MW sul marchio ‘Dolomiti Unesco’: Bene il turismo, male l’ambiente (ma dov’è tutto sto bene?)
Secondo quanto espresso dal quotidiano Alto Adige, interpretando un’analisi-“pistolotto” di Mountain Wilderness, il marchio “Dolomiti Unesco” funzionerebbe bene come veicolo di marketing territoriale, concetto condensato nel titolo “Bene il turismo“:
I 5 anni delle «Dolomiti Unesco» Bene il turismo, male l’ambiente
Analisi impietosa di Mountain Wilderness. «Un “brand” che funziona come marketing territoriale ma che non riesce a fermare le devastazioni e l’assedio del traffico, specialmente in Alto Adige»
[…] Insomma le Dolomiti, continuano a godere del marchio che l’Unesco ha conferito il 26 giugno di cinque anni fa. Ma i benefici – allo stato attuale – sembrano soltanto per il settore turistico. Il “marchio” paga, e bene. Ma restano tutti i problemi, e molti sono rilevanti, rimarcati da Mountain Wilderness. Non c’è soltanto il traffico a condizionare il futuro dei Monti Pallidi. Ci sono anche gli attacchi – spesso sconsiderati – al territorio. E c’è, soprattutto, chi vive nel cuore delle Dolomiti e che, in questi cinque anni, di giovamenti non ha avuto neppure il sentore.
Resta un fitto mistero la modalità con la quale il marchio “Dolomiti Unesco” funzionerebbe come marketing territoriale. E considerando che, a quanto pare, funzionerebbe bene, visto che “il marchio paga, e bene“, il mistero diventa ancor più fitto.
Perché non v’è ragione di credere che il marchio “Dolomiti Unesco”, anche nel paradiso altoatesino, sia portatore – per ora – di grandi soddisfazioni. Se poi apriamo le porte dell’inferno bellunese (non esiste un purgatorio, fatevene una ragione), le supposte ragioni si dissolvono … divorate dalle fiamme. Quello che segue è il grafico dell’andamento delle differenze percentuali nelle presenze turistiche totali di ogni singolo anno rispetto al 2000 preso come anno base nei vari comprensori turistici dell’Alto Adige, nel STL Dolomiti e altre ripartizioni relative al Cadore (CC+CO+VB= Centro Cadore, Comelico-Sappada, Val Boite).
Ho evidenziato con una campitura rosa gli anni dall’attribuzione del riconoscimento Unesco (giugno 2009), con una campitura verde un pari numero di anni precedenti quell’evento. Nel paradiso – Alto Adige – la crescita c’era anche prima (semmai più accentuata); nell’inferno – provincia di Belluno – il declino c’era anche prima e perdura, ostinatamente perdura, anche con l’arrivo della patacca dell’Unesco; non v’è alcun segno di un’inversione di tendenza. Sappiamo che la crisi pesa soprattutto sugli italiani, sappiamo che “guai non ci fossero gli stranieri”, ma dire che il marchio “Dolomiti Unesco” funziona come marketing territoriale è una coglionata, tanto in paradiso quanto all’inferno.
Se si va a prendere il dettaglio”più dolomitico” anche per il paradiso altoatesino, considerando le presenze in Alta Pusteria, la situazione non cambia. Se poi si va a vedere analiticamente la cosa, si scopre che negli ultimi 4 anni – quelli del marchio “Dolomiti Unesco” – l’incremento delle presenze in Alta Pusteria è stato pari a 43.710, mentre nei 4 anni precedenti (dal 2005) l’incremento è stato di 108.177 presenze. Punto. Tutto il resto è narrativa.