di Giuseppe Zanella
Viviamo in un’epoca di forte arretramento sociale, civile, culturale e, soprattutto, politico; un’epoca cruciale, di passaggio ed in un tale contesto una domanda sorge spontanea: al termine di questo oscuro e lungo intermezzo storico che cosa ci attenderà? Molti fra gli ottimisti sostengono ed auspicano l’avvento di un nuovo Rinascimento che ci faccia uscire dalle secche di un lugubre periodo, con una risalita dal fondo dell’enorme baratro in cui siamo caduti. Altri, i più pessimisti, ritengono che il volo nel baratro non ci abbia ancora fatto toccare il fondo e che, anzi, il pozzo abbia profondità insondabili ed infinite. A tutti i livelli, la società universale (globale) come quella a noi più vicina (locale, provinciale, regionale, statale) evidenziano istituzioni e classi dirigenti sempre più raccogliticce, impresentabili, degradate, formate per lo più da soggetti aggrappati a concezioni personalistiche, privi di elevate visioni circa la missione di servizio che dovrebbe sempre presiedere alla gestione del Bene Comune ed alla conduzione della Cosa Pubblica.
Individualismo, egoismo, grettezza , impreparazione, pressappochismo, se non proprio corruzione e concussione, sono ormai sotto gli occhi di tutti e creano insicurezza, disincanto, sfiducia nell’operato dei reggitori delle Istituzioni a qualsiasi grado e ‘latitudine’. Fatte queste ovvie e scontate premesse, non certo abbisognevoli di alcuna verifica data la constatazione che ciascuno di noi, dotato di un minimo di perspicacia e spirito di osservazione, può fare, passerei ad analizzare due situazioni paradigmatiche che, pur su scale e dimensioni diverse, dimostrano quanto fin qui premesso e sostenuto: parlo dello stato dell’arte della ‘politica’ nazionale e di quella locale del nostro piccolo borgo.
In entrambi i casi, le analogie comportamentali, pur con le dovute differenziazioni, presentano caratteristiche comuni proprio sul piano del degrado e del venir meno del senso delle Istituzioni e della scadente qualità di chi è preposto (o si propone) ad essere (o divenire) “Classe dirigente”. Mi permetto quindi di svolgere alcune considerazioni a partire dalla situazione politica “romana” di questi giorni ed alle invereconde passerelle mediatiche ed alle risibili argomentazioni che i nostri politici di tutte le estrazioni hanno saputo (purtroppo) mettere in campo. Per ragioni di spazio, mi limiterò in questa sede a parlare del contesto nazionale, facendo riserva di intrattenere i lettori sul contesto locale in altra, prossima occasione.
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Il governo dei 14 mesi, al di là della inconcludenza, verbosità e continua litigiosità da parte dei due ‘dioscuri’, ragazzini capricciosi ‘gonfiati’ oltre misura da una sfrenata ambizione atta ad obnubilare la crassa ignoranza, impreparazione, mancanza di equilibrio, moderazione e senso dello Stato, alla fine ha dimostrato la sua inadeguatezza e la salviniana cupidigia di potere ha portato alla crisi conclamata.
Ritenendosi ormai quasi un dio (onnisciente ed onnipotente), il ‘bauscia’ milanese, ottenebrato da un calcolo machiavellico, spinto dai favorevoli sondaggi e convinto dalla ineluttabilità che i nodi politici stavano giungendo al pettine (finanziaria lacrime e sangue, con corollario di dilatazione del debito, atta a scongiurare in primis l’aumento dell’Iva), il nostro ha deciso di rovesciare il tavolo contando su elezioni anticipate a distanza ravvicinata. Calcolo forse precipitoso (anche se non ancora del tutto esorcizzato) stante il tentativo ora in corso di dar vita ad una nuova, difficile maggioranza. Alla fine, se il tentativo di dar corso ad un nuovo governo espressione di una diversa maggioranza avrà successo, il suddetto “bauscia” potrà verificare la validità del vecchio assunto “chi troppo vuole nulla stringe”.
Ma veniamo ora a parlare della totale mancanza di coerenza, in ambito politico, messa in luce in questi giorni un po’ da tutte le forze politiche. E’ noto che la Politica è sempre stata considerata l’arte del possibile e come essa molto si basi sulla capacità di adottare i dovuti compromessi, soprattutto in occasione del varo di maggioranze composite, magari basate su intese fra forze disomogenee e, storicamente, in lotta fra loro. Ma compromesso non significa spingersi fino alla snaturamento delle proprie basi culturali ed al venir meno dei propri valori.
Il ragazzino di Pomigliano d’Arco, dopo aver dimostrato di essersi seduto su varie poltrone e di voler rimanervi attaccato con il vinavil, dopo aver ampiamente dato prova di essere stato succube del ‘bauscia’ fino a far cambiare pelle al suo Movimento del quale si dice “capo”, ora vuole intestarsi una politica di radicale cambio di registro pur non sconfessando il discutibile, recente passato, e comunque mantenendo i suoi molteplici incarichi nell’esecutivo, e ciò in barba alla ‘discontinuità’ più volte invocata dal buon Zingaretti. Incoerenza, arroganza, mancanza di realismo e visione politica vanno di pari passo nella testa del giovane napoletano. Vedremo come andrà a finire.
E veniamo ora al Prof. Conte. Personalmente condivido l’opinione del prof. Monti sull’uomo politico venuto dal Gargano: esistono ben tre governi Conte. Il Conte 1 della acquiescenza, durato 14 mesi con la copertura sollecita di ogni esecrabile provvedimento (vedi autodenuncia sui casi delle navi delle ONG); è esistito poi il Conte 2, quello che è durato soltanto un giorno e che ha visto il duro discorso contro Salvini. Discorso apprezzabile finché si vuole ma alquanto tardivo nel tentativo di ricrearsi una verginità politica con una immagine decisionista che però appare fuori tempo massimo. Ed ora esiste il possibile Conte 3, sponsorizzato dalle cancellerie occidentali, dalla UE e perfino dal presidente USA. Conte 3 che, anche nell’ipotesi di fallimento dell’accordo M5S-PD, gestirà, come governo minoritario, il prevedibile passaggio elettorale. Per me, si tratta di una figura incolore, spinta da soverchie ambizioni da ‘statista’, tutte comunque ancora da dimostrare.
E veniamo ora al PD. Il buon ‘Zinga’ si è trovato e si trova in una scomoda posizione: detiene la maggioranza nel Partito ma non nei gruppi parlamentari (in mano al redivivo bullo di Rignano). Zinga era partito con l’invocare le elezioni. Poi è stato bruciato sul tempo dall’ex rottamatore (poi rottamato). Infine ha invocato “discontinuità” per poi dover adattarsi ad accettare il Conte 3. Ora invoca l’esclusione dalla vice-presidenza per l’imberbe Di Maio… Come andrà a finire? Cederà ancora, memore anche del fatto che la presidenza della repubblica, nel 2022, potrebbe finire nelle mani di una destra che più destra non si può?
Il PD, formalmente, appare unanime in superficie, ma chi può fidarsi del Rignanese e dei suoi astrusi disegni e cambi subitanei di linea politica in funzione dei propri personali interessi? Siamo ad un bivio molto importante e l’auspicio è che, oltre alle incoerenze ed i giochi personali di certi politici di dubbia levatura, il Presidente Mattarella, con la sua saggezza e la sua preparazione giuridico-istituzionale, sappia esercitare il suo ruolo consueto di moderatore e di sommo regolatore, capace di scelte atte a preservare l’Italia da rischi e conseguenze nefaste sotto i più disparati profili: civili, sociali, politici ed economici. E che il buon Dio ce la mandi buona.