Devo riconoscere che l’amministrazione di Pieve di Cadore è un po’ più avanti delle altre centro cadorine: qui si pubblicano le delibere fin dal 1° gennaio 2010, qui si è dato spazio al referendum sull’utilizzo pubblico dell’acqua, si sa che la Ciotti sostiene energicamente il progetto di Autonomia per la provincia di Belluno. Dalle altre parti nisba. Qui, sul sito istituzionale intendo, ho visto (e su nessun altro sito istituzionale c’è) un richiamo al Diga-day:
Gli amministratori della montagna si incontreranno SABATO 26 GIUGNO ALLE ORE 11.00 AI PIEDI DELLA DIGA A SOTTOCASTELLO per manifestare tutto il disagio e per spiegare la mortificazione che subiscono i territori montani a seguito della manovra economica dell’attuale Governo.
Nella pagina viene anche offerto il collegamento ad un documento nel quale vengono spiegate le motivazioni per le quali si è deciso di manifestare il disagio nella manifestazione Diga-day.
Ora, visto che a Pieve siete specializzati nel “metterci la faccia“, trovo che sia politicamente gretto l’offrire in lettura, stante il drammatico valore degli argomenti in gioco, un documento di una assoluta anonimità, i cui contenuti, ovviamente e genericamente condivisibili, potrebbero essere stati prodotti con un classico “taglia e incolla” da uno dei tanti e più o meno impersonali documenti che girano in rete.
Io cittadino voglio vederci le vostre facce nel documento, se non proprio le facce ci voglio vedere la firma, deve essere scritto da qualche parte, insomma, che i concetti enunciati sono sottoscritti da tizio, caio e sempronio, sindaci di qui, lì e là.
Il fatto che questo documento mi venga offerto da un sito istituzionale qual’è quello che fa capo all’amministrazione di Pieve può anche essere una “garanzia”, ma un documento siffatto (leggetevelo) non impegna nessuno, se non indirettamente la coraggiosa Ciotti. Questo documento equivale a “un bel tacer non fu mai scritto“. Si può anche dire che può essere stato postato da un oscuro funzionario inebriato dai fumi dell’alcol.
Questo per quanto riguarda la forma (che però è anche sostanza se gli argomenti sono quelli che sappiamo). E giungiamo allora alla sostanza “vera”. Tutte belle cose quelle scritte ma bisogna riflettere anche sulle scelte in capo ai singoli comuni, e io conosco quello di Lozzo. Parliamo allora …
- dei 270.000 € impegnati dal comune (più altri 630.000 € coperti dalla Regione Veneto) per una struttura, il palazzo Pellegrini-Mubarak, che risulta chiuso e che, anche se fosse aperto, non porterebbe nulla alla disastrata situazione economica in cui versiamo;
- dei 160.000 € spesi per ammodernare (esteticamente senza alcuna aggiunta culturale, e che qualcuno mi dimostri il contrario, non vedo l’ora) un Museo della Latteria che non porterà a nessun rilancio dell’economia reale;
- dei 470.000 € da investire in impianti fotovoltaici di dubbia efficacia (fra 20 anni, quando scopriremo che sono stati un costo per il Comune, chi ringrazieremo?);
- della passata svendita all’Ater degli appartamenti di proprietà comunale;
- dei 114.000 € spesi per una “barbara” operazione di maquillage per ottenere il parco solare della spianata di Loreto;
- dei 130.000 € spesi per il camion di Big Gim (spesa che poteva essere molto più oculata ed efficiente);
- dei 6300 € spesi per concerti, dei quali 3410 € per uno soltanto, per poi venire a dire che non ci sono soldi (800 €) per stampare materiale turistico promozionale;
- dei ……………….;
Le scelte di un certo tipo di gestione del territorio, del riavvio delle filiere legate all’agricoltura e all’allevamento di montagna, di quelle legate all’utilizzo del legno, le lasciamo fare, nelle condizioni normative che conosciamo, ai singoli cittadini?
La vera ingiustizia, che noi tutti avvertiamo, è che lo Stato italiota pretende sacrifici da chi li ha già fatti (genericamente, il nord rispetto al sud), mettendo effettivamente in pericolo la sopravvivenza dei nostri enti comunali. Ma se entriamo nello specifico, cari amministratori, c’è più di qualcosa che non funziona. E allora parliamone, ma sappiate che è finito il tempo in cui ci potevate prendere per il culo.