di Giuseppe Zanella
Adesso quindi si parla perfino di una ‘riforma’ strutturale sulle pensioni di reversibilità! Il ministro, comunque, rassicura: “Polemica infondata, non verranno toccati i trattamenti in essere” (sic!). A mio parere la toppa messa dall’improbabile ministro è peggiore del buco. Sì, perché costui o crede di rivolgersi ad un popolo di emeriti ‘tontoloni’ dalle capacità cognitive invero assai limitate, oppure sono le sue capacità di autocritica e di autoanalisi (nonché sensoriali, mnemoniche, psichiche e quanto altro) ad aver subito un, seppur momentaneo, ottundimento.
Secondo l’esimio ministro, le vedove attuali possono stare tranquille ma per quelle in divenire nulla viene detto e nulla si sa. Voci dal sen sfuggite parlano della intenzione di varare un progetto che preveda di legare all’ISEE (ossia la reddito globale famigliare post mortem del primo beneficiario dell’assegno INPS), e quindi non più ad una percentuale fissa come avviene ora, l’assegno di sopravvivenza per i superstiti (coniuge e figli minori o studenti universitari fino al 26° anno di età).
La cialtronesca ‘riforma’ si prefigge di reperire risorse atte a fronteggiare l’ampolloso ‘Piano Nazionale contro la Povertà’ e nel far ciò non si è trovato nulla di meglio che operare molto cinicamente (ma anche da autentici scriteriati) dando qualche cosa ai poveri togliendola a quelli che sono leggermente meno poveri quali vedove ed orfani senza altre guarentigie se non quelle basate sugli anni di lavoro del de-cujus capo famiglia. Il rubicondo, pacioso ministro, alle future vedove riserva lo stesso trattamento già riservato all’on. Enrico Letta dall’attuale demagogo di Palazzo Chigi, quello di “stare serene”, con tutto ciò che l’affermazione potrà sottendere in fatto di credibilità circa la parola data.
Care prossime Vedove, i vostri mariti erano andati in pensione con le certezze derivanti dal DIRITTO, con la consapevolezza che i contributi versati in decine di anni di onesto lavoro sarebbero serviti anche ad assicurare un minimo di vita dignitosa ai famigliari superstiti, una specie di polizza di assicurazione sulla vita…
Ora, se l’italiano ha un senso, quel “non saranno toccati i trattamenti in essere”, checché ne dica il bislacco disquisire del ministro (peraltro già incorso in imperdonabili gaffe su tematiche specifiche attinenti il proprio ministero) non lascia presagire proprio nulla di buono. Il sottinteso, nonostante le arzigogolature dell’emiliano verace, è evidente e lo dimostra anche la generale levata di scudi registrata in queste ore dalle organizzazioni sindacali, dalle Opposizioni e perfino all’interno del partito di maggioranza. Uno come l’ex ministro del lavoro Damiano ha manifestato chiaramente la sua contrarietà con parole di fuoco…
E meraviglia che un tale personaggio (non certo l’ultimo arrivato in materia di diritti previdenziali) resti ancora all’interno di un partito che ha cambiato ormai così radicalmente la sua natura. In cotanta schifezza, una cosa resta proprio impossibile da metabolizzare: incapaci di tagliare privilegi alle varie caste e camarille di potere, ci si acconcia a ‘riformare’ (si fa per dire!), in via strutturale, i sacrosanti diritti sugli assegni di reversibilità al fine di reperire le risorse atte a varare l’ampolloso progetto di lotta alla povertà (riforma però essenzialmente di natura congiunturale!!). Questi le studiano di notte come i ladri di Pisa ed il motto che va in voga è, lo ribadiamo: “diamo ai poveri togliendo a chi è un po’ meno povero”.
La cialtroneria sta tutta nella farisaica affermazione che non si possono tagliare oltre gli innumerevoli sprechi (l’elenco è inutile farlo, tanto risulta infinito) ed i privilegi concessi a fruitori di assegni INPS succulenti e molteplici, basati su contributi figurativi, letteralmente ‘rubati’ in forza di leggi lobbistiche approvate a spron battuto. Basti ricordare pensioni d’oro e vitalizi parlamentari. L’abuso e lo snaturamento del termine “riforma” è tale che ormai la sfacciata ripetizione di esso ha solo il potere di farci mestamente sorridere di compatimento verso una classe politica imbelle, incapace, priva di dignità e decoro.
Ministro Poletti! Ella, all’atto della nomina, vantò la sua origine contadina e gli umili lavori svolti nelle stalle e nelle fattorie della sua terra emiliano-romagnola. La cosa, mi creda, Le ha fatto e Le fa onore. Ogni lavoro ha in sé la sua carica di dignità. Con il senno del poi, però, mi vedo costretto a farLe una preghiera: torni alle sue occupazioni giovanili per il bene di tutti noi, soprattutto di quei pensionati di una certa età, magari già con non poche odierne difficoltà nello sbarcare il lunario, che non vorrebbero vedere pregiudicato il domani dei propri superstiti (moglie e figli). Torni alla sua passione ed ai lavori del buon contadino ed eviti a noi il trauma di vedere – dall’Al di Là- eluse le aspettative, a beneficio dei propri cari, aspettative fin qui oggetto di certezze granitiche, messe ora in non cale dalle sue improvvide dichiarazioni.