Partendo dal -34,2 per mille del saldo totale del 2015 (con un -20,9 di saldo migratorio e un -6,5 di saldo naturale), il fiuu ci sta tutto. Il 2016 si chiude con un più leggero saldo totale di -29,6 per mille, sebbene più grave in termini di saldo migratorio che è del -23,1 per mille. Anche in questa circostanza ci tocca la croce di peggior risultato tra i comuni del Centro Cadore, seguiti a brevissima distanza da Calalzo con il saldo totale a -29,3 ‰ e quello demografico a -21,1 ‰ (ma scopriremo poi che è anche il peggior risultato di tutto il Cadore). Nati, 5. Perse 41 persone, 9 per saldo naturale e 32 per saldo migratorio, per una popolazione totale a fine 2016 di 1.342 persone.
Le faccio (rivolto alla mia signora): “Toh guarda, non avete ancora segnalato su Maps il Museo della Latteria! Dovreste! Attraverso Maps passa ormai un sacco di gente. Eppure te l’avevo detto”.
Mi risponde: “Cosa?”
No, dico, su Maps il Museo della Latteria non c’è, NON ESISTE. Non è mica morto nessuno, eh. Ma te l’avevo detto.
Detto cosa?
Di segnalare il Museo, di aggiungerlo tra le attività presenti a Lozzo!
E chi lo può fare?
Credo che sia sufficiente disporre di un account Google.
E quanto si sta?
15 secondi.
Fallo tu allora (stronzo).
Fatto! Basta chiedere con gentilezza.
(l’icona del museo con il relativo titolo “Museo della Latteria”, riportate nell’immagine sottostante, non compare nella mappa pubblica (per ora le vedo solo io) ma l’inserito luogo -Museo della Latteria-, con il relativo corredo fotografico, è ora raggiungibile con la funzione “Cerca”)
(il diavoletto suggerisce che anche la Roggia dei Mulini potrebbe essere inserita, così come il sentiero botanico Tita Poa: ok, non sono attività con una sede propria, ma tentar non nuoce; osserva poi che, volendo, lo stesso ufficio turistico potrebbe/dovrebbe inserirsi… e così spero sia di voi)
Ebbene sì: anch’io, dall’agosto del 2016, ho sepolto il mio nokia-qualcosa – con una batteria che durava un mese e mezzo – per passare a uno smart (LG G5). Così durante l’autunno ho fatto qualche prova con una delle funzionalità messe a disposizione dal pincionoto, che ora ho raccolto nel video. Parecchie scene “saltellano” perché il telefono era tenuto in sede sul treppiede da un “coso” improvvisato che tuttora lo adorna (si sa che niente è più permanente di una cosa che nasce per essere provvisoria…).
Va detto che le riprese effettuate utilizzando lo zoom, cioè buona parte di quelle proposte, pagano uno scotto in termini di qualità, ma a me interessava più che altro sperimentare la diavoleria e i suoi limiti. La ripresa è stata eseguita alla risoluzione di 1920 x 1080 pixel (full HD), mentre il video ha il formato di 1280 x 720 px. Ogni scena corrisponde a un tempo reale mediamente tra i 15 e i 20 minuti.
[…] Ogni persona volontaria che ci ha preceduto negli anni ha lasciato un’impronta importante e un contributo prezioso. La Biblioteca attuale è la risultante di tutto questo lavoro svolto in circa 25 anni di attività.
A meno di non considerare la biblioteca di allora – quella nata 40 anni fa, cioè “circa” 15 anni prima dell’attuale 🙂 che, a sua volta, sarebbe la risultante di “circa” 25 anni di attività -, come la biblioteca di un dio minore. Ma questo io non credo (cit.).
Era comunale, co-mu-na-le. Ci avevamo anche il “comitato di vigilanza” eh!: “Mario Da Pra (presidente), prof. Fioravante Zanella, maestra Bettina Lovarini e Giosuè Baldovin”. C’erano 1.370 volumi (ma c’erano anche quelli “della Risveglio”, uno su tutti: L’origine delle specie di Darwin). E andavamo a Feltre alla libreria Pilotto, anche, poffarbacco, a fare incetta di libri. E c’era l’eleganza e la gentilezza di Nanuto Moma (Giovanni Zanella Moma) che affiancavo nell’aprire al pubblico l’ambaradan.
E quella biblioteca, così lontana nel tempo, produsse anche una qual certa attività culturale: mi ricordo, per esempio, che quando ci spostammo dalla “palestra delle Medie” alla sede di via Trieste (mi ricordo molto bene quello spostamento perché il trasloco dei libri lo feci, al 100%, personalmente: me medesimo), allestii in biblioteca una piccola mostra fotografica della Casera de le Fede con qualche “poster” che brevemente ne descriveva la storia (così la gente veniva a dare un’occhiata alla piccola mostra e… se ne usciva con un libro sotto il braccio).
Dai, che non è poi così difficile!
(qua-ran-ta! il numero naturale dopo il 39 e prima del 41; io tarzan, tu gein!)
Per la prima segnalazione di quest’oggi vorrei partire dall’immagine che accompagnava l’articolo apparso sul Gazzettino di Belluno il 25 marzo scorso, che il BLOZ ha a sua volta messo in evidenza, che dava conto delle mie perplessità (espresse puntualmente nell’articolo a briglie sciolte…) sugli interventi svolti lungo il corso del Rio Rin, in particolare riguardo alla situazione delle briglie.
In tale immagine appariva centralmente, sul lato sinistro, un “cubo di cemento”, laddove passava la linea dello scarico fognario prima che la brentana se lo portasse via. Da tale cubo – in realtà un chiusino posto lungo lo scarico – spuntava lateralmente, come si evidenzia nelle immagini che seguono, un innesto a curva. A che serviva questa curva?
Era una specie di valvola di “troppo pieno”. Eh, sì! Lo scarico fognario a valle di questo chiusino, per chissà quale ragione, con flussi di scolo sostenuti… rigurgitava e si riempiva di brutto fino a “far saltare” i chiusini d’ispezione (invece di confluire nell’impianto di depurazione). La soluzione trovata per ovviare al malfunzionamento fu geniale: il cubo col buco. Il flusso che occasionalmente tornava indietro (flusso di ritorno) riempiva il tubo fognario fino a trovare la curva, dalla quale usciva per finire nel Rio Rin.
Un bel dì, mentre rimiravo i lavori in fase di svolgimento lungo il Rio Rin, trovandomi a pochi metri da una riunione “sul campo” alla quale partecipavano “personalità e tecnici”, sento pronunciare questa frase: “… e poi lì bisognerà rimettere a posto quel troppo pieno…“. Così, sentii il bisogno di intervenire: “Eh no, cari signori, visto che la brentana ha messo buona parte dello scarico “con le gambe all’aria”, a quel malfunzionamento dovrebbe essere trovata una soluzione definitiva, non palliativa com’è quella del troppo pieno”. Cosa sia stato deciso al riguardo non si sa. Tutto ciò detto… solo perché si sappia.
La seconda segnalazione consegue alla prima. Dal giorno della brentana (4 settembre 2016), per tutto il periodo dei lavori (sospesi circa a metà dicembre) fino ad oggi, lo scarico fognario è stato gettato nel Rio Rin con, immagino, grande sollievo dell’impianto di depurazione che quell’acqua nera non la deve più trattare. Provo a immaginare cosa sarebbe successo se ad inquinare un corso d’acqua come il Rio Rin, come sta succedendo ora, fosse stato un privato, anche solo con un… tubicino.
Inoltre va ricordato che tutti gli utenti che, in forza di un obbligo istituzionale, essendo collegati alla fognatura pubblica, pagano tale servizio di smaltimento in bolletta al Gsp, lo stanno facendo anche se il medesimo non è per nulla erogato. Anzi, pagano per inquinare (e non viceversa). Tutto ciò detto… solo perché si sappia.
Ora, va bene la cosiddetta “emergenza”, ma che da allora lo scarico fognario sia ancora… a cielo aperto, non mi sembra sia una gran bella figura.
(per chi sostiene che l’acqua in fuoriuscita dalla fognatura si può quasi bere, allego anche qualche foto dalla quale si può dedurre che no, meglio non berla, quell’acqua…)