Svariate collezioni private: un esempio di museo diffuso sul territorio
Qualche giorno fa mi ha fatto visita una persona che, nelle vesti di volontario, ha prestato per parecchio tempo la propria opera al museo della latteria. Mi ha detto di essere stato dal sindaco e di aver avuto da questi assicurazione che, scrivendo “quelle particolari parole sul bollettino comunale“, non intendeva riferirsi a lui (il volontario).
Sembra che queste parole siano bastate per rincuorarlo. Buon per lui. Ma allora, a chi erano riferite? Chi è interessato o semplicemente curioso può recarsi in pellegrinaggio dal Botanico Palazzo e chiedere lumi. Non saprà a chi erano dirette quelle parole, ma saprà se lo erano nei suoi confronti (e non lo saranno mai, il sindaco è uomo di chiesa…).
Io quelle parole non le ho digerite. Neanche un po’. In una occasione di “gioia” come dovrebbe essere una inaugurazione, al di là delle valutazioni di merito sulla riuscita o meno dello sforzo allestitorio, queste parole se le poteva risparmiare.
Ed ecco riproposte le “parole del sindaco” (faccio notare che si parla di “svariate collezioni private”: un esempio, ante litteram, di museo diffuso sul territorio):
Un motivo di orgoglio per tutti dunque dal momento che l’iniziativa racconta, attraverso oggetti, documenti e fotografie, un patrimonio che è di tutti e che potrà arricchirsi ulteriormente. Un patrimonio che, molto probabilmente, potrebbe già essere più consistente se molti oggetti usati per la lavorazione del latte, molti documenti della Latteria e molte foto storiche non fossero finite in svariate collezioni private.
Ma queste cose, il sindaco, le scrive da solo o si fa aiutare da qualcuno?