di Giuseppe Zanella
Fin qui il ragazzo che siede a Palazzo Chigi per dabbenaggine altrui, in tema di referendum sulla ‘deforma’ costituzionale, ha sempre sostanzialmente sostenuto: “Se il referendum non passa, mi ritiro dalla politica, me ne torno a casa”. L’omino ha cioè, fin qui, portato avanti l’idea che la personalizzazione del voto, così come già fatto in occasione delle trascorse elezioni europee, avrebbe segnato l’ennesimo successo plebiscitario impostato sulla sua persona, su questo ‘parvenu’, su questo anomalo democristiano che si crede l’epigono dell’aretino che di nome faceva Amintore mentre, nella realtà, risulta figlio putativo e degno erede dell’arcoriano che di nome faceva e fa Silvio, sì proprio Silvio ‘l’asfaltato’ (in senso letterale data la chioma posticcia ed in senso metaforico data la ingloriosa fine politica).
Ora però assistiamo alla ennesima giravolta, al rigirare la frittata da parte del giovin rignanese, il quale accusa i sostenitori del ‘no’ di essere loro a voler personalizzare il voto trasformandolo in quesito pro o contro la sua persona. Prima della giravolta, l’omino sosteneva all’incirca questo enunciato: “Chi vota sì ama l’Italia ed approva incondizionatamente il mio operato. Chi vota no vuole mantenere lo status-quo deleterio e tale voto è in odio alla mia persona, è una sconfessione di tutto quello che di positivo ho fatto fin qui. I 63 governi che mi hanno preceduto non sono riusciti a fare quello che ho fatto io in così poco tempo”. Quindi il dilemma, la singolar tenzone non è -e non sarà- sul merito, ossia sulla valutazione positiva o negativa delle mutazioni apportate alla Carta, ma è -e sarà- un aspro confronto tra chi sostiene e chi avversa l’attuale PdC e la sua politica.
Adesso, invece, niente più personalizzazione del voto pro o contro il rignanese, adesso si parte in quarta con il battage pubblicitario, con l’appello alla tregua, alla pacificazione interna al PD con la subdola offerta di un Congresso anticipato a Novembre, subito dopo il referendum e, soprattutto, con la asserzione che, se personalizzazione dello scontro c’è stata, la cosa è da addebitarsi ai fautori del no il cui intento è proprio quello di cogliere l’occasione per dare una spallata e disarcionare con la debacle elettorale l’emulo del Berlusca, l’epigono fanfaniano, il grande realizzatore, il grande riformatore.
Ed il cambio di passo ha come conseguenza proprio il futuro politico del nostro, il quale giustifica, grosso modo, così il suo cambio di strategia: “Se prima dicevo che sarei andato a casa nella ipotesi di una mia sconfessione dando così dimostrazione di una seria affermazione di assunzione di responsabilità, ora devo constatare che tale mio intendimento, al verificarsi dell’evento per me negativo, è stato fatto oggetto di volgare strumentalizzazione da parte dei miei avversari, tutti protesi a cogliere l’occasione propizia per una resa dei conti sulla mia persona. Signori miei, a questo punto, comunque vada, io resterò”.
Molti commentatori ritengono che un tale cambio strategico sia dovuto alla consapevolezza che le originarie affermazioni sulla natura personalistica del confronto (Renzi sì, Renzi no, a prescindere da ogni valutazione di merito) abbiano determinato gli incerti (infausti?) sondaggi di questi giorni. Forse però, più che a queste nere considerazioni, il cambio di passo è stato più prosaicamente dettato da un luciferino disegno: con la mossa della ‘personificazione’ dello scontro si è suscitata volutamente la levata di scudi di tutte le opposizioni (interne al Pd ed esterne), con la giravolta si tende machiavellicamente ad attribuire agli avversari i propri originari intendimenti ed a creare così scompiglio e sbilanciamento nelle variegate opposizioni, lasciandole con il cerino in mano e la prospettiva di pregiudicare l’esito della fin qui ventilata bocciatura della ‘Deforma’. Il cambio di rotta quindi, più che uno sbaglio di prospettiva abilmente corretto, probabilmente risponde ad un preciso calcolo tendente a mettere gli avversari in una posizione di non cale.
NB Nel merito poi, osservo che Renzi non fa certo rimpiangere Berlusconi, come Berlusconi non ha fatto rimpiangere il CAF. Si tratta, in tutti i casi, di “personaggi” che hanno dato (o stanno dando) squallide prove di sé e che hanno messo, o stanno mettendo, in ginocchio, con le loro incapacità ed insipienze (per non usare altri termini più ‘impegnativi’) il nostro povero, disgraziato paese. Per quanto concerne la ‘deforma’, la gran parte dei più noti costituzionalisti ed ex presidenti della Consulta ha stigmatizzato molti punti di quanto fin qui approvato e paventato. Per meglio sottolineare la dabbenaggine di questi soloni in do-minore del ‘giglio fiorentino’, sprovveduti operatori di un taglia-cuci indecoroso della nostra Carta, basti dire che un articolo della stessa Carta, da poche righe, è stato trasformato in centinaia di parole, un autentico guazzabuglio…