Dicevo che il Pupo cela altri volti. Abbiamo già visto il Pupo Smile. Qui la ripresa mette in evidenza una trilogia di volti: quello Smile (la cerchiatura è riferita al solo sorriso che è riferito al Pupo nella sua interezza) insieme al Sofferente e all’Arcigno.
(ma c’è anche la sfinge…) (cliccare sull’immagine per ingrandire)
Dopo il “Sonno di Tutankhamon“, l’Indiano (Dante), ecco il Pupo “Smile”. Che già il Pupo in sé non scherza in quanto ad antropomorfismo (pupo-1 e pupo-2). Lo si vede di lato, di profilo. E’ un sorriso pieno, compiaciuto. Forse beffardo. Con le palpebre abbassate, ad assaporare più profondamente quella soddisfazione.
Segue da pareidolia dolomitica (dei volti pietrificati): l’indiano. Per me resta Dante (avete presente la rappresentazione iconografica del sommo poeta?), ma per tutti gli altri era l’indiano (e io sono democratico). Provate, verso il tramonto, a sedervi al cospetto di questo Dante, con nelle cuffie la voce di Loreena McKennitt che recita Dante’s Prayer:
Quando la selva oscura si parò davanti a me
E tutti i sentieri furono coperti
Quando i preti dell’orgoglio dicono che non c’è altra via
Ho arato la sofferenza di pietra…
(L’indiano: dalla punta più alta a destra, la Cima NE del Ciarìdo, seguire brevemente la cresta verso sinistra fino al… naso)
Quando la selva oscura si parò davanti a me
E tutti i sentieri furono coperti
Quando i preti dell’orgoglio dicono che non c’è altra via
Ho arato la sofferenza di pietra
Non ho creduto perché non ho potuto vedere
Eppure sei venuta da me nella notte
Quando l’alba sembrava persa per sempre
Mi hai mostrato il tuo amore nella luce delle stelle
Posa i tuoi occhi sull’oceano
Naufraga la tua anima nel mare
Quando la notte oscura sembra senza fine
Ti prego ricordati di me
Poi la montagna fiorì dinnanzi a me
Dal profondo pozzo di desiderio
Dalla fontana del perdono
Oltre il ghiaccio ed il fuoco
Eppure noi condividiamo questo umile sentiero, soli
Come è fragile il cuore
Oh dona a questi piedi d’argilla ali per volare
Per toccare il volto delle stelle
Respira vita in questo debole cuore
Solleva questo mortale velo di paura
Prendi queste speranze sgretolate, incise di lacrime
Ci solleveremo sopra queste terrene preoccupazioni
Va detto che soltanto quello precedente – di cammino verso la purificazione dell’anima – mi è stato ispirato da Ratzi. Ma, siccome ne ha fatti 88 proprio ieri, per omaggiare l’emerito ecco un’altra inquadratura del cammino che dal cucuzzolo, luogo di perdizione ove le donne lievi si bean al sole con le puppe al vento, seguendo il cammino de li legni, si giunge al fine all’agognata scala che, risalita con devota determinazione, spinge il velier oltre il brusco mareggiare entro lo securo porticciolo della Beata Vergine. E non c’è neanche il patos della sfocatura (che però dava risalto alla raggiunta purificazione, la riconquistata nitidezza presso il patio colonnato).