A parte lo spreco di denaro pubblico, c’è una cosa su tutte che mi preme veramente far capire riguardo al nostro Museo della Latteria.
Credo che una certa fretta nel nostro vivere quotidiano ostacoli la visione di alcuni accadimenti secondo la “chiave di lettura e comprensione” che cercherò di mettere di seguito in luce (per quanto sia, una volta spegata, una banale ovvietà).
Partiamo da una prima constatazione. Il Museo è espressione dell’Associazione Latteria Sociale, erede e continuatrice dell’omonima associazione nata il 6 ottobre del 1884 “per la confezione in comunione dei latticini nella stagione invernale …” (di cui corre quindi quest’anno il 125° dalla data di costituzione).
Il Museo quindi è espressione di una associazione privata che, però, ha una caratteristica di assoluto valore. Nel contesto storico di quegli anni l’Associazione è stata espressione diretta di tutta “la Gente di Lozzo” perché, sostanzialmente, non c’era famiglia che non avesse un animale da latte da cui dipendeva la propria sopravvivenza.
Se è vera, come è vera, l’uguaglianza “Associazione Latteria Sociale = Gente di Lozzo“, allora il Museo della Latteria è il museo di tutta la Gente di Lozzo.
Esso deve cioè essere visto, nei confronti dello Stato, come un bene privato, nei confronti della popolazione di Lozzo come un bene collettivo.
E se è poi vero, come è vero, che la “Gente di Lozzo” è gente ladina, allora il Museo della Latteria dovrebbe essere inteso, al di là del nome, come il Museo Ladino della Latteria di Lozzo di Cadore.
E qui bisogna che facciate attenzione. Date queste premesse, secondo me è l’Associazione Latteria Sociale (ladina) che, eventualmente, si avvale della collaborazione di professionisti, e non il contrario. L’ultima parola deve essere quella dell’Associazione, che dovrebbe tutelare, prima di ogni altra cosa, la nostra identità ladina. Altrimenti, cara Gente di Lozzo, avremmo consegnato l’unica vera e genuina isola felice della nostra ladinità nelle mani di un soggetto che può, in ogni momento, disporre a proprio piacimento della “nostra identità ladina“, fino al punto di annullarla o perlomeno confonderla nel mare magnum di una generica italianità.
Vi chiedo ancora uno sforzo di comprensione. Ecco un ipotetico scenario futuro. Supponiamo pure che la nuova realizzazione dell’allestimento soddisfi “tutti”. Se, successivamente, a me Associazione Latteria Sociale viene in mente di mettere al centro del museo la statua di Martin Luther King che munge una mucca, ritenendola funzionale al “senso del museo”, POSSO FARLO o DEVO CHIEDERE IL PERMESSO A QUALCUNO (comunità montana, comune, conservatore del museo che sia)????.
Ecco perché mi farebbe un enorme piacere se l’Associazione Latteria Sociale si esprimesse pubblicamente su questo argomento chiarendo a me, e spero a tanti altri che la pensano come me, se in un ormai prossimo domani saremmo ancora noi, “Gente ladina di Lozzo“, ad avere in mano le redini del nostro futuro, almeno in relazione al Museo della Latteria, o se dovremmo subire l’occupazione di uno Stato-Regione-Comune che solo a parole tutela le minoranze, esercitando poi nei modi più subdoli una occupazione delle “nostre cose” e, quel che più mi importa, della nostra memoria storica (e quindi delle nostre coscienze).
Il perché delle foto?. Semplice. Vivere liberi e fieri come una volpe (con un allestimento museale magari spartano, ma dignitoso e soprattutto nostro) o soggiogati e sottomessi come una pecora (ma con un allestimento rilucente)? Naturalmente c’è una terza via. All’Associazione Latteria Sociale il compito di farcelo sapere.
Foto Flickr: volpe (michebaird); pecora (foxypar4)