Sul solco delle note di colore, perché altro non si può fare a fronte di cotanto mielistico sussiego (trascuro altre implicazioni per non coinvolgere le anime candide dei pupetti coinvolti). Trascurando gli scolaretti che brucano l’erba, mi duole pensare – come se non lo sapessi che è prassi – che insegnanti e personale si fanno stuola pur di asservire l’idea di un rinnovamento che proprio in queste scene trova la documentata testimonianza che “l’è tutta scena”.
Non è per il ”Vorrei mandare a fare in culo quelli che ce l’hanno con l’Europa“, cioè per la parte “formale” dell’espressione pronunciata da Mario Mauro sulla rete pubblica Rai Tre durante la puntata odierna di Agorà, anche se da un ex ministro della difesa della repubblica italiana – pur bananiera – ci si aspetterebbe un linguaggio un attimino meno ruspante, ma per la parte relativa al contenuto.
Perché “contro” l’Europa, un certo tipo di Europa che non si palesa da oggi ma che è così da sempre, si sono schierati da tempo fior fior di intellettuali (anche de sinistra) con argomentazioni tutt’altro che vaghe, anzi, ben radicate nei fatti che abbiamo sotto gli occhi quotidianamente. E senza neanche tirar fuori l’euro, perché fra i “contro” si possono annoverare ben sette, diconsi sette, premi Nobel per l’economia.
Ma siccome l’omuncolo è uno di sciolta civica che si è travestito da Popolare per l’Italia, tutto diventa più comprensibile.
D’accordo, ha avuto la “legittimazione” della direzione del PD per far fuori Letta. Si chiama fuoco amico e massacra anche i Prodini (che però come topi di fogna faticano a morire e ve lo troverete in corsa per il Colle). Questa storia della lealtà di Renzi ormai puzza da vecchio, el pibe de oro è lanciato a tutta velocità verso il muro che gli hanno preparato: lo alzeranno, il muro, al momento opportuno e boom vedremo solo una neola de piume. Tuttavia è opportuno avere in archivio le gesta d’avvio del lesto fante del PD, qui immortalate per futura referenza.
La vitalità di un ente non si misura dalla vitalità del relativo sito internet. Ci sono siti porno, per esempio, che hanno un successo inspiegabile anche senza alcun aggiornamento: basta ampiamente quello che c’è. Nell’Unione Sovietica i piani quinquennali erano nuovi appena partoriti ma poi restavano così, per l’appunto, per cinque anni (almeno). E si è visto a quali vette di organico sviluppo sia giunta la Russia a forza di piani quinquennali.
Del resto, un conto è un sito di informazioni sputate nella piazza con frequenza quotidiana, un conto è un sito che deve scrutare orizzonti di crescita che si spingono da qui al 2020. Tuttavia, sempre che l’orsetto aggiornatore sia semplicemente in letargo e non ad abbronzarsi a Rio de Janeiro, sarebbe meglio mettere in cronoprogramma – cioè cronoprogrammare – un aggiornamento della home page del sito del GAL Alto Bellunese che è rimasto un tantino indietro – no, non al liberty – sfoggiando una greeting card risalente all’epoca natalizia che ci siamo lasciati alle spalle.
Mi verrebbe di consigliare un’alternativa frizzante e coloratissima con soggetto carnevalesco tipo “Arlechin batocio”: per pochi giorni ma saremmo ancora in tempo. Ma se si vuol fare un salto di qualità immediato, direi che una bella colomba e qualche uovo pasquale sarebbe la scelta più opportuna (a meno che non si voglia piegare sulla celebrazione dell’equinozio, festa grande da ‘ste parti come tutti sanno). Come che sia, la cosa determinante sarà stabilire se l’orsetto aggiornatore dorme o meno nei paraggi (raggiungerlo a Rio sarebbe alquanto drammatico, immagino). Ma questo dubbio, vedrete, non durerà in eterno (tic-tac, tic-tac, tic-tac …).
(dai, che se fate i bravi poi vi faccio fare un po’ di analisi SWOT: promesso!)
Intanto devo ricredermi perché il presidente dell’unione montana Centro Cadore, Svaluto Ferro, ha dimostrato che può andare oltre la caccia alle farfalle (ricordate la vispa Teresa che tra l’erbetta rincorrea le farfalletta?). La dimostrazione tangibile che potrebbe addirittura, un domani non più lontanissimo, vestire i panni del capo rivoluzionario, viene da una breve intervista ad Antenna3. Messosi temporaneamente i panni del fine sociologo e antropologo, il nostro fruga nelle pieghe nascoste del corpo molle della società civile cadorina e bellunese e ci dà conferma che il popolo cadorino e l’intera provincia di Belluno starebbero guardando a forme di autodeterminazione politica.
Egli calca l’accento sulla parola “politica” per escludere che stia pensando ad altre forme di autodeterminazione quali quella linguistica, etnica, anti-ogm, anti-nuclearista, no-tav, civica e così via. L’autoderminazione cui fa riferimento, senza alcun dubbio, ha carattere eminentemente politico.
Però avverte, il presidente, che si dispiacerebbe se questa forma di autodeterminazione cui pensa – che sarebbe comunque nelle mani del popolo cadorino e bellunese – eventualmente sfociasse in “altre forme di autodeterminazione“. E qui accenna a quali potrebbero essere queste forme: “quelle già viste in passato” nel sudtitrolo dove con la loro autodeterminazione sono riusciti ad ottenere ciò che noi bellunesi con il dialogo non siamo mai riusciti ad avere.
E badate bene che quando dice “con la loro“, forse è proprio “a quella” che fa riferimento (quella lì, sapete no? quella … insomma, avete presente quella ad effetto, come dire?, ecco, pirotecnico!). Più chiaro di così!! A me pare, se non altro. Insomma è come se il mitico Colonnello Buonasera a Radio Londra avesse diffuso un messaggio speciale: “la minestra è cotta – ripeto – la minestra è cotta“.
Io credo che il popolo cadorino e l’intera provincia di Belluno stia guardando anche a forme di autodeterminazione politica che, mi dispiacerebbe eventualmente sfociassero in altre forme di autodeterminazione. Le abbiamo già viste in passato magari in territori contermini ai nostri, ad esempio quello sudtirolese, dove con la loro autodeterminazione sono riusciti ad ottenere quello che noi bellunesi con il dialogo non siamo mai riusciti, stati capaci di ottenere in questi anni.
Il nostro stempera poi l’ambientazione rivoluzionaria con un’affermazione a carattere pastorale che anche il vescovo avrebbe avuto qualche difficoltà a pronunciare.
Oggi, noi sindaci siamo gli elementi che ancora mantengono la coesione sociale, siamo gli unici che mantengono la coesione sociale, ma di fronte al continuo abbandono e insensibili a quelle che sono le nostre istanze, eh be’ … sicuramente … qualcuno dovrebbe farsi un attimino l’esame di coscienza e iniziare a pensare anche che forse il territorio montano avrebbe bisogno di un occhio di riguardo in ogni settore.
Sorvolo, cioè salto a pié pari (per ora), il concetto secondo il quele sarebbero i sindaci a mantenere la coesione sociale (‘sti qua si sono già dimenticati il Bim-Gsp, tanto per fare un esempio, invero il più demenziale …). Mi chiedo se veramente uno di loro potrà mai diventare il capo di una rivoluzione ruggente sulle ali della quale il popolo cadorino possa finalmente conquistare ‘sta benedetta autodeterminazione (a proposito: autodeterminazione de ché?). Poi guardo il video e vedo là in fondo, in secondo piano dietro la scrivania, quello che mi sembra essere il profilo di un retino per la caccia alle farfalle. Così mi convinco che il nostro è già pronto per un’altra caccia grossa ai lepidotteri.
Radio Cadore: “la farfalla volteggia leggiadra” — “la vispa teresa è caduta nell’erba” — “il grillo canterà alle sei” — “le cicale sono andate a dormire“.
W la revoluzion!!
(p.s. sorvolo anche sul commento secondo il quale i sindaci sarebbero andati “su tutte le furie”; l’unica furia che mi viene in mente se penso ai sindaci è Furia cavallo del West)
La giunta comunale di Calalzo di Cadore nel dicembre scorso con propria delibera ha espresso parere favorevole in relazione “alla proposta formulata dalle Guide Alpine Tre Cime di Lavaredo di poter svolgere sul territorio comunale e nelle zone suindicate la pratica dell’eliski”.
Non intendo affrontare il solito problema, già affrontato per gli elipranzi al rif. Ciareido al top della stagione estiva, legato – questa volta – alla pratica dell’eliski. In realtà mi ha incuriosito – in particolare – un passo della delibera della giunta calaltina che ho trovato riportata nell’articolo “Un motivo per impedire l’eliski sull’Antelao” e che qui propongo:
7) dovranno essere utilizzati elicotteri che riducano il più possibile il rumore e le emissioni inquinanti;
Talentuosa formulazione che lascia presagire che “in giro” vi siano elicotteri sia più rumorosi che più inquinanti di altri. Cosa peraltro verosimile. E’ davvero encomiabile – lo converrete – lo sforzo di chi ha redatto questo passo della delibera. Parimenti encomiabile lo sforzo che ha fatto poi sindaco e giunta a farla propria e a “proporla” al volgo (che è come fare un carico di lavatrice con o senza ammorbidente).
E’ come dire a uno, uno qualsiasi, cerca di essere il più possibile intelligente, il più possibile bravo, il più possibile … Buttati nudo in piscina ma, mi raccomando, non bagnarti troppo. Sparati al ginocchio ma cerca di non farti troppo male. Ubriacati responsabilmente. Che poi non è solo una questione di forma, ma anche di contenuto. In termini contenutistici sarebbe come imporre con delibera la fabbricazione di mine anti-uomo … con materiali ecocompatibili (c’è un certo divario e scarto, no, tra fine e mezzo).
Capite che cotanta formulazione legislativa introduce anche qualche dubbio di natura sia operativa che interpretativa. Per esempio, ci sarebbe il bisogno di formulare anche il metodo per verificare se gli elicotteri eventualmente utilizzati soddisfino o meno l’introdotta prescrizione. Che facciamo? Basta un’autocertificazione? Basta il bollino blu di un’officina qualsiasi appiccicato sulla punta dell’elica? Chiamiamo quelli della RAF? Facciamo fare la verifica direttamente al sindaco?
E’ bello sapere che in giro ci sono sindaci che, mentre le caprette ti fanno ciao, sono impegnati a tutelare in modo così appassionato l’ambiente senza tuttavia rinunciare al progresso ed ai benefici che questo comporta. Insomma, noi con questi amministratori ci sentiamo davvero nell’ormai classica “botte di ferro“. Ed è un piacere, come in questo lampante caso, registrarne le gesta.