All’inizio era il sogno europeo. Poi col tempo si costruì il baraccone europeo, ma si vide subito che sarebbe diventata la baldracca europea. Anzi, la baldraccona. Poi arrivarono i sinistri, europeisti a tutti i costi, che ci trascinarono nel gorgo dell’euro (ricordate il mortadella ed in genere tutti i prodini?).
Ci fu anche la prova provata del ragionier monti che illustrò, in tempi non sospetti, il clamoroso successo dell’euro (ma vaffangà va …). E venne anche l’ora dei “luogo comunisti” con il loro fogno europeo (qui una lettura critica del fogno). E ora, che anche Fassina dava qualche segno di ravvedimento, c’arriva la notizia dell’europeizzazione della tazza del cesso.
L’Unione Europea quando va bene è un letamaio, quando va male è una fogna a cielo aperto. Sarà appunto per questo che la burocratura europaralizzante si è attaccata alla tazza del cesso con il desiderio di normare anche le sedute risultanti dall’evoluzione del più rustico comedo. L’impresa eroica descritta dalla penna di Vittorio Feltri:
L’Europa s’è desta e comincia sul serio a lavorare per unire i popoli. Non sapendo da dove iniziare, i remuneratissimi funzionari della enorme burocrazia di Bruxelles hanno deciso di soprassedere alla necessità di imporre un’unica lingua, un’unica politica, un’unica economia, leggi uguali per tutti e un solo esercito. Queste cose possono aspettare tempi migliori, se verranno. Per il momento l’apparato tecnico della Ue ha affrontato un problema drammatico, una vera e propria emergenza: regolamentare gli scarichi dei water e degli orinatoi, attualmente abbandonati all’estro di ogni singola nazione, cosicché oggi Paese che vai cesso che trovi.
L’emergenza è evidente: qui si tratta una buona volta di disciplinare la delicata materia in modo che Parigi, Londra, Roma, Atene eccetera offrano agli «utenti» la stessa tipologia di wc. Anche chi sia privo della dovuta sensibilità comprenderà quanto sia urgente dare un segnale di volontà unitaria, partendo dal basso. E bisogna convenire che più in basso dei gabinetti era difficile scendere per costituire un comune denominatore. Ci complimentiamo con i membri del Parlamento per aver scelto, quale prima pietra del grande edificio Ue, il water comunitario. Auspichiamo che esso diventi presto il simbolo della fratellanza ispiratrice del progetto.
Occorre aggiungere che i cosiddetti sanitari sono la base della democrazia: li usa chiunque, maschi e femmine, ricchi e poveri, omosessuali ed eterosessuali. Certamente fa un po’ ridere che la gigantesca Commissione, dopo decenni di attività i cui frutti sono misteriosi o marci, si svegli al rumore degli sciacquoni, trascurando il resto e suscitando in noi il sospetto che sia un ente inutile, probabilmente dannoso. La questione dei wc uguali per tutti, per essere sinceri, sembra «inventata» dallo sceneggiatore di un film panettone da girarsi apposta per agevolare le battute grassocce di Massimo Boldi e Christian De Sica. Una barzelletta sceneggiata. Nei 66 uffici di Bruxelles lavorano (si fa per dire) 34mila dipendenti che costano 4 miliardi l’anno. Ebbene, questo esercito non riesce a far di meglio che stabilire per decreto la quantità di acqua da erogarsi negli orinatoi (meno di mezzo litro) e nei water (cinque litri e non di più).
C’è dell’altro. La Commissione, a seguito di lunghi e approfonditi studi, è giunta alla conclusione che anche il sedile debba rispettare determinati canoni standard da adottarsi su scala continentale. Ci domandiamo angosciati cosa accadrebbe qualora entrasse nell’Ue la Turchia, dove da centinaia di anni i cittadini, nei luoghi di decenza, utilizzano la turca, di cui vi risparmio la descrizione immaginando che ne conosciate la foggia e l’indubbia scomodità. I turchi, in ossequio alle rigorose disposizioni europee a riguardo delle «ritirate», sarebbero costretti a rivoluzionare le proprie abitudini e tradizioni nel settore specifico.
Esistono comunque dei precedenti clamorosi nell’opera legislativa dei burocrati pagati coi nostri soldi: in passato sono state fissate le misure, per esempio, degli zucchini commerciabili. I coltivatori che non si attengano al centimetraggio preteso lassù, in alto, sono rovinati. Per non parlare delle arance da distruggere in Sicilia per superiori ragioni di mercato. Talmente superiori da risultare incomprensibili, quasi come le quote latte. Non serve sforzarsi troppo per cogliere il senso di norme insensate. Impariamo a compatire e rassegniamoci a subire la dittatura dell’imbecillità.
Tuttavia non rinunciamo a fare propaganda al made in Italy. Accettiamo la normativa in corso di approvazione per ciò che attiene agli sciacquoni e ai sedili di plastica o legno (non sappiamo ancora), ma a una condizione: che sia lanciato in Europa, con un apposito editto, il bidet obbligatorio. Che non è soltanto una nostra specialità, ma anche l’emblema più importante della civiltà patria che altri Paesi, pieni di boria, non sono in grado di vantare: dopo avere apprezzato il comfort del water, conviene lavarsi. A tal fine nulla è più funzionale del sullodato bidet. Qualcuno obietterà che all’estero si accontentano della doccia mattutina. Non ci siamo: l’impiego del primo non esclude quello della seconda. Utilizzare entrambi aiuta l’igiene, e anche le fabbriche dell’ingegnoso sanitario, tutte concentrate sul nostro amato Stivale.