Almeno un gallo ha cantato (dei tre che abbiamo in consiglio regionale), e mi sembra che l’abbia fatto in modo forte e soprattutto chiaro. Chissà che anche Bond, dopo aver sistemato la faccenda dei pendolari (ha chiesto aiuto anche a Capitan Ventosa…), non si affacci al balcone. Idem Toscani.
Nel frattempo, non avevamo dubbi, si è deciso un aumento del 5% delle bollette che pagherà Pantalone (chissà perché la cosa non ci coglie di sorpresa).
Premetto che sarebbe bastato un link all’articolo pubblicato su Bellunopress, ma la lettura sarebbe stata “impaccata”; allora ho dato un po’ d’aria e d’ordine al contenuto (il grassetto è mio) sperando che risulti più digeribile.
E’ un buco o sono debiti esigibili? Buona o cattiva gestione? Colpa degli amministratori della società, dell’ATO o di chi altri? Molte voci si sono sollevate a discutere sulla gestione del servizio idrico, sulle eventuali responsabilità nella conduzione della società BIM/GSP, sulle prospettive del servizio e sul rischio che si scarichino sul cittadino i costi degli errori compiuti.
Ognuno rivendica la sua parte di verità, ma il tema vero è cercare di andare alla radice del problema per evitare di ripetere scelte sbagliate, o non sufficientemente meditate, e di trovare soluzioni in cui chi non ha alcuna responsabilità sia, alla fine quello che paga, cioè il cittadino utente del servizio. Ci sono sicuramente state scelte gestionali discutibili che personalmente ho sempre evidenziato, ma la questione vera, di fondo, sta nella decisione di affidare il servizio alla GSP e nella modalità con cui questo è avvenuto.
Riepiloghiamo brevemente. Entro Giugno 2003, in virtù della normativa (legge Galli e Legge Regionale 5/96) l’ATO (organismo composto da 66 comuni dalla nostra provincia), deve affidare la gestione del servizio tramite gara ad evidenza pubblica oppure direttamente ad una società interamente pubblica. I sindaci si orientano per l’affidamento ad una società interamente pubblica e cioè la BIM/GSP composta da tutti i comuni della provincia.
Io, che seguivo allora la questione in qualità di assessore provinciale alla tutela delle acque, sono invece per una ipotesi di società mista sulla falsariga dell’esperienza già fatta, con successo, per la Dolomiti Bus. Di cosa si trattava? Di indire una gara pubblica europea per individuare uno o più soci privati interessati ad acquisire fino al 40% di una società composta per almeno il 60% da enti pubblici.
Può sembrare una contraddizione rispetto al mio impegno per la tutela delle acque, ma non lo è. Faccio questa proposta perché:
- la maggioranza e quindi l’indirizzo, le finalità ed il controllo sarebbero state saldamente nelle mani degli enti pubblici (i comuni);
- la gestione industriale sarebbe stata esercitata dalla società partecipante (pubblica o privata non importa) che avrebbe avuto già una competenza nel settore e avrebbe potuto apportare conoscenze e professionalità di cui era totalmente priva una società come GSP che aveva fatto altri mestieri ma di acqua non sapeva nulla;
- questa società avrebbe apportato capitale fresco necessario per avviare la gestione senza ricorrere, come invece è stato, all’indebitamento, scaricando sulla tariffa il costo degli interessi;
- affidando la gestione tramite gara si sarebbe evitato il conflitto d’interesse e garantito trasparenza a tutto l’iter;
- a quel tempo eravamo all’avvio del processo di gestione e ci sarebbe stato interesse di società esterne anche per una realtà poco interessanti dal punto di vista del volume d’affari come Belluno.
I sindaci vollero invece affidare il servizio alla BIM/GSP senza gara e sulla base di un piano d’ambito che tutti sapevano bisognoso di un notevole approfondimento e messa a punto. Non c’era infatti tempo per questo visto che la norma prevedeva che per poter affidare direttamente il servizio senza procedura di gara bisognava farlo entro giugno 2003.
Si affidò così il servizio ad una società priva di professionalità specifiche, priva di capitale adeguato, su presupposti di un piano inattendibile e aprendo un conflitto d’interessi imbarazzante e imbalsamante. E’ ridicolo il gioco allo scaricabarile che il consiglio di amministrazione della società ha cercato di praticare. Da una parte e dall’altra ci sono gli stessi enti e le stesse espressioni istituzionali. Evitiamo quindi di cadere nel ridicolo. E soprattutto cerchiamo di capire cosa vogliamo fare per il futuro.
Ho cercato di ricostruire come sono avvenuti i fatti non per il piacere di individuare responsabilità, che ci sono e pesanti, di ordine politico ancor prima che di gestione della società, ma per evitare che si ripercorrano strade che se sono state sbagliate ieri lo sarebbero ancor di più e più colpevolmente oggi.
Ma chi gestirà questa fase? L’ATO. Su questo, al momento, a legislazione vigente non ci possono essere dubbi. E qui sta esattamente l’altra debolezza di tutta la vicenda. La funzione di indirizzo e di controllo è persino più delicata e difficile di quella di gestione. Richiede competenza, professionalità, autorevolezza, credibilità. Tutto ciò che un soggetto come l’ATO non possiede e, così pensato, non potrà mai possedere.
Entro il 31 dicembre l’ATO deve fare la gara per l’ingresso dei privati nella società; entro il 31 marzo la Regione deve emanare la legge di riforma degli ATO. Un guazzabuglio. E’ utile che il Consiglio Regionale si dia una mossa per fare una legge che avrebbe dovuto fare già da due anni e mezzo.
Sergio Reolon