E alla fine, i nostri watchdog, se ne sono accorti: l’infida Delta è tra noi e prospera silenziosa. Durante l’europeo già scalpitavano ma non potevano correre il rischio di passare per incalliti coglioni: hanno solo ritardato la dimostrazione. Dunque, un po’ a tutte le latitudini, i giornalai hanno ripreso il consolidato solco narrativo, dimenticato sul comodino alla fine di aprile, con le nenie d’ordinanza.
L’aumento dei casi è da imputare alla delta che, signora mia, è molto più contagiosa: basta uno starnuto da un portatore a cinque metri di distanza e la delta è già dentro di te. Di più: la delta ti entra con la sola imposizione delle mani. Ma oltre alla variante, signora mia, “buona parte della colpa è nostra“, ché siamo tornati al libera tutti irrispettosi delle norme buone e giuste che vanno adottate anche se in zona bianca e così spero sia di voi amen.
Drammatico se non terrificante il fatto che i casi siano decuplicati: caro giornalaio, se hai un neurone e la grazia che si decuplichi puoi contare su 10 neuroni, ma il bombo ne ha sempre 360.000 in più. Se avessimo la fortuna di avere una media settimanale di 0,0… casi e la settimana dopo di averne due, potremmo gonfiarci d’orgoglio dicendo al mondo che i casi sono aumentati di millanta miliardi per cento.
Se fosse vero che l’aumento dei casi di questi giorni “è colpa nostra”, come blaterato dai giornalai che non sono ancora riusciti a togliere la testa dalla lettiera di letame in cui l’hanno conficcata all’arrivo del coronavirus, i veronesi dovrebbero essere messi ai ceppi e, nel contempo, dovremmo trovare il modo di gratificare i rodigini ché, anche durante la seconda ondata, sono rimasti chiusi in casa dediti alla più morigerata sottomissione ai dettami di sanità pubblica.
Non ci pare di cogliere differenze culturali tra veronesi e rodigini tali da giustificare una siffatta differenza di casi settimanali per 100k abitanti (il 12 luglio, 38,7 per i primi e 2,9 per i secondi), neanche gli uni fossero Inuit e gli altri Pigmei: siamo o non siamo tutti figli della padania veneta. O forse i veronesi, che risaputamente hanno nel genoma qualche pezzo ereditato dai trisavoli di Amerigo Vespucci, si sono presi qualche vacanza lontano dal suolo patrio, importando rare spezie e un po’ di delta. O forse quest’ultima è stata importata via lago di Garda, veicolata dai crucchi in libera uscita (anche se Bolzano, che di crucchi ne vede parecchi, non sembra affetta dalla medesima piaga).
Fatevi una bella scorta di popcorn ché da qui alla fine dell’estate e oltre – se solo la delta dovesse sbadigliare un po’ di più – con questi watchdog con già la bava alla bocca, tra sequenziamenti, tracing e strette di cilicio lo spettacolo è assicurato.