l’acqua della Lola (e di Col Vidal) – 2a parte
Nel precedente articolo relativo all’acqua della Lola “l’acqua della Lola (e di Col Vidal) – 1a parte“, accennavo al fatto che, cercando di ripristinare la funzionalità dell’acquedotto, che dovrebbe consentire l’arrivo dell’acqua a Col Vidal, sono sorti dei “problemini” di carattere tecnico.
Questi problemini hanno compromesso il corretto utilizzo dell’acquedotto al punto che, di acqua per la Lola (per le mucche insomma), ne giungeva un solo filino, tanto da costringere i pastori a lasciare la pompa in funzione per più ore per riempire i due abbeveratoi con una discreta quantità d’acqua. Gli abbeveratoi sono due in quanto, nell’agosto scorso, a quello del Lago Morto ne è stato aggiunto un altro, posto sul curvone appena sotto la Forzeluta de Mizoi (nei pressi della baita dei Foracol o de Emadora).
Chi ha svolto i lavori di ripristino per conto di Taferner si è reso conto che, in ragione della scarsità d’acqua sul tubo di presa, la pompa cavita, ossia crea bolle d’aria che le impediscono di mandare in pressione il condotto. Fra la Casera dele Vace (1763 m) e la Forzeluta de Mizoi (1850 m), punto più alto da superare, vi sono circa 90 metri di dislivello. La colonna d’acqua oppone quindi una resistenza di circa 9 atmosfere e, se la pompa aspira aria, anche poca, inizia a cavitare (gira a vuoto senza esercitare spinta sulla colonna d’acqua) ed il flusso si arresta o si riduce drasticamente (e questo è il motivo per cui i pastori recitano così spesso il rosario …).
La Casera è alimentata dall’acquedotto di Fraìna che non ha mai avuto una grande portata. Se ci aggiungete il fatto che a tale acquedotto sono collegate svariate baite, che spesso sono dotate di servizi interni (lavello, cesso e talvolta anche doccia), e che in particolare durante il mese di agosto ospitano i rispettivi proprietari (che alla sera evidentemente puzzano e quindi si lavano), ecco spiegata la natura della scarsità d’acqua (a monte della sorgente di Fraìna per cause naturali, a valle anche per cause antropiche).
Quando poi la scarsità d’acqua si manifesta nei “servizi essenziali” alle baite, ecco che qualcuno, fattosi “furbo”, chiude momentaneamente la valvola che fa giungere acqua alla casera (talvolta, mica sempre), che riapre solo dopo aver soddisfatto i propri bisogni (primari e non).
Tenete conto, per inciso, che la caserma di Soracrepa non è aperta; se lo fosse, anche senza pensare a 50 posti letto, bisognerebbe contingentare l’acqua o approvvigionare l’altopiano con un servizio di autobotti.
Soluzione. Il problema descritto, della scarsità d’acqua in arrivo alla Casera dele Vace, che ne compromette il pompaggio agli abbeveratoi della Lola ed alla fontanella di Col Vidal, trova semplice soluzione nell’utilizzo di una vasca di carico, di conveniente capacità, con la quale si evita l’aspirazione di aria e la conseguente cavitazione della pompa (la tecnologia offre anche altre soluzioni, eventualmente perseguibili, ma questa è la più semplice).
Attenzione però: installata la vasca di carico, se si vuole avere acqua non solo per gli abbeveratoi, quindi non solo per la Lola, ma anche per i turisti in transito a Col Vidal, bisogna far funzionare l’autoclave: la pompa, regolata da un pressostato, manda in pressione la condotta; nel momento in cui vi è un prelievo d’acqua che fa scendere la pressione (ovviamente i rubinetti devono essere a richiusura automatica), scatta il pressostato che riattiva la pompa per il tempo necessario a riportare l’impianto alla pressione d’esercizio.
E se si dovesse riaprire la caserma di Soracrepa con funzione di accoglienza turistica (albergo)? 20, 30, 50 persone che dormono, mangiano, ca…., si lavano ecc ecc.. L’acqua dove la si trova? E’ stata prevista una grande vasca di accumulo? NOO?
In questo caso basterà ricorrere a ciò che è previsto al capitolo “Approvvigionamento idrico” del noto studio “Lo sviluppo turistico di Pian dei Buoi: guida alle buone pratiche“, reso possibile dal concorso di idee ideato in periodo pre-elettorale e fortemente perseguito da questa amministrazione, cui tutta la popolazione di Lozzo ha contribuito con spirito collaborativo (così infatti era previsto), integrato dall’immancabile contributo di qualche professionista (ultimamente vanno di moda gli architetti).
Oppure aspettate un mio prossimo articolo sull’argomento.