Aldo Corte Metto aveva lasciato un commento di spessore all’articolo Alta Badia: ‘per gli utenti di bergfex.com siamo i numeri uno’ nel quale facevo notare, da semplice osservatore, la sostanziale assenza dalla classifica di Bergfex (per quanto “di parte tedesca”) di Auronzo-Misurina. Dico “di spessore” perché in poche righe ha efficacemente messo a fuoco “il problema”, ossia le ragioni (non tutte ma alcune fra le più significative) dell’isolamento di Auronzo-Misurina dal resto del circo bianco dolomitico.
Bene fai Danilo a sottolineare l’assenza di Auronzo Misurina (in compagnia di San Vito) dalla classifica. Negli anni si è purtroppo stratificata un’immagine di Auronzo che la vuole adatta quasi esclusivamente alle vacanze estive. Un’immagine che si riflette nelle presenze: circa il 75% dei turisti ci fa visita in estate e la percentuale ad occhio sta crescendo. Penso che i motivi profondi di questo squilibrio siano molteplici, tralasciando quelli a tutti evidenti come la mancanza di collegamenti che impediscono i “caroselli” tanto di moda e la quota relativamente bassa che impone un periodo d’apertura di soli 80/90 giorni:
- ripercorrendo la storia, veniamo da anni di strutturazione perlomeno poco logica dell’impiantistica: un campo scuola (il Paradiso in centro paese) distante 2 km dall’area sci per dirne una; oppure lo skilift più lungo, ghiacciato e scomodo del mondo (qualcuno si ricorda lo skilift di Fedo?);
- la crisi che ha colpito i nostri clienti abituali (quasi totalmente italiani) proprio quando il comprensorio si dava una strutturazione moderna e razionale: la seggiovia quadriposto ad ammorsamento automatico è stata inaugurata nel dicembre 2007 e il trend dei primi anni faceva presagire una buona possibilità di sviluppo;
- i trasporti, tema di cui si parla davvero troppo poco e vero e proprio cavallo di battaglia dei nostri vicini: al momento il servizio è disastroso;
- il fatto che d’estate si sta davvero troppo bene: capisco che chi torna in inverno può rimanere spiazzato ricordando l’immagine che aveva lasciato nella bella stagione;
- la cultura locale, basti pensare come in un paese tradizionalmente votato agli sport invernali lo sport più praticato e popolare sia diventato il calcio: e l’immagine che si offre all’esterno (all’ospite) altro non è che il risultato di come si vive e lavora all’interno.
Trovare la soluzione è difficile, data la difficoltà a internazionalizzare il turismo senza azioni d’insieme (l’unico sistema turistico autonomo in prov di BL, se per sistema intendiamo il territorio che esprime almeno 1 milione di presenza, è Cortina) e le caratteristiche geomorfologiche del territorio. Ci sono delle idee riguardanti i trasporti interni, che consentirebbero di includere sempre più nell’offerta Misurina, si stanno ampliando le prospettive, per quanto consentono le risorse, su alcuni mercati interessanti come la Slovenia. Certo è che se non interverranno fattori di crescita a livello nazionale tutti gli sforzi saranno solo azioni tampone e non porteranno ad alcun progresso.
Nel frattempo, ben venga l’accordo con la Comunità Montana che ci permette di ribassare di circa il 30% il prezzo del biglietto giornaliero per i residenti in Centro Cadore (18€ contro i 26 da listino), ben venga uno sci club con circa 80 ragazzi, ben vengano le competizioni di free ride e sci alpinismo e le giornate dedicate ai più piccoli come lo Skid Alp Tour, che ci fanno di nuovo respirare aria d’inverno.
Recentemente sul Corriere delle Alpi è apparsa un’intervista nella quale lo stesso Aldo Corte Metto butta sul tavolo una proposta per provare a rompere il perfido incantesimo che tarpa le ali al dispiegarsi dello sviluppo invernale del turismo auronzano, collegare cioè Auronzo con il Comelico attraverso il passo S. Antonio per innestarsi a Padola nel Giro delle Cime:
Ma torniamo all’ipotesi di collegamento con il Comelico: bisognerà vincere l’ostilità degli ambientalisti, che di impianti non ne vogliono più sentir parlare…
«Per carità», dice Aldo Corte Metto, «sono posizioni anche comprensibili, ma non ci possono portare a ridurre la montagna ad un museo. Io ho scelto di tornare a vivere qui, dopo aver fatto esperienze lavorative altrove, ma quanti sono i giovani che oggi possono fare altrettanto? Se non si creano opportunità di lavoro collegate soprattutto al turismo, dopo la grande crisi dell’occhialeria, non mi pare vi siamo molte altre chance. Va bene il turismo sostenibile, vanno bene le ciaspe d’inverno e le mountain bike d’estate, va bene tutto: ma gli impianti di risalita sono ancora oggi un volano fondamentale; non a caso, chi ce li ha non solo se li tiene stretti, ma cerca anche di renderli più efficienti anno dopo anno e di collegarci un’offerta turistica appetibile. E non ci vogliono delle “aquile” del marketing per capire che è così che si deve fare se si vuole stare nel mervato. Credo che anche Auronzo, insieme a tutto il Centro Cadore, oggi debba programmare un nuovo futuro e quindi metto sul tavolo questa proposta, con la speranza che possa essere presa in seria considerazione dalla politica e dal tessuto economico locale».
Quello che avevo da dire riguardo alla variabile ambientalista l’ho detto in “NuovoCadore: sì a natura incontaminata, no a impianti troppo invasivi e potenzialmente inquinanti“.
Io ho poi un grande limite (che qualche volta diventa un pregio) ereditato dal mio passato che mi spinge, di un progetto, a voler conoscere con sufficiente grado di dettaglio il relativo piano economico. Per questo non so dire se la soluzione prospettata – sicuramente una fra diverse possibili e non necessariamente tale da escluderne altre, anche concomitanti – abbia un proprio “senso economico“, che non contempla il fatto che l’attività in sé debba per forza correre sulle proprie gambe, perché sappiamo benissimo che svariate attività “tradizionalmente in rosso” devono essere supportate anche dal territorio affinché il medesimo possa compiutamente realizzare “il proprio disegno di sviluppo generale”.
Tuttavia, dovendo valutare l’ipotesi del collegamento Auronzo-Comelico nella sua formulazione “onirica”, sono portato a credere, per quel che può contare, che l’idea proposta abbia più di qualche ragion d’essere (altrimenti tanto vale ricoverare Auronzo in un reparto di lungodegenti ed aspettare che si spenga con in mano le cartoline di “quando eravamo belli e bravi”).
Una cosa è invece certa: con le ciaspe (vedi il “Cadore regno delle graspe” qui e anche quo), in termini concreti, non si va da nessuna parte. Anche non considerando l’orrenda impostazione marketing che sta alla base dell’iniziativa (tornerò dettagliatamente su questo argomento), tutto l’ambaradan dovrebbe essere considerato come una più o meno doverosa integrazione al piatto forte che non può che essere l’offerta generale della pista da sci (fate conto che sia il grappino alla fine di un classico primo e/o secondo con contorno e caffè).
A parziale supporto a quanto affermato pubblicherò in un prossimo articolo qualche dato riguardante l’affluenza invernale ed estiva ad Auronzo e dintorni.
(fuori tema ma non tanto: sempre in vena “onirica” non disdegnerei, da lozzese, il presagire una bella fusione fra Lozzo e Auronzo che, con Danta ormai prossima alla resa, potrebbe stare in piedi da subito; volendo, la cosa potrebbe allargarsi tranquillamente anche all’Oltrepiave – come già ipotizzato in passato – dando vita ad un polo invernale di una certa importanza e varietà…)