di Giuseppe Zanella
Nelle more delle supreme decisioni quirinalizie – attese a giorni se non a ore – in merito alla soluzione da dare alla problematica formazione di una difficilissima maggioranza parlamentare, compito assegnato all’inquilino del Colle quale sua insindacabile prerogativa fissata da un preciso iter codificato nella Carta dai nostri Padri Costituenti, desidero esprimere un personale commento a quanto i telespettatori hanno potuto assistere, da parte dell’Innominato brianzolo, all’uscita dal colloquio con il Capo dello Stato, in occasione del secondo round delle consultazioni.
Il gran pregiudicato, padrone del partito definito F.I., era ricevuto insieme ai suoi sodali del così detto Centro Destra, e questo per ribadire la compattezza della compagine-coalizione… In tale occasione, il soggetto di cui trattasi si è però prodotto in una indecente sceneggiata, indegna della solennità del momento e della sede della estemporanea ‘performance’. L’uomo, con il suo conclamato narcisismo-protagonismo e la sua inveterata abitudine a svolgere il ruolo di prima donna, era in chiara sofferenza e mal sopportava di essere soltanto un comprimario, aveva perfino una postura insolita che rasentava il ridicolo: si è prodotto in una “presentazione” del leader (Salvini) a cui poi, bontà sua, ha ceduto la parola per dare lettura di una comunicazione, evidentemente concordata se non imposta…
E le sottolineature con la manuale indicazione dei punti programmatici irrinunciabili per il Centro-destra già la diceva lunga sulla fittizia leadership salviniana. Compattezza dunque del “trio lescano” davanti alla selva di microfoni e giornalisti alla ‘Vetrata’. Se nonché, finita la breve comunicazione, ecco la inaudita uscita del nostro redivivo “Statista/Pregiudicato”: sospinti i due partner verso l’uscita, con un guizzo si è impadronito del microfono per un breve ‘codicillo’ atto a sabotare ogni possibile accordo tra l’accozzaglia centro-destrista ed il M5S, fino a quel momento auspicato dal candidato premier e leader Salvini.
Ecco il tenore usato dall’Innominato rivolgendosi al folto uditorio di operatori dell’informazione: “Fate i bravi e tenete presente la distinzione fra chi è democratico e chi non conosce nemmeno l’ABC della democrazia…”. Chiara la allusione verso il M5S, il tutto con intendimento vendicativo verso chi (Di Maio) rifiuta di riconoscere come interlocutore un soggetto come il gran pregiudicato. Il chiaro sottinteso è che l’esternatore è (sarebbe) maestro di democrazia, mentre chi non lo vuole nel governo prossimo venturo non è (non sarebbe) ‘democratico’.
Ora, al di là di ogni altra possibile valutazione, autodefinirsi democratico da parte di un tale soggetto è, a mio avviso, cosa riprovevole proprio perché uscita da una tale bocca: l’uomo lo abbiamo visto all’opera per oltre un ventennio e bisogna essere proprio degli spudorati e sottovalutare la intelligenza dei cittadini per avere un tale coraggio di definirsi ‘democratico’. Mi permetto di porre alcune domande. E’ forse democratico:
- chi ha a libro paga delle prostitute (anche minorenni)?
- chi compra i testimoni ed induce alla falsa testimonianza nei processi?
- chi si auto confeziona le leggi pro-domo-sua?
- chi froda il fisco?
- chi corrompe e compra parlamentari per far cadere governi legittimi?
- chi compra i giudici per farsi confezionare sentenze che lo riguardano?
- chi acquista dimore patrizie da minori, con la connivenza di amici-tutori, a prezzi sviliti e, per di più, impiegando “moneta falsa”?
- chi paga i mafiosi e ne tiene uno in casa propria?
- chi manda messaggi “trasversali” agli ‘alleati’?
E l’elenco potrebbe continuare con un ancor lungo dettaglio (vedi processi tuttora in corso con imputazioni non certo di poco conto).