Vale senz’altro la pena di rendere immortale, per quanto mi riguarda, questa “visione dei sindaci” del proprio ruolo. Ricorderete che a seguito dei domiciliari cui era costretto il sindaco di Cortina Franceschi (convertiti successivamente in divieto di dimora nel comune), parte dei sindaci bellunesi partecipò ad un corteo di solidarietà in suo sostegno. In quella occasione la solidarietà da loro manifestata apparve un messaggio portato più dagli “uomini” che dalla “istituzione” che comunque rappresentano.
Oltre al corteo, però, ricorderete la lettera di solidarietà siglata da 28 sindaci (28 su 69 anche se in calce al documento era apparsa la “prova” – riportata su un servizio televisivo – che gli estensori della lettera inizialmente pensavano di raccogliere l’unanimità dei consensi, ridottisi poi, come detto, a 28 su 69). E questa lettera non può più essere considerata – ovviamente non può – un sostegno degli “uomini”, apparendo per quello che è, un documento collettivo redatto dalla “istituzione” rappresentata dalla carica di sindaco.
[…] «Siamo senza parole – concedono -: l’arresto ci ha gettati nello sconforto. Massima fiducia nella magistratura, ma non possiamo nascondere una profonda amarezza». Al di là della vicinanza umana, «al sindaco e alla sua famiglia», l’idea è che essere a capo di amministrazioni locali è un mestiere difficile e, in un certo senso, pericoloso.
«Pur avendo come “parole d’ordine” legalità e moralità – si legge nella missiva – ci accorgiamo sempre più di muoverci sul filo del rasoio. La possibilità di vederci recapitare in municipio una denuncia, per le ragioni più disparate, è ormai all’ordine del giorno. I mittenti? Cittadini, dipendenti e ospiti. E noi, che il ruolo di sindaco lo svolgiamo quasi a titolo volontaristico, ci sentiamo in balia degli eventi». Insomma i primi cittadini, mettendo sul piatto della bilancia benefici e difficoltà, si chiedono: «Ma chi ce lo fa fare?». E secondo i firmatari «la voglia di mollare tutto inizia a dilagare; ma puntualmente torniamo, come tutte le mattine, nei nostri uffici, constatando che, alla fine della filiera amministrativa, siamo noi ad essere gravati da incertezze legislative». I sindaci, infine, chiedono «rispetto e dignità per le cariche istituzionali».
Il documento non può che presentare le solite precisazioni di rito “massima fiducia nella magistratura bla bla bla“. I sindaci, paladini di “legalità e moralità“, si accorgono di muoversi sul filo del rasoio. Loro, i sindaci, che svolgono il proprio ruolo “quasi a titolo volontaristico“, si dipingono come un bersaglio sul quale “cittadini, dipendenti e ospiti” possono lanciare le proprie frecce avvelenate. Poi, i primi cittadini, in uno slancio shakespeariano si chiedono:
«Ma chi ce lo fa fare?»
Dicono inoltre, “che la voglia di mollare tutto inizia a dilagare”. Salvo poi farci capire che, con sprezzo del periglio, “puntualmente tornano” alle loro incombenze.
Ora, confermando la mia opinione generale sul ruolo non certo specchiato che certa magistratura ha assunto nel tempo, mi chiedo:
- 1 – ma non sapevi tu, caro sindaco, quando ti sei candidato, che così vanno le cose in questo paese? Ricordi? Nessuno ti ha puntato una pistola alla testa e ti ha imposto niente. Ti sei presentato in virtù di tue convinzioni. Non puoi pensare, per averlo fatto, che oggi ti siano tributate facilitazioni che non siano quelle che abbiamo tutti. Non sei d’accordo?
- 2 – non ti hanno insegnato da nessuna parte che il potere giudiziario è nato come garanzia costituzionale, costituendo ovvio contrappeso al potere esercitato dalla politica, che assuma o meno ruoli istituzionali?
- 3 – se al tempo in cui ti sei candidato come sindaco non ti era chiaro che avresti potuto incorrere in questi problemi, ti ricordo che puoi sempre dimetterti ora, in questo preciso istante. Non ti crucciare, vedrai che una soluzione si trova. Magari ne eleggiamo un altro, di sindaco, che ne dici?
Come ultima considerazione. Non so quanti fra i 28 firmatari siano già al secondo mandato, ma qualcuno ce n’è di sicuro. Ciò mi fa pensare che siano un po’ duri di comprendonio, non vi pare? Sembrerebbe che non siano bastati i primi cinque anni a far loro capire i rischi che il ruolo di sindaco porta naturalmente con sé, tanto da ripresentarsi per un secondo mandato. Che ingenui!
E che dire di quei sindaci che in questi giorni hanno firmato il documento qui preso in esame, che hanno lanciato alto il grido di dolore «Ma chi ce lo fa fare?», e che magari tra un anno, o quello che sarà, si ripresenteranno per un secondo mandato? Solo ingenui?