di Giuseppe Zanella
In questi giorni si fa un gran parlare della normativa che dispone le fusioni o le unioni dei comuni. Leggo su ‘Il Cadore’ un editoriale non firmato (ascrivibile quindi, suppongo, al Direttore) con la prospettazione delle varie ipotesi in campo. Sono personalmente convinto che tergiversare ancora nel portare il dibattito alla concretizzazione di conclusioni realistiche sia dannoso per le varie comunità comunali cadorine in quanto è altamente auspicabile evitare che le decisioni che ci riguardano ci vengano imposte dall’alto e dall’esterno. Premesso che non sono un esperto della materia, provo comunque a svolgere qualche ragionamento sul tema ‘fusioni’ avvalendomi e basandomi soprattutto sulla logica e sul buon senso.
Certo, l’argomento è di esiziale importanza per i destini della nostra terra che vive da ormai lungo tempo una crisi nei più disparati ambiti: civile, sociale, economico, demografico. La logica ci dice che concentrando piccoli comuni in un agglomerato più pesante, in genere, dovrebbero essere raggiunte economie di scala sia per la gestione ordinaria che straordinaria e tale evenienza potrebbe anche determinare un peso politico sicuramente più incisivo sia nel contesto provinciale che in quello regionale e perfino in ambito più generale. Tutto ciò in linea, però, puramente teorica perché poi i fatti concreti della realtà fattuale potrebbero riservare situazioni e risultati affatto diversi da quelli auspicati ed attesi.
Va infatti tenuto ben presente come la materia appaia tanto complessa ed intricata, tanto che le scelte aggregative andrebbero ben ponderate per non creare, al posto di utilità per tutti i ‘contraenti’, sperequazioni e negative conseguenze in capo ad alcuni o anche alla totalità dei soggetti sottoscrittori dell’accordo di fusione. Ecco perché le possibili opzioni e scelte discrezionali non avranno il medesimo impatto se operate in un senso o nell’altro fra quelle emerse nella discussione in fieri (comune unico del Centro Cadore, oppure divisione in due gruppi, uno a ovest da Perarolo a Domegge e l’altro a nord est comprendente l’Oltre Piave con Lozzo e, possibilmente, Auronzo).
Nell’articolo citato, si delinea lo stato dell’arte delle ‘trattative’ in corso fra i vari borgomastri. I comuni di Pieve, Perarolo e Calalzo avrebbero ormai raggiunto uno stadio avanzato di confronto al fine di una ipotesi di accordo. Domegge sta invece correttamente informando la popolazione sulla tematica delle fusioni e si avvia ad indire un referendum preliminare al fine di prendere una decisione che promani democraticamente dal basso e non dalla sola aula consigliare, date le implicazioni che una tale scelta prelude per il futuro a lungo termine della comunità locale.
Il comune di Auronzo, con una popolazione pure in flessione ma ancora abbondantemente sopra la soglia limite dei 3000 abitanti, potrebbe evitare processi di fusione ed infatti, fin qui, si è chiuso in un autarchico, poco lungimirante isolazionismo forte anche del fatto dell’ampiezza del suo territorio, delle sue indubbie potenzialità e di un patrimonio di cospicuo valore. Ma la decrescita demografica in atto anche nella Val d’Ansiei potrebbe ridurre a più miti consigli anche i nostri vicini e far maturare presto ben altre decisioni…
E Lozzo che intende fare? Ho letto del mandato del Consiglio Comunale al sindaco per avviare i contatti e della polemica insorta con l’opposizione a proposito della interpretazione da dare, giustappunto, a detta deliberazione circa l’ampiezza di tale mandato. Si ha comunque l’impressione di una certa carenza sul proscenio decisionale, tanto che meraviglia non poco l’asserzione del borgomastro, davvero mefistofelica: “Secondo le ultime notizie… sembra che…”, quasi che il soggetto non fosse un interlocutore ma un qualsiasi cittadino che si informa mediante la lettura dei giornali.
Personalmente, credo che il Comune unico del Cadore Centrale, anziché portare semplificazione ed utilità, creerebbe un groviglio di problemi ed una conduzione ingestibile, non fosse altro che per la ampiezza del territorio e la non omogeneità delle sue problematiche. Basti dire che vi parteciperebbero ben 8 comuni con ben 16 frazioni!! Ecco quindi come la logica e la contiguità geografica, storica, culturale e l’affinità delle rispettive popolazioni dovrebbero suggerire la praticabilità di una fusione fra l’Oltrepiave, Lozzo e, possibilmente, Auronzo.
Ma per tornare al rapporto costi/benefici (onerosità/utilità), ossia alle implicazioni di varia natura che un tale processo aggregativo potrà, in ipotesi, comportare (e determinabile soltanto ad attuazione avvenuta), riporto qui la risposta data dall’esperto avv.to Gaz alla domanda: “Che cosa faranno i municipi?”, formulata nel citato editoriale de “Il Cadore”. Ecco il responso dell’avv.to Gaz: “La legge che dispone le fusioni non dice nulla in proposito ma, proprio per questo, sarà possibile disciplinare ed organizzare le funzioni dei municipi, per esempio, attivando una rete ‘federata’ di amministrazione locale che potrebbe garantire una partecipazione amministrativa diretta delle singole comunità”. Nonostante l’autorevolezza della citazione, io resto con le mie non poche perplessità sulla percorribilità ed attuabilità di una tale lacunosa normativa. Appare in ogni caso opportuno far presente come le domande dei singoli cittadini potrebbero trovare una esemplificazione del tipo:
- Con la ‘sovrastruttura’ che si andrà a creare, l’organizzazione dei vari servizi risulterà più efficiente e meno burocratica o non ci saranno piuttosto aggravi di onerosità in termini di tempo e dispendio di risorse?
- Proprio tenendo presenti le asserzioni dell’avv.to Gaz, nei vari paesi chi sarà l’interlocutore amministrativo che sostituirà l’attuale sindaco, posto che il sindaco del nuovo e più robusto comune troverà la sua collocazione nel paese più centrale e/o più importante? Ci sarà, insomma, sull’esempio di Roma, una municipalità centralizzata (Campidoglio) con il corollario di una miriade di municipalità satelliti gestite dai così detti mini-sindaci?
Sono queste soltanto alcune delle incognite che trovano spazio nelle menti dei semplici cittadini. Ma c’è anche un considerazione di natura prettamente giuridico-economica che sorge abbastanza spontaneamente. Come avviene in una fusione fra due o più società industriali e/o commerciali, è necessario valutare ben bene i singoli apporti in termini di attività ( ad esempio, valori immobiliari e mobiliari, crediti ecc.) come in termini di passività (ad esempio i debiti di qualsivoglia natura); e da tale raffronto scaturisce, in genere, il valore del capitale della società. E’ necessario poi porre attenzione alla valutazione delle potenzialità di natura fiscale e tributaria sulla base della composizione demografica, delle attività imprenditoriali presenti sul territorio d’origine, delle diverse prospettive economiche e così via.
E’ chiaro che nella ipotesi di doppia aggregazione del Centro Cadore (con un gruppo di comuni ad ovest ed un altro a nord-est), Auronzo troverebbe giustificate le sue remore alla attuazione di un tale progetto giacché il cedere in ‘compartecipazione’ le sue soverchianti strutture comunali, il suo cospicuo patrimonio e le sue non comuni potenzialità ad altre entità (ex) comunali di più contenute dimensioni costituirebbe certamente, sotto il profilo strettamente egoistico, una penalizzazione. Mettere nel calderone e ripartire i propri ‘assets’ con realtà più minuscole (seppur complementari), onestamente, non apparirebbe proprio il massimo.
Come si può ben vedere, le poche, semplici problematiche che ho citato mettono in luce la complessità di una materia che sembra proprio non essere stata ben normata nelle sue innumerevoli implicazioni e nei suoi più reconditi ‘anfratti’, i quali danno adito a non pochi timori sulla applicabilità e correntezza di un percorso fatto, a mio avviso, più di ombre che di luci. E qui proprio non c’entra minimamente l’amore per il “campanile”. Il mio pessimismo di fondo trova una motivazione ben chiara nella consapevolezza e disistima del grado di preparazione della (?)classe (?)politica che ci guida. Attendo speranzoso di essere smentito dai fatti con l’analisi più accurata delle disposizione attuative e mi auguro davvero che il mio giudizio negativo, più di ‘pelle’ che di tecnico, si manifesti del tutto infondato.