Oggi, dicevo, va così.
Sempre feisbuc, pescando nello stesso stagno. Non ha alcuna importanza chi l’abbia postato, è un’opinione postabile da chiunque. Non ha importanza chi abbia risposto, sono commenti che chiunque potrebbe scrivere. Il problema di fondo è l’ignoranza che ne vien fuori, che trapela. Che non è un peccato originale, l’abbiamo detto altre volte, ma pesa sui destini degli uomini: perché se non si sdogana, l’ignoranza, continua ad appannare la verità autoperpetuandosi (se non proprio la verità assoluta, almeno quello che ci sembra essere più vicino ad essa).
Prima considerazione: non ho alcun elemento per stabilire se chi si è seduto sulle panchine del rif. Ciareido (rifugio del CAI) sia un socio CAI (la qualifica di socio vale a livello nazionale), ma se lo fosse ha tutto il diritto, secondo quanto previsto dal regolamento rifugi del CAI, di consumare viveri propri senza dovere alcunché al gestore del rifugio.
Seconda considerazione: se non fosse socio CAI, sempre da regolamento, può consumare viveri propri pagando il corrispettivo fissato dal tariffario ed esposto in buona evidenza in ogni rifugio:
Esclusivamente i non Soci che consumano, anche parzialmente, viveri propri, restano soggetti al pagamento di un corrispettivo, fissato dal Tariffario, per l’uso del posto a tavola, quale contributo per il servizio di riassetto e smaltimento rifiuti.
Non ho elementi per stabilire se le persone ritratte nella foto, nell’ipotesi che non siano soci CAI, abbiano pagato il corrispettivo, ma da regolamento tanto loro possono sedersi e consumare tanto il gestore può pretendere il corrispettivo (ma anche no).
Terza considerazione: nell’ipotesi che siano soci CAI, ma anche in quella che non lo siano, il protocollo dell’accoglienza nelle strutture ricettive definite “rifugi” (se sono del CAI) è assolutamente rispettato (al netto del fatto che non sappiamo se queste persone abbiano o meno pagato il corrispettivo nel caso non fossero soci CAI, ma questo sposta evidentemente il problema su un altro piano).
Quarta considerazione: quella della sbarra alle Spesse è, evidentemente, una battuta “di sfogo”, visto che non c’è alcuna correlazione tra il passare alle Spesse e l’andare a mangiare al rif. Ciareido (e chi arriva a piedi e fa l’oltraggio – che abbiamo visto essere invece pratica d’accoglienza protocollata – di consumare viveri propri seduti sulle panchine, come lo “puniamo”? e chi va a funghi? e chi fa caccia fotografica? e chi fa legna? e chi fa Parco della Memoria? e il cacciator cortese?).
Quinta considerazione: le persone ritratte nella foto rappresentano un capitale “immenso”, perché non le devi convincere a venire, che è lo sforzo più grande per chiunque, sono già qui, davanti a te. Questo non dà loro il diritto di fare quello che vogliono (ma lo stanno facendo?), ma non deve dare a te l’occasione per pensare che siano “dei parassiti” a cui dare (in qualche modo) “una lezione”, solo perché stanno usando le tole del rifugio. La gentilezza di oggi è l’arrosto di domani. Con una “giusta” strategia d’accoglienza devi sviluppare la loro capacità di fare amicizia, non la loro diffidenza.
Sesta e ultima considerazione: l’accoglienza è un problema culturale (quindi si può risolvere; con fatica ma si può risolvere).