RICORDO DI UN PERSONAGGIO NOTEVOLE MA ASSAI CONTROVERSO
di Cagliostro
Apprendo ora la notizia della dipartita del vero divo Giulio (con questo nome, di ‘divo’, non ne conosco altri). Con lui scompare una figura determinante della storia patria, una figura vissuta sul proscenio nazionale per circa 70 anni in posizione di assoluto rilievo. La mia non vuole essere una commemorazione, un necrologio, bensì un modesto tentativo di rievocare episodi di vita della recente storia italica segnalando le luci ma, soprattutto, le ombre di una parabola politica che è, comunque, sempre stata di prima fila nelle nostre Istituzioni e nel dipanarsi di una sequela politico-partitica che ha contraddistinto l’azione di questo politico di razza, dai comportamenti giudicati, dalla pubblica opinione, non sempre cristallini. Anch’io, lui in vita, ho dato della sua opera un giudizio, alle volte, severo. Voglio pertanto che, in occasione della morte, il giudizio sia coerente e sincero, scevro da ogni encomio servile e/o ipocrita.
Nella patria del diritto quale è da molti considerata la terra latina, Andreotti fu certamente un emulo del Macchiavelli, fu cioè soggetto poco legato a visioni strettamente ideologiche ma avvezzo ad un pragmatismo indiscusso e di livello elevato. Tanto che lo ritroviamo a presiedere governi dei più disparati colori: da quelli di centro, a quelli prettamente conservatori, fino a compagini dell’epoca del Compromesso Storico. Oggi, parafrasando il Manzoni a proposito di Napoleone e della sua caratura storica, possiamo ben dire: “EI FU !!” (siamo ad un solo giorno oltre la ricorrenza dell’imperial dipartita dell’isola di Sant’Elena). Andreotti, sette volte Presidente del Consiglio, giovane costituente, collaboratore di De Gasperi, fu “padre della Patria”? Giudicheranno gli storici!
Guardando alla sua lunga carriera ed ai molteplici episodi ed eventi che l’hanno caratterizzata, io nutro non pochi dubbi e perplessità. In gioventù, ad onor del vero, fui perfino un fervido estimatore dell’uomo e del politico. Poi l’entusiasmo mio andò scemando, mentre cresceva l’ammirazione per il suo ‘vero e reale’ antagonista, il politico raffinato ed il giurista insigne Aldo Moro. E le caratteristiche dei due uomini ed i loro destini non avrebbero potuto essere più divaricanti di così! Ciò anche a dispetto delle comuni cariche ricoperte, a cominciare dalla Presidenza della FUCI (Moro sponsorizzato da mons. Montini; Andreotti, successore, sembra voluto direttamente da Papa Pio XII°).
Settanta anni di vita politica sono una vera e propria enormità! Ed il divo Giulio passò attraverso tutte le temperie della prima e della seconda repubblica, spesso oggetto di valutazioni contrastanti in riferimento a presunti suoi coinvolgimenti in disegni e trame di potere poco chiare, spesso toccato da dubbi di contiguità con fatti e misfatti inquietanti degli anno ’70 e ’80. Per non parlare delle voci malevoli all’epoca delle stragi terroristiche e di mafia, dei poteri paralleli con i vari tentativi di colpi di stato, di gladio, dei protocolli segreti con gli USA e con la NATO.
Quando scompare un personaggio politico di caratura elevata, spesso si è portati ad un uso farisaico ed adulatorio della figura del de-cujus. Onestà e schiettezza richiedono invece di usare un atteggiamento di verità mettendo in luce gli indubbi meriti del defunto ma non sottacendo le ombre che eventualmente avessero caratterizzato l’azione politica di chi si vuole rievocare.
Andreotti, da gran pragmatico quale era, fu filo arabo quando si trattò di acquisire contratti ENI e svolgere una azione penetrativa nei paesi del Golfo, non disdegnando comunque di rivolgere un occhio di riguardo verso Israele (la politica dei due forni in salsa diplomatica). Egli fu poi filo russo quando si trattò di accaparrarsi i contratti di fornitura del gas siberiano; ma, nel contempo, seppe non venir mai meno alla fedeltà atlantica e filo USA (anche se non contrastò Craxi all’epoca di Sigonella).
Famoso restò e resta il suo detto: “Il potere logora chi non ce l’ha”, vero emblema del modus operandi dell’uomo! Scalfari ebbe a definirlo: “Belzebù”. Statista e presunto mafioso, uomo di fede e presunto mandante di omicidi (leggi processo Pecorelli, cui seguì l’assoluzione). Anche a Palermo fu formalmente assolto dalla infamante accusa di contiguità e complicità mafiosa ma la sentenza, a sentire il giudice Caselli, non fu di vera assoluzione giacché, per i fatti ante 1980-82, da certi reati il politico non ottenne il proscioglimento bensì il riconoscimento della intervenuta prescrizione…
A suo merito, va comunque sottolineato che egli ha sempre saputo difendersi NEL processo (non dal processo) a cui puntualmente presenziò con la massima diligenza, diversamente da quanto fece, e sta facendo tuttora, quella pavida anguilla di Berluscane.
Andreotti, uomo insomma molto discusso, con molte ombre sul suo percorso, uomo, tra l’altro, fautore della teoria del lasciar maturare tematiche e problemi senza mai prendere di petto le situazioni, anche le più incresciose; ma pur sempre uomo dalla mente lucida, propria di un vero statista di livello, che intuiva ed aveva una visione geo-politica e sapeva delineare disegni di medio/lungo periodo intravvedendo percorsi e progettualità di ampio respiro (anche se non fu mai, in concreto, un grande realizzatore, lasciando tale incombenza ai suoi sodali).
Qualche suo estimatore giunse al punto di dire, invero in modo assai poco in linea con una visione cristiana dell’esistenza: “Per avere il bene devi vincere e praticare il male. Il bene non fabbrica il bene”. Io, a questo proprio non ci credo!! Il bene produce sempre il bene, magari con tempi e modalità non in linea con la nostra visione umana delle cose; ma l’azione divina della Grazia opera costantemente e secondo logiche Sue proprie (e non sempre congeniali con la nostra tempistica ed i nostri desiderata).
Nessuno può negare che l’uomo Andreotti avesse messo in luce pregi e meriti. Ora che è passato a miglior vita, non possiamo però sottacere come egli lasci dietro di sé anche una scia di dubbi, perplessità e, perfino, giudizi non proprio benevoli, il tutto riferito a certe sue prese di posizione e ad atti amministrativi e di governo da lui messi in campo in epoche diverse. Mi riferisco, in particolare, al deleterio periodo che va sotto il nome di governo del CAF, periodo dal quale sono derivati molti dei mali che oggi affliggono la nostra società (il debito pubblico ha registrato, proprio in quel periodo, una eclatante espansione; la corruzione, in quegli anni, è enormemente lievitata segnando nel vivo il destino delle future generazioni).
Per concludere, auspico che l’uomo, giunto nel luogo della Verità, possa avere pace e ritrovare, nella luce divina, la stretta di mano, ad esempio, con l’on. Aldo Moro e la di lui consorte, dimenticando così rancori e dissapori avuti su questa terra e praticando il cristiano perdono.