LE ISTITUZIONI E GLI ORDINAMENTI ANTICHI E RECENTI
Con riferimenti e notazioni storiche su Lozzo e sul Cadore
di Giuseppe Zanella
Oggi giorno si fa un gran parlare della necessità di riforme in senso lato. Sono anni che si dibatte e ci si accalora attorno a proposte di revisione delle Istituzioni, di aggiornamenti e/o radicali mutamenti nella organizzazione statale, regionale, provinciale e locale, di una riforma della fiscalità generale, di sostanziali mutamenti nelle strutture essenziali deputate al servizio del cittadino (scuola, sanità, trasporti ecc.), di rivisitazione totale delle più disparate forme associative in cui risulta (male) articolata e strutturata la nostra società. Quali fin qui i risultati dopo anni di confronti e dibattiti nell’agone politico romano ed in quello più ‘decentrato’? Si è trattato, per lo più, di sterili contrapposizioni e demagogiche disquisizioni che hanno solo contribuito a gettare le basi di una profonda crisi politico-istituzionale nella quale da troppo tempo ci si dibatte e dalla quale è molto, molto difficile uscire.
Di quel po’ che sul tema è stato fatto (1a e 2a Repubblica) si salva soltanto (ed in modo parziale) la sola legge maggioritaria sulla elezione dei sindaci (con la distinzione, secondo la recente Lg. Delrio, in turno unico od in doppio turno, rispettivamente fra piccoli comuni fino a 15.000 abitanti e tutti gli altri, con diversificazione, nella composizione dei consigli comunali, secondo ben precise fasce di popolazione residente). Per il resto, soltanto un cumulo di papocchi, a cominciare dalla rivisitazione del titolo V° della Costituzione che ha innescato una perenne diatriba ed innumerevoli contenziosi in fatto di ruoli e competenze, non ben delineate e demarcate, fra Stato e Regioni. Per non parlare dell’esecrato Porcellum, nefanda legge elettorale confezionata da quell’improbabile politico che risponde al nome di Roberto Calderoli, medico con specializzazione maxillo-facciale (mai professione è stata così azzeccata…), legge promulgata non come ‘regola’ condivisa ma come obbrobrioso guazzabuglio atto a consolidare il potere dei partiti sulle scelte dei candidati (di fatto nominati, non eletti).
Citiamo infine la tanto strombazzata riforma federalista, poi miseramente annacquata dal solito Calderoli, questa volta nelle vesti di improbabile costituzionalista (sì, lo stesso del Porcellum!). Anni ed anni di dibattiti per la revisione costituzionale e per il Federalismo, il tutto sponsorizzato sempre dal noto esponente leghista bergamasco, unitamente a tre suoi eminenti colleghi (si fa per dire), riuniti in una baita di Lorenzago dove, tra uno stornello ed una libagione, si provvide ad un taglia-cuci della Carta, anfitrioni il duo Bossi-Tremonti!!! Calamandrei, Paratore, Mortati, Moro, La Pira si saranno rivoltati nella tomba di fronte ad emuli sì eminenti e qualificati… Sappiamo poi come gli italiani abbiano saputo riconoscere, con il Referendum, le sublimi doti e le capacità del quartetto…baitistico.
Oggi, in piena fase di transizione alla 3a Repubblica (?), siamo sempre alla stazione di partenzacon il baldo giovin Matteo Renzi che si accorda con il più noto brianzolo dai cristallini trascorsi per una nuova normativa elettorale, la trasformazione del Senato in qualche cosa di indefinito e per una ennesima rivisitazione del titolo V° della Costituzione. Sarà finalmente la volta buona? Personalmente, nutro seri dubbi sulla fattibilità di tale progetto e, se per caso le cose approdassero anche al loro vagheggiato epilogo, la qualità del prodotto non sarà certo eccellente (visti i protagonisti, la loro qualità e livello tecnico-politico).
Fatte queste considerazioni sul presente così poco lusinghiero, andando a ritroso nel tempo e tenuto pur conto delle ambientazioni storico-politiche di una Italia allora frastagliata in tante distinte realtà, come da definizione del principe di Metternich (“Italia solo espressione geografica”), vien dato di porsi alcune domande, giustappunto sul passato. Queste:
-come erano strutturati nell’antichità i meccanismi decisionali e democratici che presiedevano alla gestione della Cosa Pubblica? E di quest’ultima, a chi ed in che modo era demandata la diretta mansione di coordinamento e di comando?
-quale era l’efficacia dell’azione degli esecutivi locali antichi, quale il loro grado di eticità, allora invalso negli addetti alla Pubblica Amministrazione, rispetto alla realtà attuale?
Analizzando la Storia ed osservando la realtà attuale (evidentemente facendo le dovute proporzioni e distinzioni fra il contesto di allora e quello odierno), vien subito fatto di pensare che i nostri avi davano e danno dei punti non da poco agli amministratori di oggi sotto ogni possibile profilo: buon senso, preparazione, sagacia, spirito di servizio, risultati conseguiti sulla base di precise, ferree priorità di intervento, passione civile ecc. erano tutte caratteristiche di forte ancoraggio ed impatto e che oggi giorno, forse, non appaiono essere tenute in così grande rilievo. Ma facciamo parlare i fatti. L’amore per l’indipendenza, la democrazia ed una autonomia correttamente intesa risalgono ancora allo Statuto del Cadore ottenuto dai Da Camino nel lontanissimo 1235.
Dopo l’atto di dedicazione alla Repubblica Veneta (1420), che assicurava al Cadore pieno riconoscimento della Libertà, ogni Regola si dette un proprio codice di regolamentazione con una precisa individuazione del rapporto Diritti/Doveri di ogni singolo regoliere nei confronti della Comunità di appartenenza. Tali norme costituivano i così detti ‘Laudi’. Quello di Lozzo data al 1444 e restò in vita fino alla caduta di Venezia (1797). I principi fondamentali che ispiravano i Laudi erano, sono e rimangono un chiaro esempio di civiltà giuridica che sancì in modo indelebile le caratteristiche peculiari di un popolo: obbligo di elettorato attivo e passivo per i regolieri, divieti ed inibizioni tassative per la società dell’epoca, pene per i trasgressori delle norme codificate, struttura amministrativo-contabile stringente in capo alla regola.
Tutte le deliberazioni avvenivano nella Faula (assemblea popolare dei capi famiglia regolieri). I ‘visindieri’ erano gli incaricati della Pubblica amministrazione. Il Marigo aveva, grosso modo, i compiti dell’attuale sindaco, mentre i Laudadori erano gli assistenti e controllori dell’operato del marigo (una specie di assessori attuali, con in più compiti ‘ispettivi e di controllo’). Marigo e Laudadori costituivano la ‘Magnifica Banca’, una specie di Giunta attuale. Altre figure erano: il Saltaro, il Giurato dei Pegni e quello del Lume, i Terminadori, il Sindico della Chiesa di S. Lorenzo, i Quettri delle malghe, i Bolchi o capi-gregge. Ogni visindiero aveva compiti ben precisi e retribuzioni ‘codificate’. Il Marigo era il primo responsabile del buon andamento della conduzione della Regola. Le cronache segnalano che mai si dovette registrare la presenza di scandali, malversazioni o quant’altro di men che commendevole. E’ documentato che i conti erano tenuti con la massima oculatezza e precisione; era poi assicurato un occhio di riguardo al sociale, con provvidenze per i più bisognosi attraverso l’azione della Confraternita dei Battuti.
Le centurie o centenari funzionavano a dovere e Lozzo, sotto l’aspetto dell’ordine pubblico e della sicurezza, dipendeva dalla centuria di Domegge, unitamente a Grea e Vallesella. Il Fontego era la riserva comunitaria di derrate essenziali per fronteggiare i periodi di magra o di carestia in quanto “non si doveva serrar le viscere del cuore del prossimo vedendolo in necessitade, ma sovvenirlo”. Insomma, pur non navigando nell’oro, la gestione della Cosa Pubblica era impostata a criteri di buona amministrazione, previdenza ed oculatezza. Nel 1806 il Veneto fu unito al Regno Italico e così scomparvero sia lo Statuto del Cadore del 1420 che i Laudi e comparve il codice Napoleonico. Alterne le vicende storiche di quel burrascoso periodo e le vicissitudini vissute dal popolo cadorino fino alle guerre di indipendenza ed alla prima guerra mondiale. I sindaci venivano eletti attraverso elezioni cui partecipava un corpo elettorale parziale e solo maschile, finché all’inizio del 20° secolo si pervenne al suffragio universale maschile.
Nel 1924 il Fascismo teorizzò la figura del Podestà (retaggio storico medioevale e dell’epoca dei Comuni) di nomina politica e solo nel secondo dopoguerra si ebbe il ritorno alla figura del sindaco e del Consiglio Comunale, eletti a suffragio universale (maschile e femminile) con il sistema proporzionale. Da qualche legislatura, il sindaco ed il Consiglio vengono eletti con il sistema maggioritario ad un turno per i comuni sotto i 15.000 abitanti e con quello a doppio turno per i restanti Comuni. La riforma elettorale ha presentato e presenta luci ed ombre: da un lato essa assicura maggiore stabilità all’esecutivo con un sindaco appoggiato da una compagine omogenea. Dall’altro lato la Riforma Bassaniniana ha ridotto di molto i controlli ed i poteri della minoranza.
La eliminazione del CORECO, che aveva anche poteri di revoca delle deliberazioni di Giunta e di Consiglio, non consente più di sanzionare in modo incisivo e puntuale eventuali fatti illeciti od irregolarità di varia natura posti in essere dalla maggioranza e dal Sindaco. Alla minoranza resta soltanto il potere ‘ispettivo’ e di presentazione di interpellanze, interrogazioni, mozioni e poco altro, come la possibilità di segnalare inadempienze o irregolarità al Difensore Civico Regionale, alla Giustizia amministrativa (Corte dei Conti), al Prefetto e/o alla Giustizia Civile o Penale. In queste ultime ipotesi, spese, rischi e responsabilità sono tutte in capo alla medesima minoranza per l’opzionalità dei passi che sentirà il dovere di intraprendere…
In definitiva, ad un indubbio snellimento delle procedure ed alla certezza di una maggioranza, si contrappone una minore incidenza nell’azione effettiva di pungolo e controllo sull’operato dell’esecutivo da parte della Opposizione. Ed a mio parere, ciò costituisce un forte sbilanciamento a favore del Sindaco (ora paragonato ad un “amministratore delegato” del Comune) e della Maggioranza Consigliare, a scapito del sindacato di controllo che era, e dovrebbe restare, compito precipuo della minoranza consigliare.
In questo senso, gli Ordinamenti antichi erano basati su di un maggiore equilibrio dei poteri ed i Laudadori erano sì collaboratori del Marigo ma erano anche controllori accorti dell’operato di quest’ultimo. Bassanini doveva nascere soltanto parecchi secoli dopo…