Là fuori c’è uno di Forza Italia che, traendo spunto dal referendum per la fusione di Longarone e Castellavazzo, dice che …
“Una scelta lungimirante, virtuosa, responsabile e al passo con i tempi. Ancora una volta le comunità di montagna dimostrano una capacità di autogoverno che altre realtà non hanno. Il Governo dovrebbe prenderne atto e capire che questi territori sono pronti a nuove forme di autonomia”. A dirlo è il senatore di Forza Italia Giovanni Piccoli all’indomani della vittoria dei sì per la fusione dei comuni bellunesi di Longarone e Castellavazzo, dove ieri, domenica 9 febbraio, i cittadini sono stati chiamati alle urne.
Il senatore-peones bellunese forgia le proprie considerazioni sull’autogoverno e le nuove forme di autonomia (quali?) basandosi sui risultati del referendum. A Longarone si sono recati al voto il 27% degli aventi diritto, neanche uno su tre. Anche considerando gli iscritti all’Aire (l’anagrafe degli italiani residenti all’estero) – come è giusto che sia – la percentuale non va oltre il 40%. A casa mia questo risultato si chiama flop.
Forse non mi sono spiegato:
flop, flop, flop, flop!
Considerando – in particolare – che si trattava di fondere due comuni – dove i rispettivi sindaci è da mo’ che la menano – non di dichiarare una secessione da una provincia, per fare un solo esempio, atto che implica variabili ben più complesse e pregne di patos. Se poi si considera che i sì a Castellavazzo sono stati il 65% (qualche dubbio deve pur averlo avuto quel 35% che ha votato no), la misura del flop dovrebbe risultare evidente anche ai macachi (ai non avvezzi alla politica). Vogliamo parlare di “successo” – con tiepido entusiasmo – almeno al di sopra del 50% dell’affluenza elettorale? Almeno!?!? (mica siamo in Svizzera qui)
Sappiamo che i paraculi della Regione Veneto hanno tolto il quorum a questi referendum consultivi (e noi che siamo fervidi sostenitori della democrazia diretta propositiva – inesistente in Italia, a parte l’Alto Adige -, abbiamo accolto tale scelta con entusiasmo, anche se il “senza quorum” va applicato ad ogni tipo di referendum) proprio perché – da consumati paraculi – avevano intuito che la gente, quando la lasci decidere da sola, ti può anche sommergere con la classica vagonata di letame. E questo sta succedendo, nonostante la barriera del quorum sia stata levata.
Anche i macachi c’arrivano, dicevamo, ma Piccoli no. Il forzista si sforza di leggere in questo risultato-flop il segno che “le comunità di montagna dimostrano una capacità di autogoverno che altre realtà non hanno”. Si può solo dire che nelle condizioni date – certamente artificiose rispetto al passato per la mancanza del quorum – hanno prevalso i sì alla fusione, ma che questo sì – complessivamente stitico – dimostri “capacità di autogoverno che altre realtà non hanno” si dimostra realistico quanto sostenere che un prete, per il solo fatto di essere prete, sia in grado di non commettere alcun peccato. Hai voglia!!
Che le comunità di montagna abbiano capacità di autogoverno è dimostrato dalla loro Storia, non solo passata ma anche recente, basti guardare ai referendum per il passaggio di regione – a quelli storici in particolare – che non sono mai stati espressioni della politica, troppo impegnata a salvare la propria faccia di tolla, ma sono sempre stati proposti e compiuti dall’attivismo della gente che a quella politica ed ai suoi rappresentanti, semmai, con quel voto referendario ci ha sputato addosso.
Se tale Piccoli si presentasse da Delrio e sostenesse la capacità di autogoverno delle nostre comunità di montagna portando come prova il 40% di affluenza a Longarone (27% con Aire) col 35% di sì (l’87% di 40%) ad un referendum per la fusione dei comuni, sarebbe lecito aspettarsi dal ministro degli Affari regionali una adeguata smorfia di sano disgusto.
Altre sono le prove che dimostrano che questi territori sono pronti per l’Autonomia. Ma, anche qui, i macachi sono in grado di scorgerle, Piccoli evidentemente no.