riforma della PA: verso una democrazia dei clan
Bisognerà aspettare che la “epocale riforma della PA italiana” sia chiarita nei dettagli per poter esprimere giudizi più precisi, ma dalle prime indicazioni v’è ragione di ritenere che il bimbominkia voglia portarci verso una democrazia territorale dei clan (vedere nel dettaglio l’articolo di Seminerio) ben inquadrata da un citato commento di Luigi Olivieri (si veda qui l’intero articolo):
«Tradotta, la disposizione significa che i sindaci potranno nominare nel proprio staff esattamente chi vogliono ed attribuirgli l’inquadramento professionale che vogliono; in ipotesi, potrebbero anche assegnare la qualifica di funzionario o – perché no? – di dirigente anche a persone prive del requisito di accesso dall’esterno per concorso, cioè la laurea»
A me pare che la chiusa di Seminerio sia un capolavoro di sintesi della fenomenologia bimbominkiona che caratterizza il serpeggiante cammino dell’attuale premier:
[…] Che poi, questa pare sinora essere la vera cifra del riformismo renziano: assumere iniziative “anti-rendite” dall’elevato valore simbolico per conquistare il consenso di un’opinione pubblica che non ha tempo né spesso la capacità di grattare sotto la superficie dei provvedimenti, per scoprirne le spesso non lievi disfunzionalità. Noi per il momento su questa riforma sospendiamo il giudizio, come è intellettualmente onesto fare quando non si ha il quadro completo di un provvedimento. L’unica cosa che ci sentiremmo di affermare, a livello certamente epidermico, è che pensare di poter fare radicalmente a meno di una tecnostruttura professionale, sostituendola con soggetti dotati solo del titolo fiduciario del politico pro tempore in carica, si rivelerà una forma particolarmente virulenta di populismo, e come tale sarà punita duramente dalla realtà.