Se quelli della Fondazione Colleselli avessero avuto la notizia prima di cimentarsi nella rapsodia “Il bellunese riparte”, avrebbero potuto elevare al cielo ben altri canti, di tutt’altro spessore. Del resto l’avevo già scritto l’estate scorsa che quel via vai di super gnocche over 65 che vedevo passare per via Loreto era foriero di un’esplosione salvifica del turismo lozzese. E avevo ragione.
A chiusura del 2012 LozAngeles può vantare lo straordinario risultato di un +205%+105% di arrivi (704 nel 2012 mentre furono 343 nel 2011) ed un meno eclatante ma comunque portentoso +138% +38% di presenze (3558 nel 2012 mentre furono 2577 nel 2011).
Incrementi di questo genere, miracolistici se si tiene conto che nessun uso è stato fatto ancora a Lozzo di Cadore del brand Dolomiti-Unesco, appaiono per quello che sono, stupende meteore di luce in un cielo che più oscuro non si può: Cortina ha chiuso il 2012 con un -3,18% delle presenze, Auronzo con -1,09%, il Settore Turistico Locale Dolomiti-Cortina con un -1,67%, lo stesso Veneto ha accusato nel suo insieme un -1,66%.
Per questo si profila per il nostro piccolo paese, già flagellato da un declino demografico che lo ha visto sprofondare oltre la barriera psicologica dei 1500 abitanti, una redenzione che non esito a definire einsteiniana:
p.s. 17 aprile 2013: in accordo con quanto suggeritomi da me medesimo in questo commento in coda la presente articolo, ho provveduto a modificare la rappresentazione dei dati.
Mi spiacerebbe che @jim pensasse che ce l’ho con lui. E’ che talvolta mi sento tirato per i capelli. Per esempio quando ha sostenuto (senza cattiveria, lo ripeto) che “[…] quindi è troppo facile stare davanti ad un computer e aspettare che gli altri facciano quello che potevamo benissimo fare noi”.
A questa opinione ho ieri dato la mia interpretazione nel post la Repubblica, il bosco di Somadida, Buzzati e @jim dimostrando, spero, che anche “davanti ad un computer” si può essere utili al proprio territorio (ribadisco, comunque, per quanto sia ovvio, che i 500 km di sentieri calpestati per fare la guida non se li sono sciroppati le nostre controfigure, al computer abbiamo semplicemente “tratto le conclusioni” di un lavoro svolto principalmente sul campo, con discreta fatica e tanta “felicità”).
@jim con un commento ha prontamente chiarito che nelle sue parole non c’era davvero cattiveria, ed io ho dato atto di questo, avendolo chiarito fin dal primo momento:
Danilo non c’era cattiveria nelle mie parole,mi scuso se ho fatto intendere questo,ammetto di essere stato troppo duro. Sono convinto però,come in passato,saresti più utile fuori,sempre secondo il mio parere. Senza offesa,anzi prendilo come complimento.
Però, però, mi sorge il dubbio che il nostro @jim o sia uno smemorato oppure non sia ben informato. Il commento è chiaramente scritto in fretta, ma mi sembra di poter cogliere queste due possibili sfumature (che di seguito riformulo), dando credito quasi totale alla prima:
Sono convinto però che, come hai dimostrato in passato, saresti più utile fuori;
Sono convinto ora, come lo ero in passato, che saresti più utile fuori;
Non so se ve ne siano altre di interpretazioni, sarà casomai @jim stesso a chiarirlo, se lo vorrà, ma credo che la disputa non possa andare fuori dai confini segnati dalle due precedenti frasi e dal significato loro attribuibile. Ed ecco anche spiegato il perché mi senta “tirato per i capelli“.
Perché, vedete, chiarendo subito che nessuno me l’ha imposto, quindi ciò che ho fatto l’ho fatto per scelta assolutamente personale, l’anno scorso ho totalizzato il mio “record personale” di giornate passate alla realizzazione del Parco della Memoria, 26 in tutto (l’anno precedente furono 18, l’anno prima 22). Il buon Dalio ne ha passate qualcuna in più, perché ha iniziato fin da metà giugno a imperversare per Col Vidal.
I lavori sono svolti all’interno di un progettino che il sottoscritto ha avviato a suo tempo in qualità di presidente della locale sezione del CAI e che, finora, i presidenti susseguitisi (Paolo Scarzello e Lorenzo De Meio) hanno appoggiato con decisione (vedere qui per un eventuale approfondimento). Per la cronaca: attualmente il CAI di Lozzo ha richiesto una proroga al progetto, essendo questo formalmente “scaduto” l’anno scorso: non so ancora che decisioni abbia preso la Commissione Grandi Rischi del nostro comune.
Ad ogni buon conto, che valga la prima o anche che valga la seconda delle interpretazioni, non mi sembra che il 2012 si possa considerare “passato” né, credo, che avrei potuto “essere più utile fuori“: fuori da cosa?, dal bunker? Passare 26 giorni a Col Vidal alla realizzazione del Parco della Memoria non è abbastanza “fuori” o non è abbastanza “utile“? Dovrei forse, per essere utile, lustrare le scarpe al sindaco ed al vicesindaco? Piuttosto voto per Rospy Bindi.
Nella nostra galassia (Via Lattea) c’è una stella (Sole) attorno alla quale orbita un pianeta (Terra) che ospita una provincia autonoma nella quale … :
Skilift di paese, 15 richieste per il finanziamento straordinario
Una rete di servizi di vicinato che funziona, non dipende solo dal commercio. Ne è convinto l’assessore provinciale al turismo Thomas Widmann, il cui Dipartimento ha lanciato un’azione di sostegno straordinaria agli skilift di paese. Sino ad ora sono 15 le richieste di finanziamento presentate. “Anche le infrastrutture turistiche – commenta Widmann – è fondamentale mantenere un’offerta capillare sul territorio”.
Il finanziamento straordinario è stato approvato lo scorso dicembre dalla Giunta provinciale con l’obiettivo di garantire la sopravvivenza nel tempo dei piccoli skilift di paese. “Senza il sostegno della Provincia – prosegue l’assessore al turismo – questi impianti andrebbero incontro a gravi problemi di natura finanziaria. Quasi nessun gestore, infatti, può contare sui mezzi necessari per rinnovare e ammodernare gli skilift, per metterli a norma dal punto di vista della sicurezza, per acquistare le macchine per preparare le piste, e per investire nelle strutture necessarie a garantire l’innevamento artificiale“.
La chiusura di questi piccoli impianti, secondo Widmann, comporterebbe un notevole impoverimento dell’offerta turistica in Alto Adige. “Si tratta di skilift facilmente raggiungibili – spiega – situati nelle immediate vicinanze dei paesi. Sono i luoghi ideali soprattutto per i bambini, i quali possono imparare a sciare utilizzando questi piccoli pendii, e non possiamo farne a meno. Sono risorse importanti non solo per i turisti, con le famiglie che rappresentano un target fondamentale per la destinazione Alto Adige, ma anche per i residenti nelle località invernali”.
Dall’inizio dell’anno, sono già 15 le richieste di finanziamento presentate presso gli uffici provinciali: un numero significativo tenuto conto che i piccoli comprensori degli skilift di paese sono appena 16 in tutto l’Alto Adige. In totale, i finanziamenti richiesti ammontano a 4,2 milioni di euro.
C’è anche un fideo no!: “Ano skorso campiato tutto impianto, ora tutto nuofo …”. Sembrerebbe una puntata ad alta quota di Beautiful, invece è tutto vero. Forse. No, no: è vero, è vero.
La tragica situazione economico-finanziaria della nostra vituperata società globalizzata si fa sentire in modo particolare alle nostre latitudini. Da noi la crisi morde ancor più che altrove perché, alla quasi scomparsa dei settori industriali ed artigianali propri del nostro distretto (occhialeria ed indotti vari), si va unendo uno spaventoso detrimento in campo turistico-ricettivo (senza considerare la già basilare attività agricola e silvo-pastorale); ed il tutto si ripercuote e si riverbera poi in un deficit sotto il profilo sociale e demografico. Il tasso di invecchiamento, la denatalità e la fuga dei giovani e di interi nuclei famigliari verso lidi più ‘ospitali’ sono le conseguenze evidenti delle difficoltà del vivere nei nostri disagiati paesi, dove da tempo vengono ridotti o cancellati servizi essenziali (sanità, poste, istruzione, uffici della Pubblica Amministrazione).
Ma è proprio del tanto declinante turismo e dello stato della ricettività ad esso collegato che voglio parlare. A Lozzo l’autorità comunale, da tempo, si sta riempiendo la bocca di questa magica parola ‘turismo’ ed il turismo è sempre stato ritenuto da lor-signori il toccasana, la valida alternativa al venir meno dell’industria dell’occhiale e del suo variegato, importante indotto. Ho spesso contestato le tanto conclamate (e fin qui inefficaci) politiche che avrebbero dovuto rivitalizzare il languente comparto e trasformare così il nostro paese in una ridente, accogliente oasi a similitudine dei più bei centri alto-atesini. Ma quale è la situazione oggi sotto questo profilo? Che cosa è stato fatto di concreto e di veramente utile per dare seguito alle ampollose promesse?
Qualche bella serata concertistica all’auditorium (nel 2012, comunque, in netta flessione), alcune serate danzanti in piazza, la solita tombola di S. Lorenzo, la ciaspolada e poco altro non possono essere considerate determinante fattore di crescita turistica e di impulso alla attività ricettiva!!
Lozzo non ha un albergo, ha solo due trattorie e, fino a qualche tempo fa, aveva un ristorante (immobile di proprietà comunale). Mi riferisco al ristorante ai Pellegrini. Dopo un paio di decorose gestioni, ora ha lasciato anche l’ultimo conduttore ed il locale appare adesso desolatamente chiuso. L’insegna di prestigio e la storia del palazzo sono sempre state (e potrebbero continuare ad esserlo) elemento di attrattiva e richiamo per una gestione seria e competente. Sarebbe compito della Amministrazione Comunale, in quanto anche proprietaria del Palazzo, darsi da fare per cercare, magari attraverso una innovativa idea di ‘partenariato’ sotto gli aspetti giuridico-amministrativo-gestionali (ad es. Coop. per Az. con quote in parte dell’Ente), tentare di riavviare un così dignitoso centro di ristoro e ricettività. Ecco perché sarebbe stato molto conveniente per la Comunità locale se si fossero destinati i sovrastanti locali ad albergo, oppure a tutta una serie di monolocali ad uso ricettivo.
In paese, corre adesso voce che ci sarebbe stato, da parte di più di qualche soggetto, un certo interesse per una nuova conduzione, ma la cosa non avrebbe avuto seguito a cagione della proibitiva richiesta finalizzata all’acquisto e/o all’utilizzo della giacente attrezzatura.
Se così fosse, tenuto anche conto della manifestata sensibilità allo sviluppo turistico sempre ribadita dall’esecutivo comunale, perché non è stato fin qui predisposto un bando di concorso, previa intimazione alla liberazione dei locali? Perché non ci si è preoccupati di cercare una giusta remunerazione al cespite immobiliare da poco ristrutturato? Non penso che ci siano sotto interessi inconfessabili!! Oppure una conflittualità tale da non consentire, anzi da precludere un idoneo utilizzo del ristorante per le finalità sopra prospettate e quanto mai necessarie ad un paese come il nostro.
L’auspicio è che si faccia una innovativa ricerca di soluzione con un modello gestionale che consenta di rivitalizzare un così decoroso locale di ristoro atto a soddisfare la clientela locale, comprensoriale e turistica in senso lato. Se non si fosse in grado di fare ciò, si incorrerebbe, quanto meno, in un peccato di incoerenza: sarebbe infatti inutile usare tante belle parole per tratteggiare sogni di sviluppo e tanti scritti sui media se non si fosse, in concreto, capaci di attuare quanto qui auspicato.
Sul bollettino parrocchiale appena uscito il CAI fa una relazione sui lavori fatti sul Col Vidal,intorno ai forti. Un bel lavoro fatto grazie ad un gruppo di volontari che è doveroso ringraziare. I lavori vanno avanti da alcuni anni ed ha prodotto molto legname di proprietà comunale, a chi è stato devoluto non si capisce bene, nel prossimo bollettino sarebbe utile chiarire.
per chiarire alcuni aspetti che meritano necessario approfondimento. Il progetto a cui ci si riferiscie riguarda la realizzazione del Parco della Memoria di Pian dei Buoi i cui lavori proseguono da circa 10 anni (ben di più se consideriamo il lavoro svolto nell’apertura dei sentieri di guerra lungo i colli). Nel corso di questi 10 anni, per la parte di competenza del CAI (cioè il 98% degli abbattimenti), sono sempre stato io a decidere quali piante abbattere, in funzione della tessitura dei manufatti legati alla Grande Guerra e, in particolare, della disponibilità delle persone che via via si sono impegnate ad allestire le piante abbattute.
Il legnatico quindi (legname è una parola grossa) viene devoluto, molto semplicemente, a tutti coloro che (scusate se mi ripeto) si impegnano a trattare il quantitativo richiesto per se. Ciò non esclude naturalmente che chi lo voglia possa prestare il proprio lavoro a vantaggio di altri. Nel caso specifico le persone si devono impegnare ad abbattere la pianta, allestirla, formare i cumuli di ramaglia, asportare tutto il legnatico e rastrellare come si conviene le adiacenze (curiamo invece noi l’abbattimento per tutte le persone che non dispongono della necessaria pratica. “Noi” = Dalio col mio supporto, più morale che altro). Col Vidal, come tutti sanno, trovasi a 16-17 km da Lucius, quindi fanno 32-34 km di a+r. Il trasporto a valle ed il relativo costo è a cura del destinatario del carico, libero di farlo come e con chi vuole (noi siamo orgogliosamente liberisti, mica miopi statali). Chi non lavora, non fa l’amore. Semplice no. Basta chiedere.
Bastava (chiedere), ora è da vedere se l’amministrazione comunale deciderà di continuare con la proroga del piano di taglio – richiesta inoltrata recentemente dal CAI -, se il CAI stesso sarà ancora ritenuto all’altezza del compito visto che finora è stato il soggetto attuatore (ho fatto io il progetto e la domanda quando ero presidente del CAI, mentre Paolo Scarzello che mi è succeduto ha richiesto una prima proroga e Lorenzo ha presentato in questi giorni la domanda per una seconda). Parlando recentemente con Ubaldo al riguardo, gli ho fatto presente che se il comune lo desidera può fare tutti i bandi che vuole, personalmente non potrei che esserne felice.
Tra l’altro, in occasione della domanda di proroga (o di un nuovo progetto fotocopia del precedente), ho chiesto ai Servizi Forestali di Belluno di passare a Col Vidal per confrontarci e dare un giudizio del lavoro da noi svolto ed avere, se del caso, le necessarie correzioni di rotta. Mi sembra di poter dire, senza possibilità di smentita, che il lavoro è stato giudicato egregio.
In questi 10 anni ho cercato di coinvolgere più gente possibile, ma non uso pregare un qualsiasi dio, figuratevi se mi metto a pregare – magari in ginocchio – le persone per convincerle “a fei legne a Col Vidal”. Ricordo che da presidente del CAI, nei bollettini informativi che divulgavamo a tutti i soci (due volte l’anno), ho frequentemente segnalato il progetto del Parco della Memoria descrivendone l’andamento ed auspicando l’adesione di quanti avessero voluto contribuire alla sua realizzazione. Dicevo, “basta chiedere” !! Poi però bisogna “feile su, fei i cogoluze, ciareasele e portasele do, ntasasele, spacasele su …“. Chiaro, limpido, inteso?
Mi son sentito dire anche troppo spesso: “se fazo ben i conte, no me convien. Se le compro ca do, duto fato, le me costa manco e me le ciato anche belo spacade su”. Ognuno fa i suoi conti. E’ da considerare che se uno non dorme in piedi ed ha una discreta pratica con la motosega, un carico completo (parlo del rimorchio di Gianluigi) lo può fare in diciamo tre giornate di lavoro (senza contasela pi de tanto…). Ad Ubaldo ho anche detto che se per caso il comune ha qualche dotazione finanziaria … potrebbe usarla per portare a Lozzo le piante abbattute pro-Parco e continuare così la “pre-campagna elettorale” iniziata con le legne de Confin (avrete notato la solerzia con cui il vicesindaco faceva la spola per mostrare ad increduli lozzesi tutto “quel ben di dio”; mancia solo che i vegne a biciatele nte cusina). Ci sono poi anche fior fior di bandi GAL da sfruttare 🙂 , volendo. Basta chiedere in giro.
Se poi non fossi ben visto come coordinatore del Parco (lenga masa longa), be’, me ne farei una ragione. Sono un tipo piuttosto versatile, accetto i miei limiti e quelli che mi vengono imposti. Come ho già detto in altre occasioni, ho un solo padrone a cui so di dovermi inchinare tutte le volte che chiama, ed è il mio destino. Del resto, dopo dieci anni, con una media di 18-20 giornate di lavoro all’anno dedicate da volontario al Parco della Memoria (quest’anno 23, finora), passerei volentieri la mano a qualche baldo giovinotto dal cuore ardente di passione alle cui direttive, mansueto, mi sottometterei (qualora non fossi considerato come un vero e proprio lebbroso, nel qual caso sceglierei mesto l’esilio più lontano).
Quanto ai nomi delle persone che in questi dieci anni hanno dato il loro contributo alla realizzazione del Parco della Memoria – a vario titolo ed in misura diversa – (perché di questo si tratta, caro @lettore, essendo il legnatico un effetto collaterale del Parco, non la sua essenza, che spiriti pigri, per non dire accidiosi, non possono evidentemente cogliere), elenco che pur approssimativamente ho dettato sempre ad Ubaldo, sarà mio preciso dovere darne conto nei tempi e nei modi più opportuni perché sia pubblicamente chiaro chi ha fatto che cosa. E che cazzo !!
Se le circostanze lo vorranno potremmo inserire l’elenco, oltre che sul Bolpar, anche sul (più modesto) bolcom di probabile prossima pubblicazione. Con l’avvertenza che il sindaco, questa volta, oltre al Buon Natale ci faccia anche gli auguri di Buon 2013 (prendi buona nota, Marietto, e voi, quando lo incontrate, ricordateglielo, repetita iuvant).
Concludo segnalando, per la cronaca, che la mia relazione con la focosa Rebecca, che tuttora arde di passione, ad esclusione del primo anno in cui, pur frequentandola, risultò piuttosto frigida (per una mia colpevole carenza d’attenzioni), è veramente fruttuosa solo da tre anni a questa parte. Precedentemente, ossia in quei 6-7 anni in cui ho prestato il mio lavoro da volontario al Parco della Memoria senza sudarmi l’agognata legna (ma facendola per tanti altri), per scaldarmi aspettavo il sorgere del sole.
Sto vedendo cose che voi umani non potete neppure immaginare. Neanche papa Ratzi sarebbe riuscito a rivoltare il paese come un calzino. Arriva la staffetta, la piazza dev’essere perfetta.
Non ho tempo ma in questa circostanza mi sarebbe piaciuto sciogliere l’endecasillabo e ricamare un soave poemetto ad imperitura memoria. Oggi tutte quelle sfolgoranti bandiere italiche che pendono ciondolanti nell’anfiteatro sulla piazza principale hanno commosso anche me, anti-italiano doc. Par di vivere quell’eterea atmosfera risorgimentale che vide Pio IX salire al soglio pontificio: fu concessa la libertà di stampa e Giuseppe Gioachino Belli vergò la famosa frase «O Dio, Dio! Tutta l’Italia mi pare un pollaio. Non si sente gridar che: Pio, Pio».
I Caduti di tutte le guerre, finalmente, vedranno risistemato il loro mesto e dolorante monumento. Le adiacenze del triste cimitero stanno per cambiare, per l’occasione diventerà un sereno camposanto. Per le strade si potrà quasi bicià la polenta, tanto linde saranno. Ed è giusto che sia così.
L’unico neo è forse rappresentato dall’area comunale deputata a parcheggio per eventi di spessore, mi riferisco al campo sportivo ed in particolare al secondo ripiano (quello che questa amministrazione stava per riempire): dopo l’intervento che ha permesso il controllo degli accessi (detta anche stangada; curioso che sia stata fatta dal comune per contenere la discarica abusiva operata quasi interamente da se medesimo …), sarebbe stata una bella cosa fare un po’ di pulizia dalla ramaglia preparando così ulteriore spazio per contenere l’impatto di auto, corriere, campers, autoblindo, carri armati in arrivo per l’avvenimento.
Sarà per la prossima volta.
Ah, me ne stavo dimenticando: “… Non si sente gridar che: Ana, Ana”.