero, diciamolo, tocca morire anche per colpa delle vipere (i vecchi per complicanze, i bambini perché pesano poco: adulti sani non ne muoiono). Stime con dati del 1995 calcolavano in 50 i casi annuali di decesso su 390 milioni di abitanti (UE senza Russia e paesi dell’Est), un caso ogni 7,8 milioni di persone (vedi BIF 2001 n.3).
Siamo comunque lontani dagli spasmi informativi apparsi sul Gazzettino e segnalati a suo tempo: “Pochi escursionisti, è stato verificato, si arrampicano con il siero nello zaino.”
Che poi, per restare sul noir, secondo voi muoiono più persone per il morso da vipera o per punture da vespa e/o ape (nell’elaborare la risposta pregasi escludere gli efferati delitti compiuti dalla vipera del Gabon)?
La foto della vipera che fa snowboard sono di Giuseppe Baldovin.
le zecche e quelle ‘morti sospette’ da morbo di Lyme
Fra tante pene possibili c’è anche chi si cura di fare divulgazione su argomenti zooprofilattici a valenza sia turistica sia residenziale (lokale): è il caso delle zecche. Ora, che bisogno c’è, anche fosse vero, di giungere a citare la morte – come possibile esito della malattia – quando è chiaro che la tua divulgazione è un taglia-incolla (di altri taglia-incolla) a riempimento estivo? Falla pure questa divulgazione, ma senza tirar fuori argomenti alla “Dario Argento” così terrificanti (della serie la montagna assassina), tantopiù se non supportati da dati che ne confermino la veridicità:
Le zecche, fastidiosi parassiti che si nascondono nella vegetazione, posso essere molto pericolosi se vengono a contatto con l’uomo. Non solo perchè si attaccano alla pelle ma perchè possono portare malattie come la meningoencefalite da zecca (per la quale esiste il vaccino) e la malattia di Lyme che invece può portare alla morte.
Non sono un epidemiologo ma, a quanto ne so, è casomai la TBE, la meningoencefalite, a registrare casi con esito letale fra lo 0,05% e l’1% di quelli riscontrati e non la malattia o morbo di Lyme (come peraltro evidenziato nel pdf dei Boy Scout Agesci lincato in calce all’articolo, ma anche nella voce wikipedia, pur con percentuali più alte, e in un “comunicato sanitario” dell’ULSS n.7; anche per la rickettsiosi si sono registrati casi letali, intorno al 3%, ma quest’altra malattia veicolata dalla zecca è più sporadica).
Che poi quest’ultima (Lyme) – trascurata – possa dare seri problemi, è altrettanto fuor di dubbio. E può anche essere che tutte le complicanze che comporta possano portare, in soggetti già provati, dopo anni di decorso, al risolutivo salto nella fossa. Ma anche la contentezza, se troppo intensa, può favorire il trapasso.
Ci sono già i giornalieri bollettini di morte – sui sentieri o in parete – che i media locali starnazzano ad alta voce (con le classiche parole chiave: verricello, hovering, hanno solo potuto constatarne il decesso), senza il bisogno di scomodare il grande sonno anche in relazione alle zecche e ai loro sgraditi ospiti.