produzione industriale dal 2000 in euro zona e USA (con 2000 uguale a 100)
Insieme alla nuova previsione dell’OCSE che dà il PIL 2014 dello stivaletto a -0,4% … mentre gli strenzi vengono lentamente a galla.
Insieme alla nuova previsione dell’OCSE che dà il PIL 2014 dello stivaletto a -0,4% … mentre gli strenzi vengono lentamente a galla.
Da Istat fresca di giornata (dove trovate la tabella excel con tutti i dati di spesa):
Nell’anno scolastico 2012/2013 sono 152.849 i bambini di età tra zero e due anni iscritti agli asili nido comunali; altri 45.856 usufruiscono di asili nido privati convenzionati o con contributi da parte dei Comuni. Ammontano così a 198.705 gli utenti dell’offerta pubblica complessiva.
Nel 2012 la spesa impegnata per gli asili nido è stata di circa 1 miliardo e 559 milioni di euro. Il 19,2% di tale spesa è rappresentato dalle quote pagate dalle famiglie, la restante a carico dei Comuni è stata di circa 1 miliardo e 259 milioni di euro.
Fra il 2004, anno base di riferimento, e il 2012 la spesa corrente per asili nido, al netto della compartecipazione pagata dagli utenti, ha subito un incremento complessivo del 48%. Nello stesso periodo è aumentato del 36% (oltre 52 mila unità) il numero di bambini iscritti agli asili nido comunali o sovvenzionati dai Comuni.
Nel 2011, per la prima volta dal 2004, si ha un decremento del numero di bambini beneficiari dell’offerta comunale di asili nido (-0,04% nel 2011) confermato anche nel 2012 (-1,4%).
Nel 2012/2013 sono in calo le iscrizioni agli asili nido comunali (circa 2.600 utenti in meno rispetto all’anno precedente) e in misura più contenuta i contributi dei Comuni ai nidi privati o alle famiglie (circa 300 bambini in meno).
La percentuale di Comuni che offrono il servizio di asilo nido, sia sotto forma di strutture che di trasferimenti alle famiglie per la fruizione di servizi privati, è passata dal 32,8% del 2003/2004 al 50,7% del 2012/2013.
Forti le differenze territoriali: i bambini che usufruiscono di asili nido comunali o finanziati dai comuni variano dal 3,6% dei residenti fra 0 e 2 anni al Sud al 17,5% al Centro. La percentuale dei Comuni che garantiscono la presenza del servizio varia dal 22,5% al Sud all’76,3% al Nord-est.
Nell’anno scolastico 2012/2013 l’1,2% dei bambini tra zero e due anni (circa 20 mila) ha usufruito dei servizi integrativi per la prima infanzia. Tale quota risulta in diminuzione nel corso degli ultimi tre anni di osservazione.
Sommando gli utenti degli asili nido e dei servizi integrativi, sono 218.412 i bambini che si avvalgono di un servizio socio-educativo pubblico o finanziato dai Comuni, il 4,8% in meno rispetto all’anno scolastico precedente. Il calo degli utenti è più accentuato per i servizi integrativi per la prima infanzia (oltre 8.000 bambini in meno rispetto al 2011/2012), più contenuta la diminuzione degli utenti per gli asili nido (circa 2.900 bambini in meno).
L’Italia, si sa, è lunga e varia. Infatti la varianza fra regioni misurata per l’alfabetizzazione finanziaria è molto estesa (dati OECD e PISA). Il Veneto primeggia seguito dal FVG e dalle province autonome di Bolzano e Trento (c’è una incongruenza nel colore del FVG che dovrebbe essere rosso). Su Linkiesta gli altri grafici esplicativi.
E’ bello sapere che i veneti dispongono di una elevata alfabetizzazione finanziaria mentre il loro tessuto industriale viene fatto a pezzi dagli ignavi finora succedutisi al governo con politiche di rapina (ora tocca agli ignorantoni del PD dimostrare, se mai ce ne fosse bisogno, la loro incompetenza astrale: diciamo che quelli lì davanti, Renzie e Delrio, non fanno proprio nulla per sembrare meno ignoranti di quanto non siano).
A proposito di campionati già persi in partenza (ma quanti altri ce ne sarebbero da raccontare!). Da leggere per intero su Linkerblog (Startup, la coppa che abbiamo già perso):
Detto questo il fatto è che dobbiamo sbattere (ancora) la faccia sui limiti che ci siamo creati nel paese lento e burocratico in cui viviamo e mangiamo. Limiti che sono evidenziati in modo crudele nella ricerca annualmente pubblicata da EY in ‘The EY G20 Entrepreneurship Barometer- The Power of Three” che per il 2013 mostra risultati imbarazzanti per l’Italia.
Siamo classificati nel 4° gruppo-quartile insieme a Turchia e Indonesia, a lunga distanza da USA, Canada, Corea del Sud. E siamo indietro in tutte le classifiche parziali che determinano la propensione di un paese a sostenere la nuova imprenditoria.
Elaborazione dati Istat effettuata da Scenarieconomici.it (al quale si rimanda per i dati macroregionali e nazionali):
[…] In sintesi, nel 2013, il PIL e’ cresciuto unicamente in Lombardia e Trentino Alto Adige, dello 0,6% e dello 0,7%. Flessioni contenute entro il punto percentuale in Toscana (-0,5%), Friuli VG (-1,0%) e Campania (-1,0%), unica regione meridionale a non collassare). In difficolta’ l’Emilia Romagna (-1,3%), ma ancor piu’ il Lazio (-2,2%), il Veneto (-2,3%) ed il Piemonte (-2,5%). Seria la situazione in Liguria (-3,0%), Marche (-3,7%) ed Abruzzo (-3,5%). In crollo verticale il PIL in quasi tutte le regioni Meridionali, dove e’ in atto da anni un impoverimento epocale: Sicilia (-5,4%), Puglia (-6,7%), Calabria (-7,0%) e Sardegna (-7,4%)
Dal blog di Franco Morelli opendatabassaromagna (c’è anche il dataset disponibile per una scorpacciata, se mai si fosse tentati …):
Auronzo 18.089; Lozzo 17.594; Vigo 16.790; Pieve 22.060; Calalzo 20.019; Domegge 20.009; Cortina 26.306 …. (in euro).
(per pro-capite si intende pro-dichiarante non pro-cranio; viene espresso anche l’indice di Gini … ma trovate tutte le spiegazioni al link segnalato).
(che dici @Scaziol, mi ci ficco? che, me daresti na manina o devo fa tutto da solo?)