i piccoli Comuni di Uncem contro le fusioni ‘forzate’ (dei dittatorelli del PD)
Fila e fondi: che mondo sarebbe senza questi dittatorelli del PD (nel ventennio ci fu chi propugnò alcune fusioni, ovviamente per il bene del popolo). Ah: Enrico Borghi (PD), presidente nazionale Uncem, dice che no, le fusioni sotto i 5000 non si faranno d’imperio. La proposta presentata da 20 di loro, del PD, “È un’iniziativa individuale e non rientra nel solco del processo di riforma avviato con la riforma Delrio e la riforma costituzionale…”); e allora date loro del bromuro (sono dei vostri, non dovrebbe essere difficile, eccheccazzo).
I piccoli Comuni montani di Uncem Toscana insorgono contro le fusioni “forzate” decise per legge: «Siamo pronti a mobilitarci per far capire a Regione, Parlamento e Governo l’assurdità di tali decisioni e l’incompatibilità con la politica territoriale che da sempre ha mirato alla tutela e salvaguardia dei territori minori», hanno lamentato in un incontro coordinato dal presidente Uncem Oreste Giurlani, il quale ha annunciato che nei prossimi giorni saranno decise le iniziative da intraprendere.
Al centro delle accuse dei piccoli Comuni, le scelte della Regione Toscana, che nei giorni scorsi ha approvato la fusione tra Abetone e Cutigliano sebbene i cittadini del primo comune si fossero pronunciati contro, in un referendum consultivo; e la proposta di legge presentata alla commissione affari istituzionali della Camera da 20 parlamentari del Pd (unico toscano, il pistoiese Edoardo Fanucci), che stabilisce in 5mila abitanti il limite minimo di abitanti di un Comune, e dispone la fusione obbligatoria in 24 mesi di tutti i Comuni la cui popolazione sia inferiore, e che non abbiano già avviato di propria iniziativa procedimenti di fusione.
«E’ inaccettabile che qualcuno imponga ai Comuni sotto i 5mila abitanti di fondersi, noi non ci stiamo e siamo pronti a mobilitarci questa volta in modo netto e chiaro», attaccano i piccoli Comuni, sottolineando che «non siamo contrari alle fusioni, ma non siamo d’accordo all’imposizione dall’alto; in un processo di riorganizzazione crediamo che sia essenziale sia la partecipazione dei cittadini sia la peculiarità dei singoli territori e da ciò non si può prescindere».