lo strenzi all’attaggo (ne usciremo tutti sani e selfie)
Se Crozza diventa più credibile di strenzi, abbiamo un problema. Grosso e serio.
Se Crozza diventa più credibile di strenzi, abbiamo un problema. Grosso e serio.
Dicevamo, del sindaco di Lozzo nel corso di un video “dedicato” alle fusioni dei comuni, che il vostro, a un certo punto, “inizia a disegnare nuvolette nel cielo”. Testo e musica:
Possiamo immaginare qualcosa che vada a rafforzare le identità delle nostre comunità, mantenendo i municipi e creando un’istituzione amministrativa molto snella che segue alcune tematiche e lasciando agli attuali municipi e alle attuali comunità, visto che ci sono in molti comuni anche le Regole, la gestione dei patrimoni agrosilvopastorali e quindi di buona parte delle risorse
Intanto lui immagina, il che è già un buon principio. Che cosa immagina? Di rafforzare “le identità delle nostre comunità mantenendo i municipi“. Cerchiamo di capire: prima ci fondiamo assieme, il che significa che azzeriamo la storia di quello che i comuni, singolarmente, sono stati fino a quel momento. Ma dopo essere passati sopra alle identità di paese con lo schiacciasassi, come rafforziamo le identità che abbiamo appena schiacciato? Mantenendo i municipi!
Non è meraviglioso tutto ciò?
Nessuno, credo, ha mai pensato di radere al suolo i municipi a seguito della ipotetica fusione, ma un conto è una compiuta manifestazione di “municipalità”, un conto è il municipio quale erogatore di servizi. In altre parole, in senso “politico”, con la fusione la municipalità va a farsi fottere, ovviamente (bene o male che sia), mentre così non è per gli aspetti amministrativi, là dove il legislatore ha previsto per i comuni fondentisi l’istituto, giustappunto, del “Municipio” (art. 15 comma 2, Tuel):
“La legge regionale che istituisce nuovi Comuni, mediante fusione di due o più Comuni contigui, prevede che alle comunità di origine o ad alcune di esse siano assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi”. Questo rappresenta un obbligo per le Regioni, le quali devono contemplare forme di partecipazione e di decentramento dei servizi a favore delle comunità d’origine (o alcune di esse).
Per questo sindaco quindi, “rafforzare l’identità” ha il senso di “assicurare adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi” (perché, essenzialmente, questo è lo scopo affidato all’istituto dei “Municipi” apres fusion). Basta saperlo.
(credo, poi, che tutti si aspettino che in ogni paese fusionando venga mantenuto un “ufficio di collegamento” che faccia da ponte con la sede del nuovo comune, dove è immaginabile (per noi umani) che venga concentrata la maggior parte delle attività amministrative. Ma tutto è possibile, anche mantenere in toto, per ogni singolo “vecchio comune”, le attività amministrative attualmente erogate, mantenendole negli edifici attualmente deputati alla bisogna, ossia i municipi).
Volete avere un’idea della potenza identitaria del “Municipio”?
Inoltre [il municipio, ndBLOZ], è privo di personalità giuridica, non costituendo un nuovo ente locale ma un organo derivato ove strutture, mezzi, personale e finanziamenti sono a carico del Comune, che deve assicurarne un’adeguata dotazione.
Andiamo avanti, di corsa. Oltre a mantenere i municipi (qualsiasi cosa voglia dire), secondo il vostro l’identità andrebbe rafforzata creando “un’istituzione amministrativa molto snella che segue alcune tematiche“… Ehhhhhh!!
L’istituzione snella (e anche bella, alta e con gli occhi azzurri?) cui fa riferimento il vostro sarebbe nientepopodimeno che il “nuovo comune unico” che, badate, dovrebbe seguire “alcune tematiche“, lasciando ai “municipi e alle attuali comunità” (comunità de che?) la gestione dei patrimoni agrosilvopastorali.
Una fusione fredda, insomma.
Ce ne sbatte altamente il cazzo di chi possa essere il nuovo sindaco, la nuova giunta, il nuovo consiglio del “nuovo comune fuso”. Tanto, la gestione dei patrimoni (e dell’identità) la facciamo fare ai municipi! E visto che ci siamo, nello statuto ficchiamoci dentro anche che vogliamo essere denuclearizzati e deislamizzati; che non vogliamo più che le rotte degli aerei si incrocino sopra i cieli del Granducato del Cadore dell’Est (sapete, tutte quelle scie chimiche… tanto bene alla salute non fanno… e mi pare che si veda); che vogliamo una vita vegana con l’opzione di poter bruciare sul rogo per vie di fatto i carnivori compulsivi.
Caro “nuovo sindaco” del nuovo comune fuso, se passi di qua ti faccio l’elenco di “alcune tematiche” che, stante l’approvazione dei municipi, potrai affrontare nell’espletamento della tua nuova carica di Gran Ciambellano snello. E vissero tutti felici e contenti.
(Basta poco perché un “luogo” diventi un “non luogo”. E se pulizia e decoro ambientale sono funzionali a quel “luogo”, come tale può essere virtualmente ogni angolo del Parco della Memoria di Pian dei Buoi, tale pulizia e decoro si dovrebbe – se non garantire – almeno perseguire. Ci vuol tanto a capirlo?)
(portate pazienza, seguiranno altri esempi; sono le “solite storie”, ma mi servono come documentazione pubblica)
Gli altri esempi: uno – due – tre – quattro – cinque.
Come già abbiamo detto in più del geranio potrà Airbnb…, il fenomeno delle “abitazini condivise” sta dilagando dalle grandi città verso i borghi (anche quelli del cacchio). E se queste modalità stanno sui coglioni a Federalberghi, vuol dire che l’onda si sta ingigantendo (e loro hanno paura di esserne, almeno in parte, travolti).
L’evoluzione del fenomeno va a toccare anche lande di per sé già particolarmente vocate al turismo (e perché no?) come il Trentino. Anche il Cadore si adeguerà diffusamente; poi bisognerà vedere quale qualità avrà l’offerta media rispetto ai territori competitor…
In fondo si tratta di tornare a fare, con un pizzico di modernità, quello che facevano anni e anni fa i “nostri vecchi”. Mia madre, per dire, l’estate la passava a dormire nel fieno del tabià vicino alla casa, per lasciare le stanze libere per l’affitto le cui entrate “comodea, e come se le comodea“.
TRENTO. Siamo tutti albergatori, pronti a ospitare un turista in casa, nella stanza accanto, oppure al piano di sopra. Come Emanuele, che vive con la madre in una via del centro di Trento, nei pressi di via Giusti e – grazie anche alla parola “Muse”, che nelle ricerche su internet fa miracoli – è tra i più recensiti affittacamere presenti su Airbnb, il fenomeno in crescita della “casa condivisa”, ultima frontiera della sharing economy. Per dormire a casa di Emanuele bastano 30 euro a notte. Chi vuole spendere un po’ di più può andare da Gianni (in pieno centro storico, vi viene a prendere pure in stazione, i suoi ospiti lo adorano) o in collina da Elena, a Martignano, che sarà felice di affittarvi la mansarda della sua casa a schiera. Tante recensioni anche per i due nonni della valle di Rabbi che su Airbnb propongono il loro Bed&Breakfast. E c’è pure un ex dirigente provinciale – in pensione da pochi mesi – che si è lanciato nel settore dopo aver ristrutturato un maso di famiglia in valle dei Mocheni. […] (leggi tutto)
(Basta poco perché un “luogo” diventi un “non luogo”. E se pulizia e decoro ambientale sono funzionali a quel “luogo”, come tale può essere virtualmente ogni angolo del Parco della Memoria di Pian dei Buoi, tale pulizia e decoro si dovrebbe – se non garantire – almeno perseguire. Ci vuol tanto a capirlo?)
(portate pazienza, seguiranno altri esempi; sono le “solite storie”, ma mi servono come documentazione pubblica)
Gli altri esempi: uno – due – tre – quattro;
Della serie “approfondimento”. Ancora il vostro sindaco sulla Teledolomitica riguardo al comune unico:
Io ho sempre portato avanti l’idea del comune unico del Centro Cadore con tutti e nove i comuni che attualmente fanno parte dell’Unione Montana
Dice di aver sempre portato avanti l’idea del comune unico del Centro Cadore. Non è così. Basta rileggersi quanto da me scritto in
comune unico: il sindaco di Lozzo, uno smemorato unionista unico
Inoltre, sarà un lapsus effusionista del vostro, ma non ci sembra proprio che i comuni che “attualmente fanno parte dell’Unione montana” siano nove, almeno da quando c’è stata la secessione di Valle di Cadore che ha abbracciato la Val Boite. Ci sembrano otto, come del resto appare anche sul sito ufficiale (pur tenendo conto che gli aggiornamenti su questi siti sono generalmente fatti alla cazzo).
Va poi detto che verso la fine del discorso… davvero, il vostro inizia a disegnare nuvolette nel cielo: ma cosa avrà voluto dire con quel “mantenere i municipi… istituzione amministrativa snella… regole… agrosilvopastorale…??”
Mo’ me lo segno (ne riparliamo a breve).