Vi ricordate i super-consiglieri dei comuni di Pieve, Calalzo e Perarolo (con la tutina da superman) che, noncuranti della neve-kryptonite caduta in quantità giamaicane (dai 3 ai 5 centimetri), superando inenarrabili peripezie, si riunirono in forma congiunta nello storico incontro nel quale posero il sigillo di una futura e prospera fusione dei rispettivi minicipi (mini sic!) ?
Si sono liquesi.
Forse, più propriamente, se stanno a nterrogà (tipo me fondo, nun me fondo, me fondo, nun me fondo…). Del resto Domegge – pardon, i domeggesi – s’erano messi di traverso (anche se, l’abbiamo detto, riguardo alla qualità dell’informazione è stato un referendum alla cazzo di cane) e questo è un dato di fatto che i borgoamastri di Calalzo e Perarolo si sono ritrovati tra i piedi.
Fatto si è che da quell’adunanza fusionoide sono già passati sette mesi senza che, al riguardo, nessun gallo si sia fatto sentire. Ci pensa ora la sindaca di Pieve, fusionista nunc et semper, che recalcitra, sostenendo che i suoi colleghi siano ancora favorevoli alla fusione ma, al contempo, stiano
facendo i conti con la resistenza delle rispettive cittadinanze, contrarie al Comune unico perché ritenuto economicamente vantaggioso solo per Pieve. Il che, naturalmente, non corrisponde assolutamente alla verità. […].
Non so se le resistenze delle cittadinanze di Calalzo e Perarolo siano veritiere, né, se lo fossero, se siano dovute al ritenere la fusione vantaggiosa solo per Pieve. Ma se così fosse, sono profondamente convinto che il perdurare nei calaltini e perarolesi di questa convinzione, ora che la sindaca ha chiarito che essa “non corrisponde assolutamente alla verità“, li configurerebbe come villici coglioni.
Credere obbedire fondere.