Quello che riporto è l’estratto di un lungo approfondimento che descrive puntualmente i passi che hanno portato, con decreto d’urgenza, alla negazione per una parte della popolazione italiana di un diritto fondamentale, quello di votare per l’elezione delle Province, con le relative ipotesi di sviluppo del pateracchio governativo e relative possibili conseguenze.
Nella lunga ed approfondita disamina si racconta del ricorso al TAR, per evidente vizio di incostituzionalità, presentato da quattro province e da “un gruppo di cittadini organizzato della provincia di Belluno”: il riferimento è all’azione coordinata dal Movimento BARD Belluno Autonoma Regione Dolomiti (per Belluno la presentazione non poteva che essere veicolata da “cittadini” stante il fatto che la provincia è commissariata).
Un altro contributo alla “questione Province”, in attesa di sapere quale sarà la strada che questo governo tecnocialtronesco intenderà imboccare (epiteto guadagnato sul campo è solo marginalmente dovuto a come è stata ordita l’ “eliminazione” delle Province, o la loro trasformazione in enti di secondo grado).
Il delitto è finalmente consumato.
E’ arrivata la scadenza elettorale amministrativa, per molti ma non per tutti.
I cittadini di otto Province italiane – in virtù di quanto disposto da un decreto legge, in considerazione della straordinaria necessità ed urgenza di “salvare l’Italia” – non potranno esercitare il loro diritto di elettorato per il rinnovo dei propri rappresentanti nella Province.
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Contro l’articolo 23 del decreto Salva Italia fanno ricorso, per evidente vizio di incostituzionalità, 8 Regioni: Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Campania, Molise, Sardegna.
Contro la mancata convocazione dei comizi elettorali della prossima tornata elettorale hanno presentato ricorso al TAR le Province di: Ancona, La Spezia, Vicenza e Como oltre ad un gruppo di cittadini organizzato della provincia di Belluno.
Un primo risultato è stato raggiunto: nasce una palese disparità nella rappresentanza di alcuni territori.
I cittadini di otto Province – a differenza delle altre – non avranno più una rappresentanza politica portatrice dei loro interessi in tutte le sedi istituzionali, ma saranno rappresentanti da un Commissario – non eletto ma nominato – che non risponde delle proprie scelte agli elettori ma al Ministro dell’Interno che l’ha nominato.
Con quale mandato un commissario potrà decidere se approvare un no ad esempio un piano urbanistico comunale?
Sulla base di quale autorità rappresentativa potrà stabilire le priorità negli investimenti ad esempio su scuole o su viabilità?
Sulle priorità nella destinazione delle risorse? Sulle scelte in merito al futuro assetto istituzionale nei tavoli di coordinamento?
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