Dopo il “risveglio” del costituzionalista Silvestri e altre considerazioni a vari livelli sulla limitazione della libertà di circolazione, ecco ancora, in opposizione alle acclarate infamie di stato, una ulteriore presa di posizione da parte di alcuni magistrati di Aosta riportata dall’ANSA: Coronavirus: magistrati Aosta, passeggiate non sono illeciti (l’intervento completo è qui):
“Con estremo sconforto – soprattutto morale – abbiamo assistito – ed ancora assistiamo – ad ampi dispiegamenti di mezzi per perseguire illeciti che non esistono, poiché è manifestamente insussistente qualsiasi offesa all’interesse giuridico (e sociale) protetto”. Lo affermano, in riferimento al divieto di passeggiate, nove magistrati di Aosta in qualità di “cittadini”: Eugenio Gramola, presidente del tribunale, i giudici Anna Bonfilio, Maurizio D’Abrusco, Luca Fadda, Davide Paladino, Marco Tornatore, Stefania Cugge (giudice a Ivrea) e i pm Luca Ceccanti ed Eugenia Menichetti.
“In un territorio – scrivono in una lettera aperta – qual è quello valdostano – ma anche altrove, in zone di campagna o collinari su tutto il territorio italiano – ove molti comuni hanno una densità di popolazione assai limitata a fronte di un territorio in gran parte esteso in zona rurale, che pericolosità rivestono le condotte di chi, per sopravvivere alla situazione pesante in cui tutti viviamo, avendo la fortuna di abitare in comune montano – o comunque in zone isolate – (con gli inconvenienti ben noti in condizioni normali, soprattutto in stagione invernale, per spostamenti anche ordinari) faccia una passeggiata nei boschi ‘osando’ allontanarsi anche per qualche chilometro dalla propria abitazione, laddove superate le ‘quattro case’ del paese – proprio nel raggio delle poche centinaia di metri di spostamento consentito od almeno tollerato – si spinga fino alle zone solitarie di montagna dove – se ha fortuna – potrà incontrare forse qualche marmotta, o capriolo o volpe, transitando al più in prossimità di qualche alpeggio, al momento anche chiuso”. […]
“Tutto ciò – aggiungono i magistrati – avviene con sacrificio estremo, manifestamente non necessario, di diritti fondamentali di libertà personale e di circolazione dei cittadini di cui alla parte I della Costituzione, che meriterebbe rinnovata lettura ed attenta meditazione. Non dimentichiamo che le norme che vengano ad incidere e sacrificare diritti costituzionalmente garantiti, anche a tutela di altri diritti di pari rango che vengano a confliggervi, sono comunque sempre soggette a stretta interpretazione e perdono ogni legittimazione laddove le condotte sanzionate siano prive di lesività per il bene preminente salvaguardato”.
[…] Infine “se superassimo il pericolo da coronavirus lasciando sul tappeto libertà fondamentali e diritti primari di libertà che oggi vengono seriamente posti a rischio da condotte repressive non adeguate rispetto ai fini perseguiti, che risultato avremmo conseguito?”.
E’ solo un campionario delle infamie di stato (oggi un primo esempio) che si possono raccogliere in rete. Tanto per lasciare una traccia anche qui sul BLOZ da poter richiamare alla bisogna. Oltre ai giornalai che, ben oltre il dare la notizia, hanno alimentato la “caccia” ai “furbetti della passeggiata” confezionando titoli e articoli con tagli spesso fascistoidi, le cosiddette forze dell’ordine si son date da fare al punto da diventare forze del disordine per trasformarsi, in molti casi documentati, in forze del disonore. Infamie di stato, nient’altro.
Non ho mai sbavato per le casacche militari e paramilitari ma ho sempre rispettato il loro ruolo. Ma la pioggia di infamie di stato cui stiamo assistendo, quella vocazione all’imposizione del potere punitivo evidentemente mai sopita, e quel trarre da essa “sadica” soddisfazione, quel muro di prepotenza alzato tra esse e la gente se non impaurita disorientata dalle vicende epidemiche, mi hanno suggerito un drastico cambio di valutazione. Del resto, le infamie sono prodotte da infami.
Da servitori a servi dello Stato.
Crediamo, o forse ci costringiamo a credere, che la maggior parte di quelle forze dell’ordine siano ancora degne del nostro rispetto e della nostra stima. E così devrà essere, ma non sarà facile togliere tutto quel fango che loro stesse si sono gettate addosso in un impeto di follia punitiva sguinzagliata “per perseguire illeciti che non esistono”.
(sull’elicottero della guardia di finanza per i controlli in laguna)…(screenshot)
"Ecco Barbara, Barbara! L'uomo ha aumentato il passo e sta scappando, lo stiamo inseguendo! Si sta allontanando tra le case e lo stiamo inseguendo! Andrea, inquadra!".
I criceti hanno iniziato un nuovo ciclo di corse. In una di queste corse tale Padrin, evocando una campagna promozionale che faccia leva sulla montagna sicura (sullo sfondo del coronavirus), tira per la giacchetta tale Brusaferro (neretto mio):
«Proprio per questo, la Provincia e la Dmo lavoreranno insieme, in collaborazione ai consorzi turistici delle diverse vallate bellunesi per non perdere la prossima stagione estiva. Anzi, per portare avanti una campagna promozionale che faccia leva sulla montagna sicura. Lo ha detto nei giorni scorsi anche Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e teorico del distanziamento sociale, “in montagna il rischio di contrarre il virus è piuttosto basso, mentre se si va in contesti affollati è diverso”. […]
Ora, capite che imperniare una campagna dove, pur in sottofondo, il messaggio sarebbe “qui muori con meno probabilità” (ammesso che la supposta “maggior sicurezza in montagna” abbia un fondamento), non è proprio una scelta felice. Né per il rispetto alle vittime che ci sono state e ci saranno, né per la valanga di positivi che da Cortina sventolano bandiera… nera.
Va poi detto che definire Brusaferro teorico del distanziamento sociale è come definire Bombolo teorico della gravitazione universale, o il gondoliere teorico del galleggiamento, o il becchino teorico del trapasso.
Infine, tenetevi forte (dalle sardoniche risate), tale Brusaferro ha poi precisato che quel “Meglio andare in montagna era una battuta, non uno spot”. Anche perché quelli di Jesolo e Bibione ti potrebbero strappare i coglioni senza neanche chiederti il permesso.
“Meglio andare in montagna? Era una battuta – ha precisato Brusaferro – non uno spot.
Ma meglio non dirglielo ai criceti, sennò perdono il passo.
Il titolo poteva anche essere “tra alto atesinerie e sud tirolerità” (questo perché le “…erie”, come le cineserie, suonano più misere). Dunque, dal 14 aprile in Alto Adige ci si può spostare a piedi:
Spostamenti dalla propria abitazione “a piedi” sempre autorizzati
Il documento chiarisce che l’attività motoria rispetta comunque il requisito del distanziamento sociale se lo spostamento dalla propria abitazione avviene a piedi e se vengono comunque rispettate le norme di distanziamento sociale – almeno tre metri fra le persone – e se si indossa la mascherina, per evitare così ogni eventuale possibilità di contagio in caso di incontro con altre persone. I sindaci possono tuttavia scegliere di adottare norme diverse e, se necessario, più restrittive, in ragione della maggiore densità abitativa o dei dati relativi all’evolversi dell’epidemia.
La cosa sarebbe di per sé ragionevolissima, non fosse che la libertà di circolazione, garantita costituzionalmente, è in capo allo Stato che può regolarla solo con un atto di legge. Lo Stato ha sì concesso alle Regioni e Province autonome spazi di movimento ma esclusivamente nelle materie di propria competenza: e la libertà di circolazione non è una materia in capo alle regioni.
Per cui continua la farsa di uno Stato che procede a tentoni a suon di DPCM, con l’omuncolo solo al comando, mentre i presidenti di regione giocano a chi le spara più grosse, in spregio al dettato costituzionale, per cui, alla fine, dobbiamo constatare che la bananiera repubblica è tale in ogni frangente, contribuendo a produrre una situazione flaianamente grave ma non seria.
Inebriati dalle fermentazioni crautiane i nostri cugini alto atesini si spingono peraltro a concedere ai sindaci la possibilità di “adottare norme diverse e, se necessario, più restrittive”, dimentichi che il decreto legge del 25 marzo esautora i sindaci dal prendere decisioni perché spesso ispirate ad mentulam. Del resto, che senso può avere uno Stato non federale nel quale se esci per una passeggiata in Campania rischi che ti tirino alle gambe, in Veneto lo puoi fare ma a 200 m da casa (ora nei pressi), in Alto Adige puoi ora andare dove cazzo ti pare. Allora togliamo la libertà di circolazione dalla Costituzione e facciamola diventare una libertà regionale, anzi sindacale. Anzi, diciamolo, facciamola dipendere dal reggente della contrada.
Nel frattempo, messi da parte i crauti, i nostri cugini… stanno liberando le vacche (e questo è davvero un buon segno):
Accettare il diktat dello stare a casa senza ragione non è solo un rischio sanitario (il danno che tanti avranno da questa inutile clausura domestica) ma soprattutto il fallimento del patto di ragione tra stato e cittadino. Allo stato non si chiede di spiegare le motivazioni razionali delle regole. Ai cittadini non si chiede di comportarsi responsabilmente. Ognuno viene meno ai suoi obblighi e ci si tratta con l’indulgenza tipica di persone immature. Il patto non è più basato sulla ragione e sul rispetto reciproco tra persona e istituzione, ma sull’interesse e la paura. E la superstizione ne è il naturale collante. #iostoacasa esprime il fallimento della libertà e della democrazia. […]
Il primo decreto legge era “fuori legge”. Poi è stato corretto il tiro, con il secondo decreto legge, che smentiva il primo, abrogandolo quasi interamente. Questa non è responsabilità della politica, ma di chi è incaricato degli affari giuridici e legislativi. C’è taluno che ha persino dubitato che abbiano fatto studi di giurisprudenza. […]
Ad ogni modo, se si vuole, il primo diritto della persona riconosciuto dalla nostra Costituzione è proprio quello della libertà personale, che apre con l’art. 13 la Parte Prima dedicata ai diritti e doveri dei cittadini, mentre la disciplina del diritto alla salute si trova all’art. 32. […]
Ci sono vari altri interventi in materia di libertà di circolazione e libertà della persona, per fortuna, che non è il caso di segnalare ora. Sul fronte dei giornalai resta la solita regola: se per nascondere la merda la copri con altra merda… sei parte del problema.
Chiudo con una rivisitazione del Viandante sul mare di nebbia, che è essa stessa un capolavoro, emblema dell’idiozia dilagante al tempo del coronavirus (via @Comunardo):